Riccardo Milani: “I figli? prendili tu”

Basato sul francese Papa ou Maman di Martin Bourboulon, il film interpretato da Paola Cortellesi e Antonio Albanese, uscirà il 14 febbraio con Medusa


Un divorzio consensuale che diventa una guerra dei Roses, senza esclusione di colpi, per… evitare la custodia dei figli. E’ il plot di Mamma o papà?, la commedia con Paola Cortellesi e Antonio Albanese nel ruolo di due coniugi con tre figli pestiferi. Lei ingegnere, lui ginecologo con una bella villetta in quel di Treviso, i due hanno deciso di separarsi dopo quindici anni di matrimonio. Sono d’accordo su tutto – alimenti, spartizione delle proprietà, tempistica – ma quando entrambi ricevono una grande occasione professionale che li porterà per parecchi mesi all’estero, lei in Svezia e lui in Africa, la priorità diventa affibbiare all’altro coniuge Mattia, Viola e Giulietto. Costi quel che costi. “Una grande storia d’amore e una commedia divertente sulla famiglia che ha l’onestà di affermare che non sempre i figli sono il collante, ma spesso sono motivo di lite e di divisione”, dice Riccardo Milani (Benvenuto presidente!, Scusate se esisto!) che ha scritto la sceneggiatura, insieme a Giulia Calenda e alla moglie Paola Cortellesi, basandosi sul francese Papa ou Maman (2015) di Martin Bourboulon con Marina Foïs e Laurent Lafitte, un successo da due milioni e 700mila spettatori oltralpe. Prodotto da Wildside con Medusa, Mamma o papà? uscirà il 14 febbraio, per San Valentino. ”Questo non è un film comico ma una commedia con un grandissimo fondo di verità – spiega Paola Cortellesi – a volte i figli hanno con i genitori un rapporto squilibrato, se ne mangiano le vite, facendo di mamma e papà i loro schiavi.Qui poi i due protagonisti raggiungono un punto di non ritorno, che è da galera, pur di convincere i ragazzi a scegliere l’altro genitore”. Per Antonio Albanese, che con la coprotagonista sarà anche a Sanremo (“canteremo una nostra canzone, puntiamo a vincere”, scherza), ”il film è a suo modo un omaggio alla famiglia. Questi due pazzi genitori sviluppano in modo folle desideri che molti padri e madri hanno, dedicarsi un po’ di più a se stessi”. E Albanese, che sta preparando un nuovo film da regista intitolato A casa, on the road da Milano al Senegal sul tema dei migranti, aggiunge: ”Sul set c’era tanta gioia, anche perché abbiamo avuto modo di provare a lungo. Io sono abbastanza meticoloso, Paola ancora di più”.  In Francia il film ha avuto un sequel e anche in Italia potrebbe esserci un Mamma o papà? due. Nel cast anche Anna Bonaiuto, Carlo Buccirosso, Roberto De Francesco, Stefania Rocca, Claudio Gioè, Matilde Gioli e i tre figli: Luca Marino, Marianna Cogo e Alvise Marascalchi. 

Perché avete scelto di fare il remake di Papa ou Maman?

L’idea di fondo è andare a toccare la famiglia. In Nord Europa hanno una cultura diversa dalla nostra, in Italia questa storia ha un valore in più perché non è banale dire quanto la famiglia italiana sia condizionata dai figli e quanto i figli siano spesso non un collante ma un motivo di separazione, di malumori, di rapporti laceranti.

Come avete lavorato all’adattamento?

Per me, Paola e Giulia Calenda il lavoro di scrittura è stato quello di cercare di adattare la storia, oltre che i dialoghi e le situazioni. Come dicevo prima, il peso di un divorzio e di un rapporto conflittuale in Francia è diverso da quello che può avere in Italia.

Nel film ci sono anche molti riferimenti al sessismo, sia nell’ambiente di lavoro, dove una donna capo ingegnere è malvista e penalizzata, che nella società in generale, con le battute sulle milf o l’idea che una quarantenne con tre figli sia finita sentimentalmente.
Per una donna la vita di coppia comporta delle difficoltà in più, sia sul lavoro che nel privato, è persino banale dirlo. In parte l’avevamo già raccontato con Paola in Scusate se esisto!, dove una donna si fingeva addirittura uomo per riuscire a fare il proprio mestiere. La coppia di Mamma o papà? è molto avanti, sono due persone perbene, evolute, con una bella professione e vivono in una provincia molto ricca, eppure non mancano contraddizioni e problemi.

Perché avete scelto Treviso come location del film?
Abbiamo cercato una città del Nordest in cui spesso la qualità della vita è altissima, sono posti che stanno sempre in cima alle classifiche, proprio per ambientare la vicenda nel benessere. E poi c’è un precedente affettivo che è il meraviglioso film di Pietro Germi, Signore & Signori, un film sottovalutato, che io amo moltissimo. La provincia è interessante anche perché è la culla dei problemi e il cuore di questo paese. E’ il luogo dove si fanno i numeri veri: gli esercenti fanno i conti sulla provincia, i partiti fanno i conti sulla provincia… Conoscere la provincia vuol dire conoscere il paese fino in fondo.

Albanese e Cortellesi non avevano mai lavorato insieme.
Mettere insieme questi due fuoriclasse è stata una grandissima soddisfazione e lo dico innanzitutto da spettatore. Sono due attori interessanti che hanno fatto un percorso per certi aspetti sovrapponibile, tra teatro, televisione e cinema. Hanno in comune un modo di usare il corpo che è tipico dei grandi attori. Hanno fatto parodie, hanno inventato personaggi, ma sono anche in grado di interpretare. Metterli insieme è uno dei valori del film.

Tra l’altro recitano con un leggero accento veneto.

È una coppia nata lì, i tre ragazzi sono di quella zona, l’unico percorso possibile era quello di prendere la cadenza veneta. Del resto Paola lo fa sempre, ha spaziato dal veneto all’abruzzese al romano. Non mi piacciono i film dove si racconta una regione ma gli attori parlano con altri accenti senza un motivo narrativo preciso.

Parlando di commedia in generale, dopo il sovraffollamento delle feste e i risultati al di sotto delle aspettative, si impone una riflessione sul rapporto con il pubblico. Ci avete pensato?
Io penso che i film si dividano in belli e brutti e questo vale per tutti i generi. Sul pubblico va fatta una riflessione generale, non limitata alla commedia. Intanto il cinema non è più la sala, c’è un modo diversificato di vedere i film e credo che questo sia anche un bene. Comunque penso che sia sbagliato giudicare i film sulla base degli incassi. La vera riflessione va fatta sulla qualità, sulla diversificazione dei generi, sugli attori, sull’investimento complessivo. Fare bene il proprio mestiere significa avere un grande rispetto per il pubblico, che del resto può non gradire anche cose di qualità. Se poi qualità e spettatori si incontrano avviene una magia, come per Perfetti sconosciuti, un film di grande misura, ottima qualità complessiva di messinscena e grande cast che ha avuto anche molto successo. 

Cristiana Paternò
03 Febbraio 2017

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