1938 Diversi: per non dimenticare

Un film sul razzismo di ieri che fa riflettere sul razzismo di oggi, 1938 Diversi di Giorgio Treves, visto al Lido. Il documentario uscirà in sala l'11 ottobre con Mariposa e il 23 ottobre andrà in tv


VENEZIA – Un film sul razzismo di ieri che fa riflettere sul razzismo di oggi, mostrando come i concetti di “superiorità razziale” possano far leva sui complessi di inferiorità di un’intera nazione, abilmente manipolati dalla propaganda. Questo è quanto si vede nel prezioso 1938 Diversi di Giorgio Treves, visto al Lido. Realizzato con materiali d’archivio degli anni ’30 e fino al ’43 e soprattutto con testimonianze degli storici Michele Sarfatti, Sergio Luzzatto, Alberto Cavaglion; di intellettuali come Walter Veltroni, Luciana Castellina, Rosetta Loy) e di persone che dalle leggi razziali ebbero la vita stravolta per sempre, il documentario uscirà in sala l’11 ottobre con Mariposa e il 23 ottobre andrà in tv su Sky Arte che ha collaborato alla produzione della Tangram di Roberto Levi insieme a Piemonte Film Fund, MiBAC, AB Groupe e Aamod.

E’ del 14 luglio 1938 il Manifesto della Razza, mentre risale al 5 settembre dello stesso anno la firma in Toscana, alla villa del Gombo nella tenuta di San Rossore a Pisa, del regio decreto per la difesa della razza nella scuola fascista, firmatari re Vittorio Emanuele, Mussolini, il ministro Bottai, l’ammiraglio di Revel. Il 6 ottobre arriva la Dichiarazione sulla razza approvata dal Gran Consiglio del fascismo e pubblicata il 26 ottobre, il 17 novembre il regio decreto con i Provvedimenti per la razza italiana (con il divieto per gli ebrei di lavorare alle dipendenze di enti pubblici). Un’escalation del terrore che porta a emarginare dalla vita pubblica e da ogni forma di comunità gli ebrei italiani, uomini, donne e bambini peraltro del tutto integrati nel tessuto sociale che si sono visti negare tutto, dall’istruzione al lavoro, preludio a persecuzioni mortali, ai campi di concentramento e al distruzione.

“Ricordare è sempre importante”, dice Liliana Segre, senatrice a vita, 88 anni, sopravvissuta ad Auschwitz, da 30 testimone della memoria, che nel film di Treves torna sul Binario 21 della Stazione Centrale di Milano dove partì per il campo di concentramento. “Il razzismo e l’antisemitismo non sono mai sopiti, solo che si preferiva nel dopoguerra della ritrovata democrazia non esprimerlo. Oggi è passato tanto tempo, quasi tutti i testimoni sono morti e il razzismo è tornato fuori così come l’indifferenza generale, uguale oggi come allora quando i senza nome eravamo noi ebrei. Oggi percepisco la stessa indifferenza per quelle centinaia di migranti che muoiono nel Mediterraneo, anche loro senza nome, e ne sento tutto il pericolo”.

Per Liliana Segre i giovani sono coloro a cui rivolgersi: “i miei nipoti ideali, spettatori attentissimi, la nostra vera eredità di testimonianza”. I testimoni di quegli eventi stanno sparendo: l’editore Bruno Segre compie 100 anni, mentre il medico Roberto Bassi, che nel film rievoca il giorno in cui fu allontanato dai banchi della scuola elementare Diaz di Venezia, ne ha 93. “Non è un documentario celebrativo, anche se nasce dall’occasione dell’80° anniversario delle leggi razziali, piuttosto serve a ricordare di puntare il dito contro le leggi razziali, sempre e ovunque”, spiega Treves. Che nel film ha affidato alla voce di Roberto Herlitzka alcune pagine molto toccanti. 

“Il fascismo può tornare sempre, il nostro dovere è smascherarlo ogni giorno in qualunque parte del mondo”, ha scritto Umberto Eco. Ed è bene tenerlo a mente. 

Cristiana Paternò
04 Settembre 2018

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