Robert Guédiguian: “Accogliere tutti, altrimenti l’Occidente morirà”

Il regista marsigliese ci parla del suo film La casa sul mare, una sorta di summa del suo cinema in cui tornano tutti i temi a lui cari, dalla fratellanza all'impegno


Curiosamente anche nel nuovo film di Robert Guédiguian, come in The Leisure Seeker, ci imbattiamo in una anziana coppia che sceglie di non lasciarsi separare dalla morte e di oltrepassare l’estrema soglia in piena libertà. Ma in La casa sul mare questo è solo uno dei tanti spunti narrativi di una storia corale, costruita per accumulazione di temi e suggestioni, che sembra quasi una summa dell’opera di questo regista marsigliese sempre coerente con se stesso. Tutto ruota attorno a una “villa”, una bella dimora costruita tanti anni prima da un gruppo di parenti e amici. La casa ha un balcone panoramico (siamo poco prima di Marsiglia, nella zona delle Calanques). Qui si ritrovano tre fratelli: Angele (Ariane Ascaride), che ha avuto successo come attrice di teatro e manca da una ventina d’anni, Joseph (Jean-Pierre Darroussin), un intellettuale impegnato e depresso che vive una storia d’amore ormai sfiorita con una ragazza molto più giovane (Anais Demoustier) e Armand (Gérard Meylan), l’unico ad essere rimasto sul posto, per gestire il ristorante a prezzi popolari del padre. Il quale è appena stato colpito da un ictus devastante. La reunion riporta a galla il passato con il suo carico di cose non dette e ferite mai rimarginate, ma stimola anche il cambiamento che in un certo senso prende corpo nell’arrivo di tre piccoli profughi scampati a un naufragio.

In concorso a Venezia 74 e ora in sala con Parthénos dal 12 aprile, il film piacerà agli appassionati di questo regista – tra le sue opere Marius et Jeannette e Marie-Jo e i suoi due amori – che lavora sempre con la stessa troupe di tecnici e attori (ed è bello rivedere in una sequenza anni ’80 tratta da Ki lo sa? Ascaride, Darroussin e Meylan insieme a Pierre Banderet tuffarsi vestiti nelle acque della stessa baia). “Ci unisce da tanti anni – spiega Darroussin – il desiderio di andare avanti e la fantasia che ci dà una speciale energia. Il nostro edificio ha buone fondamenta anche se ogni tanto ha bisogno di un po’ di manutenzione. A volte l’ispirazione di Robert si è un po’ afflosciata ma ha ancora tanto da dire”. Per Ariane Ascaride, che è anche la moglie del regista e in questo film a tratti sembra una ragazzina nonostante i suoi 63 anni, le cose stanno più o meno così: “Jean-Pierre mi fa ridere, Robert mi dà sui nervi… Il nostro cinema è come una barca su cui ci siamo imbarcati un giorno, tanti anni fa, e ancora stiamo navigando. Ogni tanto ci fa piacere far salire qualche persona più giovane, come in questo film”. Dove tra l’altro si parla molto di amori tra persone di età diverse… 

Guédiguian, da sempre cantore delle classi popolari, sintetizza così il suo cinema: “Abbiamo raccontato, come in un feuilleton la storia della Francia negli ultimi trent’anni. Noi tutti abbiamo un’estrazione comune, veniamo da un ambiente proletario, e abbiamo creato un modo di lavorare insieme, forse non trasferibile ad altri cineasti”.

Il film racconta in un certo senso la fine di un’epoca e il passaggio del testimone alle nuove generazioni. “Ci sono tante cose che scompaiono, che muoiono, ma ci sono anche i nuovi germogli – riflette il cineasta francese – E’ un po’ l’eco delle ideologie che oggi sono considerate obsolete perché prevale l’individualismo. I nostri nonni o bisnonni, Victor Hugo, Jean Jaurès, Karl Marx hanno lasciato un’eredità culturale che non va rinnegata, però per far durare queste idee bisogna rinnovarle. Essere fedeli a quei sogni senza tradirli perché oltre Macron e Renzi c’è anche dell’altro. E’ una coscienza che esiste nei movimenti, nelle università, in vari luoghi, ma è un po’ dispersa come una pastiglia effervescente, bisognerebbe ridarle solidità, non abbandonarsi a questo mondo così come ce lo propongono. Metà della popolazione mondiale è stata esclusa da tutto, mentre per un 5% le cose non sono mai andate così bene”. E sull’immigrazione ha un pensiero netto che esprime senza mezzi termini: “Queste persone, che fuggono dalla povertà o dalla guerra, non bisogna chiedersi quanto ci costano ma solo accoglierli, dobbiamo accogliere tutta la miseria del mondo e questo servirà anche a rinnovare la nostra società, altrimenti l’Occidente morirà soffocato dalla sua ricchezza. Quando gli uomini avranno pescato tutti i pesci capiranno che i soldi non si possono mangiare”.

Cristiana Paternò
03 Settembre 2017

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