Pasquale Squitieri e le conseguenze dell’ideologia


BARI. “Leggo una scritta sul muro contro Marchionne con la stella a cinque punte, o un’altra che inneggia a Tartaglia, quell’esagitato che colpì con un oggetto il premier Berlusconi. E mi domando: vuoi vedere che stiamo ancora una volta tornando al delitto ideologico?”. E’ da qui che parte il nuovo film del 72enne Pasquale Squitieri, Father che viene presentato in anteprima al Bif&st, interpretato da Franco Nero, Claudia Cardinale e Andrea Facchinetti, figlio di Ornella Muti. Prodotto da Rossellini Film tv e Mask Production il film, con un contributo del MiBAC, si svolge in uno scenario americano, Philadelphia. Un’opera sull’ideologia come scuola di assassini e che s’affida a una vicenda emblematica ambientata nei giorni nostri.

Alla periferia di una città americana, vive e lavora Enrico, un modesto fabbricante di calzature con origini siciliane. Con lui il giovane figlio Mark, orfano di madre, e una governante o almeno così sembra. Enrico è un uomo esemplare e un padre premuroso, sempre accanto al figlio, educato al dovere, all’onestà, alla solidarietà, alla dignità del lavoro. Una bella storia cui non manca la presenza di un “nemico”: la mafia che corrompe, comanda e uccide. E quando un capomafia ferisce a morte il padre, Mark stravolto da amore e odio lo ammazza. Ma il giovane, una volta sopravvissuto miracolosamente il padre, scopre giorno dopo giorno che tutta la storia, che per anni Enrico gli ha raccontato, è un falso totale…

 

Come nasce il suo film?
L’ho pensato molti anni fa, appartengo infatti a una generazione che ha vissuto la stagione del terrorismo di sinistra, le Brigate Rosse, e del terrorismo di destra, i Nuclei armati rivoluzionari. Ho conosciuto nel carcere di Rebibbia il leader dell’Autonomia Toni Negri. Ma l’idea di questo film è scattata soprattutto quando ho visionato il filmato del processo che le Brigate Rosse fecero ‘in nome del proletariato’ a Roberto Peci, colpevole di essere il fratello innocente del brigatista pentito Patrizio Peci. Il filmato ci mostra, oltre alla messa in scena del ‘tribunale del popolo’, anche la spietata esecuzione della condanna a morte pronunciata, dopo il rapimento. Sono le drammatiche immagini dell’uccisione in diretta di un uomo, la cui moglie all’epoca era in attesa di un figlio.

Di che cosa si è reso conto in quel momento?
Che l’ideologia produce assassini, che in nome di un teorema ideologico si uccidono degli innocenti. Ho scoperto e capito che prima della Rivoluzione francese l’ideologia non esisteva, c’era solo invece la volontà di potere e dominio che spingeva a conquistare un terra, a dichiarare la guerra, a soggiogare un altro popolo. Dal 1789 tutto cambia: si affacciano sulla scena politica gli anarchici, il socialismo utopico e successivamente le vere ideologie si affermano con Marx e Engels.

Ma che cosa è per lei l’ideologia?
E’ la logica di un’idea. Supponiamo che la mia idea è che il popolo ebraico sia all’origine di tutti i mali. In funzione di tale teorema manipolo la storia, invento i Protocolli dei Savi di Sion, un falso documento storico con l’obiettivo di provocare e costruire un odio sempre più crescente contro un popolo. Un odio che mi porterà a uccidere quel ‘nemico’ proprio in nome di una costruzione ideologica.

Ha letto Hannah Arendt?

Illuminante è stata la lettura de “Le origini del totalitarismo” in cui la filosofa e storica spiega benissimo il tema del dominio totalitario legittimato da un’ideologia. Il primo passo è infatti culturale. Bisogna storpiare la storia, creare dei falsi valori, generare odio verso un presunto ‘nemico’, contro il quale si eserciterà subito dopo violenza e delitto, l’assassinio che conduce al potere.

E il giovane Mark, protagonista del film, che centra con tutto questo?
Ho scelto la metafora, non potendo per mancanza di risorse mettere in scena i crimini delle due grandi ideologie del ‘900, il nazismo e il comunismo. In fondo il giovane figlio uccide per amore di una presunta idea, per amore di un leader o padre che sia. Non posso svelare fino in fondo la trama del mio film che si presenta come una tragedia di una modernità spaventosa.

Un film il suo mi pare senza speranza?
Credo che la mafia abbia l’assoluto controllo economico del mondo. Sorrido quando si parla di connessioni tra il potere politico e quello mafioso, la verità è che la mafia esercita il suo controllo sulla politica e non viceversa come accadeva un tempo.

Perché il titolo in inglese?

Se l’avessi intitolato Padre avrebbe fatto subito pensare alla patria o alla chiesa. Invece Father è un termine che qui conserva un’ambiguità di fondo perché rinvia anche alla parola ‘padrino’.

 

Si sente vicino a Fini lei che è stato senatore di Alleanza nazionale dal 1994 al 1996?
Non mi sento vicino a nessuno dei nostri esponenti politici. L’unico con il quale mi sento in sintonia è Papa Benedetto XVI, lo considero un grande politico.

Stefano Stefanutto Rosa
25 Gennaio 2011

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