Mark Osborne: ‘Il piccolo principe’, un tesoro da proteggere

In sala dal 1° gennaio con Lucky Red "Il Piccolo Principe", adattamento cinematografico – molto libero - del celebre romanzo omonimo scritto da Antoine de Saint-Exupéry nel 1943


La regia è di Mark Osborne (Kung Fu Panda). La produzione è francese/canadese (Onyx Films, Orange Studio,On Entertainment), ma il film è pensato come un cartoon internazionale, distribuito da Paramount all’estero (da noi da Lucky Red), e doppiato, nell’edizione anglofona, da grandi star (Jeff Bridges, Rachel McAdams, Paul Rudd, Marion Cotillard, James Franco, Paul Giamatti, Mackenzie Foy). Cotillard è anche nell’edizione francese, insieme a Vincent Cassel e Guillaume Galienne, mentre in Italia sono in ballo i nomi di Paola Cortellesi, Stefano Accorsi, Pif e Alessandro Siani insieme a Micaela Ramazzotti, Toni Servillo, Alessandro Gassman, Giuseppe Battiston.

Resterà deluso chi si aspetta una trasposizione fedele del romanzo. Per buona parte del film il Piccolo Principe fa da corollario, dopodiché la pellicola assume le fattezze del sequel apocrifo (un po’ sul modello di Hook di Steven Spielberg, il cui cinema di ‘sense of wonder’ influenza d’altro canto buona parte di questo cartoon). La storia non c’entra con il romanzo e parla di una ragazzina pressata da una madre molto presente ma anche estremamente solerte nel pianificare la sua vita, senza lasciare il minimo spazio alla fantasia. L’incontro con un vecchio aviatore (chiaramente omaggio allo stesso Saint-Exupéry, aviatore oltre che poeta e scrittore) le cambierà la vita. Ed è proprio questo nuovo amico – il vero Saint-Exupéry è scomparso in mare in volo, nel 1944, e dichiarato ‘Morto per la Francia’- a farle conoscere la storia del Piccolo Principe attraverso i suoi scritti. Le parti più entusiasmanti del film sono proprio quelle più fedeli al libro, quando la bimba entra nel vivo della narrazione, l’animazione, da computerizzata, si converte in classica stop-motion e richiama proprio le illustrazioni del libro (opera sempre dell’autore). Solo pochi episodi ne sono però riportati brevemente (tra cui il più classico, quello della volpe).  

Ne parliamo con il regista.

Pensa che questa storia sia ancora adatta per grandi e piccini?

Assolutamente sì, vedo ogni film come un’opportunità. Kung Fu Panda mi ha permesso di omaggiare la cultura orientale delle arti marziali ed è stato molto ben recepito in Cina e Indonesia, quindi ho pensato che allo stesso modo potevo adattare questo classico con il medesimo rispetto. Ma non ho voluto fare una trasposizione letterale, ho pensato piuttosto di fare un film su come il libro potesse incidere sulle nostre vite. Volevo creare un’esperienza cinematografica che fungesse da eco e ne espandesse il significato. Sicuramente mi ha ispirato il cinema di Miyazaki e il suo lirismo. La fantasia come ispirazione, come in Totoro. E’ un libro magico che funziona a tutte le età. Ogni volta che lo leggi puoi trovarci degli elementi significativi. Mi entusiasmo quando sento che i nonni portano a vederlo i loro nipoti. Potrebbero venderlo come un film per i nonni. Io penso di non fare film per bambini, ma film per esseri umani.

Come ha cercato di mantenersi fedele allo spirito del romanzo?

Se ci fate caso nel film non ci sono computer o cellulari, volevo che, come il libro, fosse una storia fuori dal tempo e universale. Il modo in cui la mamma tratta sua figlia nelle prime fasi del film è preso dai racconti che danno inizio al romanzo, in cui Saint-Exupéry  racconta di come, da bambini, tutti lo intimassero di smettere di disegnare per dedicarsi alla scienza e alla matematica. Spesso ci viene richiesto di crescere troppo rapidamente. Saint-Exupéry  compare nel film, come un vecchio aviatore ottantaseienne. Nel libro è detto chiaramente che lui incontra il Principe quando ha 40 anni e lo saluta quando ne ha 46. Questo potrebbe essere l’unico riferimento temporale presente.

E’ stato difficile gestire la commistione di immagini moderne in cgi e animazione classica?

E’ stata una delle prime idee che ho avuto e temevo non mi consentissero di usare la stop-motion, ma io volevo assolutamente rendere la sensazione di qualcosa di fragile come la carta, che non fosse freddo e finto. Inoltre la tecnica della stop-motion dà l’idea di qualcosa di antico, sa di ricordo d’infanzia. E’ come un ponte tra la realtà e quelle bellissime illustrazioni. Mi fa piacere che il pubblico abbia reagito favorevolmente e abbia apprezzato. Mi dicevano ‘è troppo difficile’, non funzionerà mai, ma io sono sempre stato convinto che fosse la scelta giusta.

Quali sono stati gli altri suoi riferimenti?

Tutti noi animatori siamo molto appassionati di cinema, non sono d’animazione. Sicuramente ci sono richiami espliciti a Jacques Tati e Mon Oncle. Per me la storia della bambina è un modo per ‘proteggere’ il libro, perché fare una trasposizione letterale sarebbe stato controproducente, essendo un libro molto particolare che ognuno può interpretare in maniera diversa. In questo modo abbiamo creato un filtro perché quello che vediamo è la sua versione della storia, vista attraverso la sua immaginazione. Ciascuno si concentra su parti diverse del libro, quelle che per lui sono più significative. Molti mi dicono che alcune parti non le ricordavano, ma magari non le avevano nemmeno lette. Abbiamo scelto le parti che sono significative per la nostra protagonista, quelle che rispondono al suo senso di solitudine e al suo rapporto con la famiglia. Volevo instaurare con il pubblico un vero senso di dialogo. Per gli artisti che è hanno partecipato stato come un magnete. All’inizio erano scettici ma poi se ne sono innamorati. Sono entusiasta dei cast internazionali e anche di quello italiano. Io pensavo che la eco del film fosse già finita, invece vedo che continua a crescere e a ottenere consensi in ogni parte del mondo.

Ha provato a proporlo a Studios più grandi?

Non è un film da studio-system, è troppo particolare. E non c’era altro modo di raccontare questa storia, per quanto mi riguarda. A volte enso che tutto quello che mi è capitato nella vita mi abbia portato alla realizzazione di questo progetto. Al libro sono legatissimo, me lo regalò mia moglie in un momento in cui mi ero allontanato, dalla California ero andato a New York per studiare animazione e la frase ‘l’essenziale è invisibile agli occhi’ era per me una promessa d’amore, come dire: ‘saremo comunque sempre insieme’.

Non ha mai temuto di essere troppo ambizioso?

Beh, ho scoperto che Orson Welles voleva dare un seguito a Quarto Potere, ma non ha mai trovato i soldi. E lo stesso Saint-Exupéry  ha provato la strada di Hollywood, voleva fare film per cambiare il mondo ma quello che vide non fece che deprimerlo. Per questo poi scrisse il romanzo. Credo che sia ancora molto utile, soprattutto per i genitori. Vorrei sempre avere qualcuno che mi ricordi di passare più tempo possibile con i miei figli. 

Andrea Guglielmino
24 Ottobre 2015

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