Donne contro la ‘ndrangheta

La terra dei santi, opera prima di Fernando Muraca, è la storia di una magistrato (Valeria Solarino) che toglie la potestà genitoriale alle mamme coinvolte nel crimine


Saranno le donne a sconfiggere le famiglie del crimine. E’ la tesi dell’opera prima di Fernando Muraca, La terra dei santi, in sala dal 26 marzo con la neonata e ultraindipendente Asap Cinema Network. Scritta con Monica Zapelli e tratta dal romanzo della sceneggiatrice Il cielo a metà (Baldini e Castoldi, 241 pp. 15 €), è una storia di ‘ndrangheta declinata al femminile. Vittoria (Valeria Solarino) è un magistrato del Nord che, a Lamezia Terme, cerca di sconfiggere la malavita organizzata con ogni mezzo, arrivando a togliere la potestà genitoriale alle mamme coinvolte nel crimine. Assunta (Daniela Marra) è una giovane vedova con due figli, uno dei quali adolescente, costretta a sposare il cognato malavitoso; sua sorella Caterina (Lorenza Indovina) è la moglie di un boss latitante (Tommaso Ragno) che tesse le fila dal suo rifugio segreto, nel retrobottega di un supermercato.

Racconta Monica Zapelli, la sceneggiatrice di un film chiave sugli aspetti (dis)umani del fenomeno mafioso come I cento passi di Marco Tullio Giordana, “nel 2008 la Procura di Reggio Calabria prese la decisione di togliere i figli al boss Di Stefano. Una decisione che fa molto riflettere. Lo Stato ha diritto di intervenire o diventa Stato etico? Il film pone il problema e lascia allo spettatore la decisione su cosa sia più giusto”. Intanto la Procura di Reggio è andata avanti, 25 ragazzi sono stati dati in affido per il progetto Liberi di scegliere. “E’ importante – prosegue Zapelli – far conoscere a questi minori scenari alternativi, altrimenti pensano che lo Stato sia il cattivo”. C’è ovviamente un rifiuto iniziale di questi provvedimenti, da parte delle mamme, ma poi può far breccia la cognizione che l’allontanamento dal clan sia l’unica possibilità di salvezza per quei bambini dal destino segnato. “Nella ndrangheta il sistema vince ma il singolo perde. E quando hai già due figli in carcere, il terzo lo vuoi salvare”, dice ancora Monica Zapelli.

Muraca, nato a Lamezia Terme, viene da una famiglia che ha subìto i ricatti dei criminali. “Conosco bene il fenomeno, mio papà aveva un’impresa di costruzioni che è stata distrutta dalla ndrangheta. Mi sono sempre chiesto perché le donne calabresi, così legate alla famiglia, decidessero di dare i propri figli sapendo che sarebbero morti o finiti in galera in quella che è una guerra civile vera e propria. Penso che lo facciano perché non sono coscienti, perché non conoscono alternative”. Valeria Solarino, che ha scelto di partecipare a questo piccolo film prodotto da Marianna De Liso con fondi MiBACT e della Regione Puglia (oltre al sostegno della Regione Lazio e di Rai Cinema), sottolinea come il rapporto tra le due donne, la magistrato e la donna di mafia, sia centrale nel film. E afferma: “Togliere i figli non è una minaccia o un ricatto, ma un modo per scardinare il sistema dall’interno”.

Nel film si assiste anche all’affiliazione di un giovane. E’ una scena impressionante, piena di simbologie religiose. “Il testo che viene pronunciato è quello autentico, che è stato ritrovato in vari covi – spiega Muraca – ma nella messinscena ho aggiunto alcuni elementi simbolici, come le candele, per far capire che si tratta di un rito religioso. La natura della persona cambia, perde il suo libero arbitrio. Da questo momento la famiglia mafiosa viene prima della sua vita e persino del suo stesso sangue. Dalla ‘ndrangheta non si esce se non con la morte”. E perché questo titolo, La terra dei santi? “Un tempo la Calabria era piena di monasteri greco ortodossi, i monaci erano un presidio di civiltà, portatori di valori fondati sui comandamenti: non uccidere, non rubare. Quando l’ortodossia è stata distrutta, la Calabria è di nuovo precipitata nel suo isolamento. Per gli ortodossi è la terra dei santi, ma oggi è conosciuta per i santisti: massoni o ndranghtisti”.

Perché La terra dei santi è stato girato vicino a Manfredonia e non nei luoghi della vicenda? “La Puglia – dice il regista ci ha accolto a braccia aperte, la Calabria non ci ha voluti. Non abbiamo avuto alcuna risposta alla domanda di finanziamento presentata con il bando 2012, ma poi ci sono molti modi per sostenere un film e credo che vi siano state anche ragioni di natura politica per questa assenza”. Ora il film sarà proiettato in due città calabresi e nelle scuole. 

18 Marzo 2015

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