L’Italia guadagna una statuetta agli Oscar. A parlare è Alessandro Bertolazzi, make-up artist del cinecomic Suicide Squad, che divide la vittoria con il collega Giorgio Gregorini. Al telefono con l’ANSA Bertolazzi scherza: “Ero agitato prima e sono ancora più agitato adesso, anzi sono mescolato, sono tante sensazioni insieme”.
“Verso la fine della produzione di Suicide Squad i colleghi hanno incominciato a scherzare, ‘vedrete che vincerete’ – racconta – ci dicevano ma siamo italiani, siamo abituati ai complimenti, ce li fanno sempre, quindi non abbiamo voluto prendere troppo sul serio quelle voci”. Poi però sono arrivate prima la candidatura e poi la vittoria “E’ una follia”, gli fa eco il collega Gregorini, lui specializzano nelle acconciature. Bertolazzi nel discorso sul palco ha voluto parlare d’immigrazione.
“Dedico questo Oscar a tutti immigrati, i sogni non hanno frontiere, noi facciamo film, facciamo sogni che non hanno limiti, nei set cinematografici ci sono persone che lavorano e queste persone provengono da tutto il mondo, ecco perché mi sono sentito in dovere di fare questa dedica”, ha detto dopo il premio. Poi ha parlato del processo di ricerca creativa che precede la realizzazione di un progetto di make-up. “L’ho sentito come un dovere, ci tenevo. Parlare di confini non ha logica soprattutto per noi che apparteniamo al mondo del cinema al mondo dell’arte. Non ci sono confini al cinema, non ci sono colori. Una troupe cinematografica è composta da gente proveniente da tutto il mondo. Noi siamo truccatori e siamo immigrati. Il mondo dell’arte non ha confini”. Il documentario di Rosi Fuocoammare, sconfitto da OJ Simpson, an american story, parla proprio di immigrazione e della situazione di Lampedusa,
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