David: protesta su mancata iscrizione del corto ‘Il silenzio’

Giovanni Pompili della Kino Produzioni ha scritto una lettera aperta ai componenti dell'Accademia del Cinema Italiano, per "ripensare un regolamento che non tiene conto della realtà che ci circonda"


Giovanni Pompili della Kino Produzioni ha scritto una lettera aperta ai componenti dell’Accademia del Cinema Italiano, che assegna i Premi David di Donatello, con il proposito di “aprire una riflessione che – se non nell’immediato – speriamo porti in futuro a ripensare un regolamento che mi sembra non tenga conto della realtà che ci circonda. Non soltanto cinematografica”.
All’origine delle lettera aperta c’è lo stop all’iscrizione ai David di Donatello del cortometraggio Il silenzio prodotto dalla società di Pompili, perché non ritenuto film italiano.

“Quando abbiamo realizzato Il silenzio, l’abbiamo girato certi di girare un cortometraggio italiano – scrive Pompili – italiana la società di produzione (Kino Produzioni), italiane le location (un’azienda ospedaliera del rione Esquilino di Roma), italiana tutta la troupe e parte del cast. Non erano – non sono – italiani i due registi, Ali Asgari e Farnoosh Samadi: entrambi iraniani, si sono conosciuti a Roma, dove hanno studiato e si sono diplomati.
E a Roma, anche dopo essersi trasferiti a Parigi, hanno voluto girare un cortometraggio che ha rappresentato l’Italia a Cannes. Il silenzio ha fatto bella mostra di sé nell’Italian Pavilion, in tutti i materiali promozionali dedicati alla rappresentanza italiana sulla Croisette”.

Poi è arrivato lo stop all’iscrizione ai David di Donatello perché “i registi non sono italiani (benché provvisti di regolare permesso di soggiorno) e dunque il loro film non può essere candidato al più importante premio dell’industria cinematografica italiana. Ci era stato detto – continua Pompili – che la questione sarebbe stata affrontata nel primo consiglio utile, ma nessuna risposta ci è mai arrivata al riguardo.
Non entriamo nel merito se in passato questo regolamento abbia avuto un senso: di certo ci sembra che nello scenario attuale non ne abbia più molto, se è vero che la Francia (Paese non certo accusabile di scarso senso della ‘nazionalità’) candida e premia ai Cesar un film girato con capitali francesi ma da un regista olandese, Paul Verhoeven. Approfitto di questa lettera per mettere pubblicamente a disposizione il link del film.
Per quanto mi riguarda, continuerò ovviamente a produrre in Italia, badando alle storie più che ai passaporti di chi le racconta”, conclude il produttore. 

ssr
22 Febbraio 2017

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