Nicolas Winding Refn: Io, regista del futuro

The Neon Demon, l’horror cannibalico ambientato nel mondo della moda, dopo il passaggio a Cannes – dove è stato accolto tiepidamente dalla critica – arriverà nelle sale l'8 giugno.


La distribuzione è frutto della collaborazione tra Koch Media  e Lucisano Media Group che, attraverso la sua controllata Italian International Film, ha acquisito l’esclusiva per l’Italia del film del regista danese. Alla conferenza stampa di presentazione, dove lo accompagna la bellissima protagonista Elle Fanning, il regista appare nervoso e pronto a scattare, forse perché ha percepito un’accoglienza non propriamente positiva per la pellicola, che comunque ha il merito di rompere gli schemi e lasciare  una traccia da seguire per il cinema indipendente ‘del futuro’.

E’ una pellicola piena di meraviglia, ma anche molto sanguinolenta. Si può definire una sorta di ‘Alice nel paese dei vampiri’?

Io non faccio film, faccio esperienze. Ci sono tante cose che poi i singoli ci possono leggere dentro. Io posso dire che ho voluto fare un film horror, sexy, bello, fantastico, volgare e tutto quello che si può mettere in un’esperienza. Volevo che risultasse vero, ed è un mio sogno personale: immaginare come sarei io stesso se fossi una teenager dotata di così tanta bellezza, quando invece sono nato maschio e nemmeno troppo bello.

Il film è pieno di simboli, ad esempio il triangolo… è un riferimento sessuale?

E’ il simbolo del ‘neon demon’, indica sensibilità. Inoltre avevo molto presenti i tarocchi, in particolare la lettura che ne fa Jodorowsky. Ero in contatto con lui via Skype durante le riprese e me li leggeva costantemente.

Si fa sempre più forte il suo legame con il musicista Cliff Martinez…

E’ diventato un po’ l’anello mancante tra me e il pubblico. Abbiamo una partnership molto forte, abbiamo lavorato insieme su talmente tante cose… compreso il documentario di mia moglie. Ormai è uno di famiglia, ci vede in pigiama. Lui con la sua musicalità fa funzionare tutto. Parliamo della musica ma poi quando ho finito il film gli do carta bianca, gli dico ‘fai quello che vuoi’.

The Neon Demon ha diviso la critica. Continuerà ancora su questa strada in futuro?

Nella mia vita ci sono due cose: il lavoro e la famiglia. Come dire l’amante e la moglie. Posso promettere che farò più film che posso, amo l’atto creativo e ho sempre guardato al futuro. Anzi, faccio film per il futuro. Oggi il modo di fare cinema di dieci anni fa, così controllato e razionale, è obsoleto.

E com’è il cinema, oggi?

Molto si regge sui blockbuster e i film di super-eroi, che spesso poi si rivelano anche capolavori di arte visiva. E’ una macchina enorme, che trascina tutto. Non c’è più un’élite che controlla tutto alla radice, oggi con la rivoluzione digitale tutti possono esprimersi, e io penso già in questo modo. Classicismo contro modernità.

E la tv? Non avrebbe dovuto dirigere un serial su Barbarella?

The Neon Demon è già il mio Barbarella, per cui direi che ora quel progetto non serve più. Proprio con Lucisano stiamo lavorando a un progetto che si chiama Les Italiens, e poi ho altre cose in ballo negli USA, ma la tv richiede assai più tempo del cinema.

Perché ha voluto trattare il tema della bellezza?

E’ qualcosa su cui tutti abbiamo un’opinione, è un tema ricorrente anche nelle favole, che si intenda come purezza, verginità o aspetto fisico. Tutti la possono capire, anche toccare. Tutto nel film si incentra attorno alle donne, i personaggi maschili sono come le donne negli altri film, servono solo a far andare avanti la storia, rappresentando di volta in volta, il controllo, oppure la normalità, o l’ansia del sesso e della penetrazione.

E’ di qualche giorno fa la notizia di un suo coinvolgimento nel remake di Cosa avete fatto a Solange?, un giallo italiano anni ’70 molto amato. Ma forse in The Neon Demon c’è anche un po’ di Dario Argento?

Non capisco perché abbiate la smania compulsiva di trovare sempre qualcosa dietro a qualcos’altro. Perché ci perdete così tanto tempo?

Ok, cambiamo argomento. Ha mai pensato di scrivere o dirigere un’autobiografia?

Sono così preso da me stesso e dal mio lavoro che non sarei capace di farlo. O meglio, l’ho fatto, ma usando un altro personaggio, che era Bronson. Però mi piace leggere biografie.   

A questo link il nostro pezzo sul film da Cannes.

Andrea Guglielmino
06 Giugno 2016

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