Valerio Mastandrea: “Fare squadra per sostenere il buon cinema italiano”

Agli Incontri del Cinema d'Essai ritira il premio come miglior produttore dell'anno per "Non essere cattivo": abbiamo incontrato l'attore, protagonista di "Fai bei sogni" di Marco Bellocchio


MANTOVA – Agli Incontri del Cinema d’Essai Mastandrea ritira il premio per aver prodotto Non essere cattivo. Sarà inoltre produttore anche del nuovo film di Duccio Chiarini L’ospite. “Mi fa molto ridere ricevere questo premio come produttore: è un termine abusato per me, sono stato solo l’avanguardia di un battaglione che doveva trovare qualcosa per campare”. Schietto, diretto, con la battuta sempre pronta, Valerio Mastandrea riceve il riconoscimento come produttore dell’anno per il suo lavoro in Non essere cattivo. Un premio che gli fa senz’altro piacere, anche se – ci tiene a sottolineare – “la vera produzione è stata Kimera Film: il mio era più un lavoro di presenza, mi sono occupato dell’editing per il finale, ho seguito tutta la squadra passo passo…”

Continuano a fioccare premi per Non essere cattivo. Una bella soddisfazione, no?

Uno dei premi più belli è stato vedere un diciottenne che ha fatto stampare sul muro della sua cameretta l’immagine di Luca Marinelli e Alessandro Borghi che ridono, come fosse carta da parati. Mi commuove molto, penso che a Claudio avrebbe fatto piacere sapere che il suo senso di cinema arriva anche alle nuove generazioni.

La lezione che vi ha lasciato Caligari sembra essere stata proprio un senso di banda, la voglia di “fare cinema insieme”.

Non ho ancora capito quale lezione ci abbia lasciato, di certo siamo uniti e abbiamo voglia di fare altri progetti insieme. Lo definiamo un “fare cinema con una motivazione anni 50”, quando si ricostruivano insieme le cose sulle macerie. E’ un paragone forte, anche se le macerie ci sono anche oggi, e da un po’. Però c’è anche chi fa bei film, li combatte, li protegge, li promuove ma promuove pure quelli degli altri. I film vanno accompagnati tutti insieme, anche quando non ti riguardano.

Il cinema italiano sta vivendo un momento di grande vitalità: cosa manca?

Il pubblico ha ricominciato a ridare fiducia al nostro cinema, grazie a film come Non essere cattivo e Lo chiamavano Jeeg Robot. Manca il coraggio dei produttori, manca il coraggio di dire che i veri problemi del cinema italiano oggi stanno nella distribuzione, nella chiusura delle sale e in certe dinamiche a cui devi sottostare, che sono da combattere. Serve una lotta comune da ogni lato: agenti, uffici stampa, giornalisti, occorre cambiare modo di promuovere film, magari un programma di cinema in tv in prima serata, ce ne sono tante di cose da fare.

Intanto si sta occupando della produzione del nuovo film di Chiarini: ce ne parla?

Anche lì si tratta di un metterci la faccia: Duccio non è un esordiente, è un regista molto in gamba. Non sarò il protagonista del film, non avendo più trent’anni, purtroppo. Ormai mi affidano solo ruoli da padre separato… tra un po’ farò il nonno (ride, ndr).

Ma come, in Fai bei sogni di Bellocchio si cimenta in una scena di ballo scatenato…

Che risate a ripensarci! Il bello è che non ho mai ballato di fronte a nessuno, a parte Rugantino. Splendido lavorare con Berenice Bejo, un’attrice tra le migliori in assoluto. Seguiva ogni minima indicazione di Bellocchio, ogni singola sfumatura, io a volte mi distraevo a guardarla per quanto era brava.

Bellocchio ha sottolineato la forza del suo sguardo malinconico: ne è consapevole?

Eccome, al cinema muto sarei andato alla grande! La malinconia c’è, l’importante è che non diventi una protezione, sul lavoro come nella vita. Non mi dispiacerebbe fare una commedia brillante: l’ideale sarebbe poter mantenere quel velo di tristezza sul volto, tanto per non perdere l’abitudine.

 

Claudia Catalli
09 Ottobre 2016

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