Tsukamoto e il samurai che non vuole uccidere

Shinya Tsukamoto, che ha chiuso il concorso di Venezia 75 con l'unico film di durata contenuta (80') di questa selezione. Killing è la storia di una sorta di obiettore di coscienza ante litteram


VENEZIA – Ha grandi estimatori il giapponese Shinya Tsukamoto, che ha chiuso il concorso di Venezia 75 con l’unico film di durata contenuta (80′) di questa selezione. Killing è la storia di una sorta di obiettore di coscienza ante litteram, Tsuzuki (Sosuke Ikematsu), un giovane ronin (samurai senza padrone) che si è ritirato in campagna vivendo sereno con l’amico contadino con cui si sfida in lunghi duelli con spade di legno e una ragazza di cui è innamorato. Ma quando nello sperduto paesino arriva un gruppo di balordi armati fino ai denti e molto aggressivi, il ragazzo scopre di avere problemi a uccidere. “Sono partito da un’immagine: quella di un giovane samurai che fissa con ardore la sua preziosa katana – dice il regista al Lido – Un samurai che si chiede, riuscirò davvero ad uccidere un’altra persona con questa spada?. Probabilmente qualcosa che è davvero successo nel passato”.

Il regista, che si ritaglia il ruolo del samurai anziano, racconta: “Mi sono confrontato con un veterano della seconda guerra mondiale e gli ho chiesto se a lui era successa una cosa simile. Lui mi ha risposto che, diventando soldato, era inevitabile mettere in conto l’idea di uccidere, ma per le persone di oggi, lontane dalla guerra, probabilmente deve essere davvero strano capire cosa può scattare in certi casi”.

Killing conferma lo stile nervoso, frammentato e frenetico del regista che a Venezia premiato nel 2002 per A Snake of June con il Premio della Giuria.  

Cr. P.
07 Settembre 2018

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