Laura Bispuri: “Una bambina per due madri”

La regista di Vergine giurata è a Berlino per partecipare al Co-Production Market, dove ha portato il suo nuovo progetto Daughter of Mine, in estate sul set


BERLINO – Il suo nuovo progetto – titolo internazionale Daughter of Mine – era al Co-Production Market, il mercato berlinese delle coproduzioni, occasione per pitch e scambi internazionali. Lì sono stati assegnati tre premi in denaro, tra cui l’Eurimages Co-Production Development Award (con una dotazione di 20.000 euro) che è andato a The Wife of the Pilot di Anne Zohra Berrached prodotto dalla tedesca Razor Film Produktion. Ma soprattutto lì c’è stata l’occasione per i produttori di 36 futuri lungometraggi di incontrare potenziali coproduttori e distributori internazionali nel giro di quattro giorni intensi di meeting. Marta Donzelli di Vivo Film riparte con un accordo per finanziare l’opera seconda della regista romana, che proprio qui a Berlino trovò con Vergine giurata la strada del concorso nel 2015. “Il 70% del budget è finanziato da capitali italiani – ci racconta la produttrice, al lavoro anche sulla nuova opera di Susanna Nicchiarelli Nico 1988 con Trine Dyrholm – con il contributo del MiBACT e della Regione Sardegna. Poi ci sono i partner internazionali che erano già in Vergine giurata, come Match Factory che si occuperà delle vendite internazionali ed è entrata in coproduzione e come gli svizzeri di Bord Cadre, mentre un’altra partecipazione europea è uscita proprio da queste giornate e sarà presto siglata”. 

Laura, com’è tornare a Berlino due anni dopo?

Una stretta al cuore e una grande emozione. Sono stati per me due giorni di incontri fitti, circa 27 pitch con produttori e distributori da tutto il mondo, in questa vetrina di altissimo livello. Sono incontri interessanti anche perché rappresentano un test, un momento in cui vedi le reazioni di persone così diverse. Siamo arrivati con molto materiale dei due anni di preparazione, foto delle location, della bambina protagonista che abbiamo già scelto. In incontri di mezz’ora, insieme a Marta Donzelli, dovevamo riuscire a raccontare il succo del film: abbiamo avuto tanti feedback positivi. Chiaramente il terreno era fertile perché molti avevano visto e apprezzato Vergine giurata.

Parliamo del progetto.
E’ ambientato nella Sardegna contemporanea, sulla costa occidentale. E’ la storia di una bambina di 9/10 anni che vive un’esistenza tranquilla con il papà e la mamma. E’ felice e ha un rapporto molto forte con la madre, ma ha in sé qualcosa che non le torna. Per una serie di vicende inizia a frequentare una donna che abita a 3 km di distanza, in aperta campagna, e nasce con lei un rapporto fortissimo. Piano piano scoprirà che è la sua vera madre. Così nasce un triangolo tra questa bambina e le due mamme, lei si sente profondamente divisa, perché è legatissima alla madre che l’ha cresciuta ma è attratta da quest’altra donna. Il film è raccontato da tre punti di vista e mostra come loro si contendono l’amore della figlia.

Avrà uno stile simile a Vergine giurata?

E’ un mèlo e sarà più caldo rispetto al mio primo film, vorrei ampliare l’empatia emotiva col pubblico. E’ una storia che al suo interno contiene tante domande.

Vi siete ispirati a un romanzo, a una storia vera?

E’ una storia originale che ho scritto con Francesca Manieri, la collaboratrice con cui avevo lavorato anche ai miei corti e a Vergine giurata. Contiene tante domande contemporanee sulla maternità e tante esperienze vissute, molti trovano risonanza personale in questa vicenda. E’ una storia universale. 

Il rapporto col territorio sembra essere di nuovo molto importante.

Ci sono un elemento arcaico e uno contemporaneo che si contaminano. In Vergine giurata questi due blocchi erano separati, nella parte albanese e in quella italiana, qui l’idea è di mescolarli. 

Vi siete documentate sull’argomento dell’adozione?
Esistono molte riflessioni sulla maternità perfetta e imperfetta. Una lettura stimolante è stata quella del libro La figlia dell’altra di Amy Homes. Ho accumulato molte ricerche anche sulla Sardegna, come per l’Albania ho avuto la necessità di fare un viaggio in questo territorio.

Avete già scelto il cast?
Ci saranno due attrici importanti nel ruolo delle madri, ma non posso ancora parlarne. 

E’ riuscita a vedere qualche film al festival?
Purtroppo non sono riuscita a vedere niente, vado via con questa fame. E molti di questi film in Italia non arriveranno.

Cosa le piace di questo festival?

Respiro sempre una qualità alta, anche dai discorsi di Dieter Kosslick. Mi piace il suo lato politico, non facciamo solo cinema ma cerchiamo di riflettere, è una cosa che anche io cerco di impormi sempre.

In concorso quest’anno ci sono tantissime autrici, da Sally Potter a Ildyko Enyedi, da Agnieszka Holland a Teresa Villaverde, e comunque l’attenzione rivolta alle autrici è sempre molto alta.
E’ vero, anche al Co-Production c’era una cura esplicita di questo aspetto. Sono stata invitata quest’anno al Festival di Les Arcs, dove avevano scelto dieci registe europee. Ero l’unica italiana. Hanno presentato uno studio approfondito sulle autrici europee da cui risultava che l’Italia è all’ultimo posto, dopo la Turchia. C’è però una buona percentuale di slancio, un cambiamento in atto. Non ne faccio una bandiera, non sono neanche favorevole alle quote, ma indubbiamente se fotografiamo la situazione, si nota una carenza. L’unica zona dove c’è una netta evoluzione positiva è il Nordeuropa che ha varato politiche specifiche su questo aspetto. Occorre fare una riflessione. 

Cristiana Paternò
14 Febbraio 2017

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