Östlund libera il gorilla che è in noi

In sala dal 9 novembre con Teodora la Palma d'oro The Square. Tra prese in giro dell'arte contemporanea e affondi sul politically correct, una satira che ridicolizza le classi privilegiate


CANNES – Fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio, recita un vecchio proverbio. Ma non la pensa così Ruben Östlund, il regista svedese che ha vinto la Palma d’oro all’ultimo Festival di Cannes con la sua satira The Square. Che si fonda su un presupposto: “Se abbiamo fiducia, otteniamo aiuto e sostegno dagli altri; se quella fiducia ci manca, giustifichiamo chi vuole sfruttarci o imbrogliarci”.

Ha una forte vocazione sociale – e persino sociologica – toccando temi come la libertà di parola, l’uso dei social network e della comunicazione virale e l’ossessione per il politicamente corretto, la storia del curatore di un importante museo di Stoccolma, Christian (Claes Bang): l’uomo, un quarantenne ricco e snob ma nutrito di idee di sinistra, viene messo a dura prova da un episodio apparentemente banale. Una mattina, mentre si reca al lavoro, gli rubano portafoglio e iPhone. Grazie al satellite riesce a localizzare il telefono e decide di recarsi nel quartiere periferico dove il ladro abita, in un palazzone di dieci o quindici piani con tanti appartamentini tutti uguali. Per lui, in qualche modo, sono tutti colpevoli, tanto che non esita a scrivere a ciascuno di loro una lettera uguale in cui chiede la restituzione del maltolto.

Tra prese in giro dell’arte moderna e dei creativi della pubblicità, non mancano i momenti esilaranti – come la scena in cui Christian, dopo essere andato a letto con una giornalista americana, si rifiuta di buttare il preservativo usato nel cestino, temendo chissà cosa. Il film in qualche modo ti spiazza perché non prende la piega del thriller esistenziale come il precedente Forza maggiore (vincitore del premio della giuria a UCR nel 2014). Tra l’inquietudine e il ridicolo preferisce il secondo. Bersaglio principale è il rapporto di totale incomunicabilità tra gli happy few di una società occidentale sempre più classista (dietro la patina di finta benevolenza) e il resto del mondo, specialmente i clochard, che sono tra i personaggi ricorrenti di questa vicenda. Il paradosso vuole che proprio mentre Christian si trova sempre più impelagato nell’affare del furto, stia allestendo una mostra attorno a un’opera intitolata The Square, una sorta di quadrato magico all’interno del quale tutti sono uguali e hanno pari dignità e pari diritti. 

Prodotto da Svezia, Danimarca, Usa e Francia, The Square è solo apparentemente surreale, in realtà nasce dall’osservazione puntuale della realtà. “Nel 2008 in Svezia – racconta il regista – è nato il primo quartiere a porte chiuse, a cui possono accedere solo i residenti. Si tratta di un esempio estremo che ci mostra come le classi privilegiate si isolino sempre più da ciò che le circonda. E’ anche uno dei molti segnali dell’individualismo crescente nelle nostre società, con l’aumentare del divario tra ricchi e poveri. Anche in Svezia, considerato uno dei paesi più egualitari del mondo, la disoccupazione e la paura di perdere il proprio status portano le persone a diffidare gli uni degli altri e a non aiutarsi”.

Momento clou del film: durante un cena di gala, un uomo-gorilla fa irruzione tra i tavoli dove sono seduti eleganti mecenati. Si tratta di un artista ma la tensione sale a dismisura quando il performer aggredisce e provoca i presenti per davvero, scatenando la parte animale che è in loro, indipendentemente dal sesso e dall’età.  

Nel cast del film Elisabeth Moss (nel ruolo della giornalista americana), Dominic West (un esperto d’arte) e un molto appropriato Terry Notary (l’uomo gorilla).

Cristiana Paternò
20 Maggio 2017

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