Alex Gibney: ecco i pericoli della cyber-guerra

Presentato come un thriller documentario sul warfare in un mondo senza regole il documentario Zero Days di Alex Gibney in concorso alla 66ma Berlinale


BERLINO – Senza regole, perché è un mondo che ancora non si conosce, quello delle armi digitali e della pirateria informatica a scopo di spionaggio o di attacco. E in particolare parla di Stuxnet, un malware in grado di riprodursi da solo che gli USA e Israele hanno lanciato per distruggere una parte importante della struttura nucleare iraniana, inserendosi nel sistema delle centrali, per destabilizzare il funzionamento delle centrifughe necessarie alla separazione degli isotopi e alla produzione di gas d’uranio, quindi di energia e di armi di distruzione di massa. Ma il virus si è esteso ben oltre il suo obiettivo principale. Il film rende un completo resoconto di come una missione sotto copertura messa su da due alleati con obiettivi comuni abbia aperto una via da cui non si può tornare indietro in ambito di ‘cyberguerra’. Un’avvertenza sul pericolo della sicurezza in tutti gli ambiti: potere, tecnologia, morale, con conseguenze inaspettate.

La storia parte nel momento in cui il virus viene scoperto. Mentre si diffonde nel mondo, un gruppo di detective informatici, così come i giornalisti e anche il dipartimento di sicurezza degli USA, cercano di decifrare il virus più complesso che abbiano mai incontrato, scoprire il suo obiettivo e trovare chi c’è dietro. Stuxnet è il primo virus a varcare i confini del cyberspazio e a poter provocare fisicamente distruzione, nel mondo reale. Nessun rappresentante degli Stati Uniti o di Israele ha mai ammesso pubblicamente quello che è successo. Gibney ne traccia le coordinate, dai tempi in cui questo programma era chiamato  “Olympic Games”: spiega come è stato creato, lanciato e andato molto vicino a provocare una crisi internazionale.

Cosa l’ha interessata particolarmente di questa storia e come ha approcciato la materia?

Ho iniziato a mettere su un po’ di questioni che mi ero posto ma avevo bisogno di familiarizzare con il soggetto, ma all’inizio non avevo idea che mi avrebbe trasportato in un mondo ben più complesso di quello che immaginavo. Abbiamo fatto un film sulla vulnerabilità. Quello che più stupisce è che nessuno ne parla, ci sono armi potentissime in ballo e non ne conosciamo nemmeno la portata.

A quali fonti si è rivolto? Ha ricevuto intimidazioni o minacce?

Se non ne parla il governo è bene che non ne parli nemmeno un regista, non trova? Comunque no, non sono mai stato minacciato. Non che io sappia.

Spera che la presenza a Berlino di questo film possa portare il pubblico a conoscere il problema e a discuterne?

Certo che sì. E non solo americani, voglio che lo vedano in tutto il mondo, anche in Iran. Anzi, soprattutto lì. Le armi digitali minacciano la loro esistenza e c’è una gabbia di silenzio intorno che spero di poter aprire.

Quali sono i pericoli a cui andiamo incontro?

 Si tratta di operazioni delicate e pericolose. Gli USA le avrebbero usate solo nel caso di un attacco massiccio da parte dell’Iran. In qualche modo si ha accesso a dati che si possono usare in diversa maniera: per spionaggio o per l’attacco diretto con i droni o le forze speciali. In quel caso lo scopo era ritardare il programma nucleare iraniano senza far partire una guerra vera e propria. Ma ci sono conseguenze spesso inaspettate: ad esempio questi programmi possono essere utilizzati non solo dalle potenze avversarie, ma anche da terze parti che li rielaborano e li rilanciano contro il mittente, magari anche solo per profitto personale. E’ un po’ come quando gli USA armarono i mujāhidīn  per tenere testa all’Unione Sovietica. Le conseguenze si chiamano Iraq e Afghanistan.

Il film sembra chiudere su posizioni contrastanti, con degli speech di Obama e Netanyahou : uno dice che la crisi è risolta. L’altro che è un disastro.

E’ una questione di diplomazia. Sul campo le azioni segrete facevano comprendere che gli USA erano risoluti nel frenare il programma nucleare, e d’altra parte si negoziava. La diplomazia è più potente se ti appoggi su un’arma forte. I virus digitali hanno sopreso il mondo come la bomba atomica lo ha fatto alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Nessuno se li aspettava.

Cosa ne pensa di Assange?

A meno che non abbia veramente compiuto un omicidio, non è un criminale. Ha pubblicato del materiale che era stato affidato alle sue mani e chi ha procurato delle informazioni preziosissime.

La democrazia è in pericolo?

Sono i segreti a essere pericolosi. La trasparenza è il disinfettante migliore.

Andrea Guglielmino
17 Febbraio 2016

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