Ghostbusters: come scacciare fantasmi, pregiudizi e vivere felici

Arriva in sala il 28 luglio il remake/reboot a opera di Paul Feig, con cast tutto al femminile, del cult anni '80


Avete mai visto spiriti, spiritelli o fantasmi? Sicuramente Paul Feig e il suo staff, nel periodo in cui hanno lavorato al remake/reboot di Ghostbusters, in uscita in sala il 28 luglio, hanno visto parecchi “sorci verdi”. La rete crea a volte mostri spaventosi, e i fan dei due leggendari capitoli diretti da Ivan Reitman negli anni ’80, che hanno effettivamente appassionato più generazioni di spettatori, in gran parte questa operazione non l’hanno vista di buon occhio, scatenando le loro ire telematiche sul progetto. Che, a conti fatti, proprio nel distanziarsi dall’originale – a partire dal cast, che ruota intorno a un gruppo di acchiappafantasmi tutto femminile:  Melissa McCarthy, Kristen Wiig, Kate McKinnon, Leslie Jones, sorprendentemente brave, ben amalgamate e affiatate –  riesce a rendergli omaggio in maniera rispettosa e affettuosa, ripercorrendone le tappe senza copiarlo in maniera pedissequa.

Ma la struttura è piuttosto familiare, e non è un male. Insomma, ci si trova a casa. Si parte con un primo spaventoso ‘avvistamento’, in una biblioteca. Poi c’è l’incontro tra tre ricercatrici (due di loro già si conoscono): Sono ‘outsider’ che pagano lo scotto di essere donne, di essere intelligenti e di avere un concetto personale e creativo di ‘scienza’, a cui si aggiungerà poi un quarto elemento proveniente da un’estrazione sociale diversa – il suo mestiere è quello di controllore per la metropolitana – ma che è unita al gruppo da un comune destino. Perché tutte sanno che i fantasmi esistono e negli ultimi tempi sembrano molto arrabbiati.

E’ interessante notare il parallelismo metacinematografico tra il film e le sue protagoniste: in entrambi i casi c’è una lotta da portare avanti per l’affermazione, contro una serie di pregiudizi posti lì ad ostacolarla.

La trama prosegue su uno schema noto: la nascita del gruppo, il successo, l’ostilità delle istituzioni, l’individuazione del villain, l’esplosione dell’attività paranormale e lo scontro finale con una creatura gigantesca apparentemente buffa ma molto pericolosa (no, non è fatta di Marshmellows). In tutto questo, da segnalare l’arrivo di Chris Hemsworth, segretario belloccio ma totalmente idiota, che permette all’atletico attore (conosciuto per lo più per il ruolo di Thor nei film Marvel) di mostrare un talento comico e recitativo non indifferente. Probabilmente la sorpresa più grossa. Il film non segue la continuity dei capitoli precedenti – da un certo punto di vista un peccato. Si poteva immaginare un seguito vero e proprio, con i vecchi acchiappafantasmi a far  da mentori alle nuove arrivate – però appaiono (quasi) tutti i membri dell’antica combriccola, con l’eccezione di Rick Moranis e del compianto Harold Ramis (a cui comunque è riservato un simpatico omaggio).

Molto rumore per nulla. Il film non solo è innocuo e non ‘rovina l’infanzia’ a nessuno, ma scorre veloce, ha un buon ritmo e un paio di battute memorabili, si perde un po’ nel finale ma complessivamente risulta assolutamente godibile e comunque uno dei rilanci più intelligenti degli ultimi anni. La critica USA è rimasta sorpresa (73% di recensioni positive su Rotten Tomatoes) l’incasso è di 46.5 milioni di dollari nel weekend di apertura. Molto di più d quanto pronosticato (si prevedevano 38-40 milioni), sicuramente non un flop, e anzi è anche un piccolo successo. 

D’altro canto, ci si dimentica un po’ troppo spesso che anche il film dell’84, considerato ‘intoccabile’, era a sua volta un remake molto libero di una serie televisiva degli anni ’60 (con un titolo leggermente diverso, The Ghost Busters), in cui gli acchiappafantasmi erano tre buffi investgatori che comprendevano nell’organico perfino un gorilla, e che poi avrebbe ispirato un celebre cartoon. Proprio per non creare confusione, la produzione animata che si sarebbe riagganciata al film di Reitman venne titolata The Real Ghostbusters. E’ nella natura delle storie essere rinarrate e di volta in volta cambiare, per adattarsi a chi le ascolta, ma anche a chi le racconta. Alcuni elementi restano stabili – in questo caso l’immortale simbolo col ‘divieto di fantasma’, la Ecto-Mobile, veicolo primario di spostamento delle protagoniste, l’orecchiabile motivetto creato da Ray Parker Jr. – il resto può accorparvisi attorno in maniera più o meno solida o equilibrata. In questo caso, tutto trova una strada. E il preconcetto resta l’unico grosso fantasma da scacciare.  

21 Luglio 2016

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