Philippe Le Guay: “Il mio diario di una mente confusa”

In sala dal 5 maggio, "Florida" è stato presentato a Locarno e ai Rendez Vous del cinema francese


Claude ha 80 anni, una bella casa ad Annecy, una badante a cui non smette di fare dispetti e una figlia bionda di cui a volte non ricorda il nome. Per non parlare del nipote, che tratta come uno sconosciuto ogni volta che lo rivede. Florida, il nuovo film di Philippe Le Guay è una favola agrodolce su un anziano molto vitale e altrettanto confuso (Jean Rochefort) e sulle sue strategie di sopravvivenza alla solitudine, ai dolori del passato, a un rapporto contraddittorio con la figlia (Sandrine Kiberlain) e, soprattutto, all‘Alzheimer. In sala dal 5 maggio con Academy Two dopo essere stato presentato a Locarno e, nei giorni scorsi, ai Rendez Vous del nuovo cinema francese, Florida è ispirato alla pièce teatrale Il padre di Florian Zeller, ma il regista de Le donne del 6° piano e Molière in bicicletta lo sviluppa in modo molto cinematografico trascinando lo spettatore nel territorio instabile di una mente annebbiata.

Come ha lavorato sulla pièce teatrale?

Il testo, stupendo, è un ritratto straordinario di un uomo anziano e del suo rapporto con la figlia. Bisognava inventare tutto il resto: chi è quest’uomo, qual era stata la sua professione, dove abitava. Abbiamo quindi messo insieme nuovi elementi per dare più realismo alla storia. Oltre a questo abbiamo aggiunto una dimensione narrativa grazie al viaggio, che ci ha permesso di immaginarlo seduto in aereo e di farci domandare dove va, cosa sta facendo lì, cosa succederà quando arriverà a destinazione. Nel viaggio ci sono una componente dinamica e un modo per prendere per mano lo spettatore e portarlo con noi.

Ha pensato subito a Jean Rochefort per il ruolo di Claude?

Sì, e le conversazioni che ho fatto con lui hanno arricchito il suo ruolo. Il film che gli avevo proposto all’inizio era in un certo senso meno brutale. Di solito gli attori vogliono che il loro personaggio sia amabile, mentre lui ci ha incoraggiato a spostarci verso la violenza e verso l’umorismo, per spingere a fondo nell’intensità dei sentimenti. Ho voluto anche che cantasse una canzone, con cui ha potuto esprimere quella particolare eleganza degli attori della sua generazione.

Florida è anche un film sulla memoria e le sue trappole…

La cosa terribile della memoria è che ci ricordiamo di cose che non vorremmo e magari dimentichiamo le cose più belle, che vorremmo portarci sempre dietro. La memoria fa una selezione molto strana, è misteriosa, illogica, ha a che vedere con i sentimenti più che con l’intelligenza. Nel caso del mio film ci sono sicuramente delle cose che il protagonista vuole dimenticare: ognuno organizza la sua memoria per vivere in pace con alcuni episodi della propria vita e per evacuare ciò che fa male. Si compie una scelta emotiva dei ricordi.

Per tratteggiare il personaggio di Claude ha fatto ricerche sull’Alzheimer?

Ho avuto a che fare con diverse persone affette da Alzheimer, tra questi c’è mio suocero. Non volevo però tracciare un ritratto clinico, ma impressionista. Volevo ritrarre la confusione, l’esitazione, gli ondeggiamenti di una mente, mostrare un personaggio che avanza nella nebbia e ogni tanto vede la luce e si orienta, come accade nei film di Antonioni. Anche chi non è affetto dalla malattia a volte può avere dei momenti di confusione.

È interessante che quest’uomo malato sia molto sperduto e insieme molto manipolatore.

Credo che lui fosse manipolatore e un seduttore di per sé, ma in effetti usa la sua cosiddetta debolezza per fare pressione sugli altri e ci si chiede se sia davvero così malato… Ha anche un’ossessione sessuale: credo che con la malattia arrivi la perdita delle inibizioni, e che con l’età ci si autorizzi a porre domande intime e indiscrete. Mi piace l’idea di liberarsi di un po’ di inibizioni.

Si sente che Florida viene dalla stessa mano di Molière in bicicletta. Lei dove individua la continuità tra i due film?

Il legame sta soprattutto nel mix tra leggerezza e crudeltà, tra dolce e amaro. In Molière in bicicletta c’è il ritratto di un uomo che si reclude ma che vorrebbe tornare nel consesso sociale, in Florida Rochefort sta perdendo la sua lucidità ma ha sempre voglia di essere il più bello, il più brillante. La cosa che mi interessa di più nel cinema è mescolare dramma e leggerezza. Non a caso amo molto un certo cinema italiano di Risi e Scola

Michela Greco
11 Aprile 2016

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