Marco Bellocchio: “Il fantasma della madre”

In sala dal 10 novembre con 01 Distribution Fai bei sogni, ispirato al romanzo di Massimo Gramellini: "Abbiamo sensibilità diverse, ma qui c'è qualcosa che mi riguarda profondamente"


CANNES – Il fantasma della madre, la ribellione all’autorità paterna, il rapporto con il potere, la concreta possibilità del cambiamento, la ricerca di una verità dolorosa negata (innanzitutto a se stessi): i temi cari a Marco Bellocchio ci sono tutti in Fai bei sogni, il suo nuovo film ispirato al best seller di Massimo Gramellini (edito da Longanesi) che la Quinzaine des Réalisateurs ha scelto come film d’apertura. Nel libro il celebre editorialista de La Stampa fa i conti con la perdita prematura della madre. Nel film ritroviamo un bambino di nove anni, Massimo (Nicolò Cabras), che vede il suo idillio con la giovane mamma (Barbara Ronchi), fatto di complicità, canzoni e tv guardata abbracciati, tragicamente interrotto da un infarto fulminante. Questo almeno è quello che gli dice il padre (Guido Caprino), uomo rigido e chiuso in se stesso con cui condivide quasi solo la passione calcistica per il Toro. Ormai cresciuto (da adulto lo interpreta Valerio Mastandrea), giornalista affermato, uomo freddo e anaffettivo, Massimo si trova di nuovo confrontato con questa grande rimozione quando, inviato a Sarajevo, l’immagine di un bambino che gioca alla playstation accanto al cadavere della madre, gli provoca una terribile crisi di panico. Sarà un giovane medico francese (Bérénice Bejo) ad aiutarlo a fare i conti con il segreto della sua infanzia che riemerge mentre svuota la casa torinese dei suoi genitori per venderla. “Non avevo letto il libro, che mi è stato proposto dal produttore Beppe Caschetto – ha raccontato Bellocchio incontrando i giornalisti di prima mattina all’Hotel Gray d’Albion – Vi ho trovato una tragedia umana che mi ha molto coinvolto”. E se per la francese Bejo “Marco è la seduzione incarnata”, Mastandrea ha rivelato di aver fallito qualche anno fa un provino per Buongiorno, notte. “Finalmente ho respirato un cinema che mi piace e che da tanto volevo fare insieme a lui, ma all’epoca ero troppo maturo per il personaggio di un diciannovenne, almeno così mi disse”. Prodotto da IBC Movie con Rai Cinema e i francesi di Ad Vitam, il film uscirà il 10 novembre con 01.

Cosa le interessava in particolare di questa storia, Bellocchio?
Mi ha convinto il dramma che il romanzo contiene: la morte della mamma, l’essere orfani quando si è ancora bambini. C’è un bambino piccolo borghese in una città del Nord, una città che non conoscevo, con la storia d’Italia e della televisione. Mi interessa, ad esempio, mettere insieme i linguaggi: quella tv fatta dalla Carrà, dalle Olimpiadi di nuoto, da Belfagor, presente già nel libro. Questo magma caratterizza lo sguardo del film.

Come si è comportato Gramellini rispetto alla scrittura della sceneggiatura?

E’ stato un signore, non si è mai inserito. Il romanzo copre 30/40 anni di una vita, qui bisognava trovare dei punti sintetici. Io sono fuori dall’attualità sociale, anche se sui giornalisti ci sarebbe molto da dire, ci sarebbe da fare un film sulla vostra tragica professione, sulla vostra superficialità. La dimensione disumana, l’afferrare il presente, il giornaliero. Nel film tutto questo è sintetizzato nella scena in cui Massimo ha la fortuna di trovarsi dentro a una vicenda di Tangentopoli tragica e poi nella scena di Sarajevo dove un fotoreporter sta fotografando un bambino accanto alla madre morta.

Davvero pensa questo dei giornalisti?

Siete obbligati a correre dietro all’attualità. Io vado nella direzione opposta che ha bisogno di tempo per riflettere, per approfondire, voi siete costretti a scrivere la prima cosa che vi viene in mente. Numerosi miei film sono stati capiti dopo: L’ora di religione, Il principe di Homburg, Buongiorno, notte.

Cosa sente di avere in comune con l’autore del romanzo lei che va nella direzione opposta a questa superficialità esibita?

Abbiamo sensibilità diverse, ma ho intravisto nella sua storia qualcosa che mi apparteneva profondamente. Anche in una storia così lontana, grazie all’esperienza e la maturità, si riescono a trovare connessioni, qualcosa che ti riguarda. C’è il rapporto con la madre che è opposto e complementare a quello della madre de I pugni in tasca, buttata nel burrone, perché qui c’è una madre santificata. Alessandro de I pugni in tasca uccide perché la madre non gli dà nulla, è cieca, qui abbiamo un altro assoluto, un rapporto di simbiosi.

Ha avuto pressioni produttive?
E’ un film molto sentito e realizzato in sostanziale totale libertà. Beppe Caschetto ha molto potere ma non ha imposto niente. Ho scritto la sceneggiatura con Edoardo Albinati e Valia Santella ed è stato complicato. Ci sono episodi aggiunti rispetto al libro, come quello dell’incontro con un uomo potente nei giorni di Tangentopoli, interpretato da Fabrizio Gifuni. Altri aspetti vengono dal romanzo, come la passione per il Torino e per Belfagor. Comunque mi assumo tutte le responsabilità di questo film.

L’episodio della risposta al lettore che odia la madre come l’avete affrontato?
La lettera del film è diversa da quella del libro. Massimo è sincero nel rispondere ma al tempo stesso ha paura di aver esagerato col sentimentalismo e soprattutto è ansioso di sapere cosa la donna amata pensi della sua lettera, che viene criticata da un vecchio redattore. Nel film assistiamo a questo incontro con lei a una festa, è un passaggio che ha una sua ambiguità.

Il rapporto con la madre è comunque una condanna per ognuno di noi.

Non ho conosciuto nessuno che mi avesse detto ‘adoro mia madre, è perfetta’. Ma il movimento all’interno del film obbliga al tentativo di cambiare, di essere diversi. Anche in Buongiorno, notte la ragazza interpretata da Maya Sansa mi interessava per dare il senso del cambiamento, di un’uscita dalla passività rispetto alla propria condizione.

Cosa pensa della collocazione nella Quinzaine? Avrebbe preferito il concorso?
Non rispondo sul concorso. Entriamo in un discorso molto piccolo e io mi tiro fuori dal gioco. Per fortuna il film uscirà in autunno e ci sarà tempo di fare tesoro delle reazioni avute qui.

Cristiana Paternò
12 Maggio 2016

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