Violante Placido: “Il porno fa paura. Parola di Moana”

L'attrice è alla Mostra di Pesaro in veste di cantante per il concerto di mezzanotte a Palazzo Gradari. E sulle polemiche riguardo al corto porno: "Al cinema non devono esserci limiti espressivi"


PESARO – Arriva da Riccione, un po’ in ritardo per un incidente stradale, per fortuna lieve. Con lei il figlioletto Vasco (in onore di Vasco da Gama) di due anni e mezzo e la sua band di tre elementi. Violante Placido è alla Mostra di Pesaro in veste di cantante, il Concerto di Mezzanotte a Palazzo Gradari è tutto suo. Anzi di Viola, così si chiama il suo alter ego musicale e il nome fa bella mostra anche su un ciondolo che porta al collo. In scaletta per l’evento, molto atteso, brani del suo album Sheepwolf, che include il singolo We Will Save the Show e poi un paio di pezzi dal primo cd. “Riuscire a cantare in un festival dove si racconta il cinema sembra il modo migliore per unire due mondi fantastici, due grandi forme d’espressione artistica”, dice entusiasta e le si illumina il volto. Pesaro segna il debutto di un piccolo tour estivo che toccherà anche altri festival di cinema, spesso a cavallo tra due mondi. 

E’ la sua prima volta alla Mostra di Pesaro?

Sì, e sono felicissima, è una città d’arte e il programma della Mostra mi affascina, peccato che resterò poco.

Come nasce Viola?
La musica è stata una mia grande passione fin da bambina. I fratelli di mia mamma, giovanissimi, ascoltavano tanta musica degli anni ’80 e io già a 8 anni ero innamorata, ricordo ancora il mio primo concerto, degli Eurythmics. Però l’idea di creare il mio mondo con la musica è scattata tardi.

Cosa le dà la musica?

E’ un linguaggio che ti permette di sentirti capito nelle tue emozioni intime, senza dover dire niente a nessuno. La musica è terapeutica, liberatoria. Mi piace cantare, ballare e cazzeggiare con gli strumenti. Ho iniziato a suonare la chitarra così e nel 2006 ho fatto il mio primo disco, Don’t be shy.

C’è qualcosa in più rispetto al cinema?
Mi completa ma non penso di dover scegliere. Certo, la musica ti dà un’autonomia che il lavoro di attrice non ti può dare. Per me è un luogo dove ritrovare me stessa a prescindere dalla carriera. Non scrivo i miei brani per calcolo, ma lascio che sia l’inconscio a esprimersi, anche attraverso i sogni. E quasi sempre mi vengono testi in inglese.

Invece la recitazione?
Anche quello di attrice è un lavoro meraviglioso e anche lì cerco la sfida.

Come nascono i suoi brani?

In molti modi. Uno me l’ha ispirato il libro di Vera Gemma Le bambine cattive diventano cieche, un altro è una cover della sigla di Twin Peaks scritta per gioco per Horror Channel. Un altro brano me l’ha commissionato Luca Argentero per il suo film Cose cattive, e siamo arrivati addirittura alla candidatura ai Nastri d’argento.

Le piacerebbe fare un musical?

Sì, ma un musical contemporaneo, uno anni ’50 lo vedo anacronistico.

Ha da poco finito di girare 7 minuti diretta ancora una volta da suo padre Michele dall’opera teatrale di Stefano Massini.
E’ la storia di undici operaie che discutono se sacrificare 7 minuti della loro pausa pranzo quotidiana per salvare il posto di lavoro. Nel cast ci sono Ambra Angiolini, Fiorella Mannoia, Cristiana Capotondi, Ottavia Piccolo… Io sono una lavoratrice disabile, in seguito a un incidente in fabbrica. E’ un film corale, siamo sempre tutte in scena. Un film denso, elettrico, che racconta le molteplici sfaccettature di queste donne, la grinta, la rabbia, la fragilità, il dolore. Mi ha sorpreso perché ha una matrice pop, che ti coinvolge anche se non ti frega niente del sociale. Parla di dignità, di diritti, è qualcosa che ci tocca tutti profondamente. E poi ci vedrete come non ci avete mai visto, patina zero, senza trucco.

Magari lo vedremo a un grande festival?
Chi può dirlo… Magari.

Con Fiorella Mannoia avete parlato di musica?
Lei mi ha detto che vorrebbe sentire quello che faccio. Ma non mi fermavo molto dopo le riprese, non vedevo l’ora di correre da mio figlio Vasco.

Sa che domani qui alla Mostra proietteranno un porno d’autore di Monica Stambrini, Queen Kong, che già fa molto discutere. Cosa ne pensa lei che è stata Moana nella fiction di Sky?

Mi incuriosisce. Perché no? Forse spaventa un po’ perché il nostro paese è molto cattolico. Ma io credo che nel cinema non debbano esserci limiti espressivi.

Lei come si è sentita nei panni di Moana? Era a disagio?

Devo lavorare su me stessa per portare la nudità al cinema, devo convincermi che c’è un personaggio che voglio raccontare e di cui sono innamorata. Ho pudore a mettermi a nudo fisicamente e anche emotivamente. Ma l’importante è non sentirsi strumentalizzata. Ero entrata nella testa e nel mondo di Moana ed ero tranquilla. Lei viveva la sua sessualità in maniera virile, non era una bambolina. 

Cristiana Paternò
07 Luglio 2016

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