Laura Luchetti: una favola cattiva all’Atelier di Cinéfondation

La regista: "Fiore gemello, una favola raccontata sotto forma di realismo magico, ha suscitato l’interesse soprattutto di co-produttori francesi". Nel cast Aniello Arena e Giorgio Colangeli


CANNES. “L’Atelier di Cinéfondation ha dato a me e al produttore Giuseppe Gallo una grande opportunità quella di incontrare oltre 40 potenziali co-produttori. Il mio progetto, Fiore gemello, ha suscitato l’interesse soprattutto di operatori francesi, ma anche di tedeschi e danesi. Speriamo di poter girare tra ottobre e novembre oppure in primavera perché è un film di esterni, e non può fare né troppo caldo né troppo freddo”.
La regista Laura Luchetti è stata selezionata dal Festival insieme ad altri 14 colleghi stranieri – dall’Angola a Taiwan, passando per il Sudafrica – di cui 7 europei per presentare una sceneggiatura in via di produzione a un parterre di co-produttori internazionali. Sono progetti che hanno già avuto dei finanziamenti, nel caso di Fiore gemello c’è un contributo del MiBACT come opera seconda e della Lucania Film Commission, oltre a piccoli fondi privati. In totale è un budget di 500mila euro che già copre la metà del costo del film.

Come è arrivata all’Atelier?
Con un’application volontaria entro l’ottobre 2014, inviando note di regia, trattamento e piano finanziario. Poi abbiamo avuto due interviste telefoniche, io e il produttore, a gennaio con Georges Goldenstern responsabile di Cinéfondation. Una conversazione, la mia, molto dettagliata, nella quale Goldenstern mi ha chiesto come realizzerei il film e vorrei raccontare la storia.

Che genere di film è Fiore gemello?
Una favola cattiva, che parte da un substrato di realismo crudissimo di certe zone del nostro Meridione. Una favola raccontata sotto forma di realismo magico, nel senso che parla di un sogno che s’eleva al di sopra di una realtà durissima.

Chi sono i protagonisti?
Due adolescenti, la 13enne Anna e il 17enne Basim, un migrante nordafricano. A entrambi è stata rubata l’innocenza in maniera diversa e la conseguenza è che Anna decide di perdere la voce e Basim la propria identità. Sono paradossalmente un fauno e una ninfa. In fuga da una dura realtà, i due ragazzini cercano di recuperare la loro innocenza e la riconquisteranno con un atto di estrema violenza.

Il film parla dunque di migranti?
Lo sbarco dei migranti in Calabria è poco conosciuto, è tutto organizzato e ne arrivano centinaia ogni mese. Fantasmi a cui vengono tolti identità e documenti, che una volta approdati vivono realtà lavorative in cui spariscono, nel nostro caso agrumeti. Ma il film non è sull’immigrazione. Basim ha visto la sorella morire in mare, ha subito questo trauma senza poter far nulla, e ora si trova a vivere nel completo anonimato.

Chi saranno gli interpreti?
I ragazzi li sceglieremo a ridosso delle riprese, perché si trovano in due età particolari: Anna è al limite dell’adolescenza, e così per Basim, un ragazzo efebico e bellissimo, che non è ancora uomo. Entrambi si trovano in quella terra di mezzo in cui si decide dove andare, ma hanno già visto tanto.

Ha già scelto Aniello Arena (Reality) e Giorgio Colangeli, per quali ruoli?
Gli adulti sono le ombre lunghe, a volte negative, a volte positive che si stagliano sul mondo dei ragazzini. Arena ha un carico emotivo molto speciale in grado di capire il personaggio di Manfredi, l’orco di questa favola cattiva. Per definizione dello stesso Aniello ‘un cattivo che non è mai stato bambino’. Colangeli è il fioraio che ha il potere di vedere il male nelle persone e nelle cose e per non vederlo si rinchiude nel suo negozio semidistrutto.

Personaggi femminili?
C’è la madre di Anna, un ruolo minore, che io chiamo la Madonna nera, nel senso che è la madre simbolo di un certo Meridione che si sottomette e che ha bisogno sempre di un uomo al suo fianco per andare avanti, mentre la figlia è il Meridione che si ribella.

Le location scelte?
Prevalentemente la Basilicata, dal mar Ionio al Tirreno, perché il film è un road movie: i ragazzini s’incontrano nella campagna calabrese e poi attraversano tutta la Lucania per arrivare sulla costa tirrenica. L’idea è di partire da Sibari, attraversare il Pollino, e arrivare nella Basilicata che s’affaccia sul Tirreno, dove ci sono degli agrumeti bellissimi.

Parlava prima di realismo magico, quali riferimenti?
Le immagini del film mi richiamano un mondo preraffaellita, che amo. E allora i quadri di Dante Gabriel Rossetti, pieni di rossi come i capelli di Anna, o di verdi scuri, di viola che sono i colori della Calabria, non di un Sud rassicurante, giallo, azzurrino e bianco.

Il suo esordio Febbre da fieno era una favola romantica, una storia d’amore malinconica di due 25enni in un negozio vintage.
Fiore gemello è un film completamente diverso, più maturo, una storia nera, un film drammatico dalle tinte cupe anche se c’è sempre una malinconia di fondo che mi appartiene. Avrà i ritmi di un noir, scandito da un inseguimento dei ragazzini.

Fiore gemello è un titolo provvisorio?
Assolutamente no. E’ un fiore che ho immaginato, che nasce doppio e non può essere diviso perché muore. Come i due protagonisti, che nel loro incontro disperato non possono essere divisi.

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