I gesuiti in via del Campo


Dopo tre anni di assenza dal concorso del Torino Film Festival, il cinema italiano vi ritorna con due titoli, tra cui La bocca del lupo, raffinata e poetica opera a metà tra documentario e film di finzione di Pietro Marcello, che a Venezia 64 si era aggiudicato il Premio Pasinetti Doc con Il passaggio della linea, girato interamente sui treni espressi che attraversano l’Italia.
Protagonisti de La bocca del lupo due volti di una Genova ormai in via d’estinzione: il transessuale Mary e l’ex detenuto Enzo che si sono conosciuti e amati in carcere, e ora si ritrovano superstiti in quella parte di città vecchia che ancora sopravvive. Quei vinti e reietti dei caruggi dell’omonimo romanzo verista di fine ‘800, cui si richiama il titolo del film, scritto dal genovese Remigio Zena, pseudonimo di Gaspare Invrea.

La pellicola, prodotta da Indigo Film e Avventurosa Film, nasce da un’idea e da un gesto coraggioso della Fondazione San Marcellino, i gesuiti di Genova che da anni assistono persone senza tetto, raminghi ed emarginati. Dopo aver organizzato una proiezione del suo documentario Il passaggio della linea, hanno deciso di proporre e in parte finanziato un film non tanto sull’attività della Fondazione quanto sul mondo degli esclusi cui si rivolge.
“Enzo e Mary rappresentano quel che rimane del passato, sono personaggi reali, che hanno vissuto la Genova del dopoguerra e degli anni ’70, quando era una città portuale e arrivavano tante navi, quando nei dintorni del porto c’erano i night club e la vita – spiega il regista – La Fondazione mi ha dato questa casa nell’area dell’angiporto, nel centro della città a via del Campo, con l’intento di raccontare i residuali di un mondo passato, perché il tessuto sociale delle grandi città è ormai cambiato e di conseguenza anche la gente”.

Nel film la grande Storia, che ha a che fare con nostalgia del Novecento, s’intreccia con la piccola storia, il melodramma d’amore del presente. “All’inizio è stato faticoso costruire questo binomio. Il passato sono le immagini provenienti dagli archivi privati dei cineamatori, ma anche dalla Fondazione Ansaldo, sulla loro città nel Novecento. E di questa ricerca dei repertori ringrazio molto la montatrice Sara Fgaier”.
Di quella Genova, Marcello ha avuto notizie e immagini dai ricordi del padre marittimo meridionale che in quel porto spesso s’imbarcava. “Mi raccontava della sua bellezza, delle sue tripperie, e del suo cielo. Vengo da una città come Napoli dove il tessuto sociale è ancora forte, ma a Genova come in altre città del Nord, il centro storico si è svuotato e sono arrivati nel frattempo nuovi abitanti, gli immigrati”.

Il punto di vista dell’autore è quello dell’oggi, di un “forestiero che racconta quel che vede dalla finestra e lo faccio cercando di avvicinarmi alla finzione, dopo essermi fatto le ossa con il documentario, cioé uno sguardo sulla realtà che poi si sviluppa in altri modi”.
Accanto alle musiche originali di Massimiliano Sacchi e Marco Messina Perera, l’autore ha voluto nel film il prologo “Ad genua” dell’opera musicale “Membra Jesu Nostri” di Buxtehude.

04 Novembre 2009

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