Martin Provost: “Io e le due Catherine”

Quello che so di lei di Martin Provost, visto alla Berlinale e ora nel cartellone dei Rendez-Vous, mette insieme per la prima volta sul grande schermo due straordinarie Catherine, Frot e Deneuve


Una donna che dà la vita e una che si avvicina alla morte. La prima, ostetrica, è triste, diffidente e ipercontrollata, la seconda, ex amante del padre dell’altra, è irriverente e incontenibile, un’esplosione di vitalità. Il film di Martin Provost, visto alla Berlinale e ora nel cartellone dei Rendez Vous, mette insieme per la prima volta sul grande schermo due straordinarie Catherine – Frot e Deneuve – in Quello che so di lei (in originale Sage femme, ovvero “ostetrica”) per una storia che fa ridere e commuove insieme. Accanto a loro anche un inedito Olivier Gourmet (Il ministro), nei panni di un camionista sexy che seduce Catherine Frot. Quello che so di lei sarà al cinema con Bim Distribuzione dall’11 maggio.

Come nasce Quello che so di lei? So che c’è un elemento autobiografico.
È vero, c’è un elemento autobiografico, anche se poi lo sviluppo della storia è tutta un’altra cosa. Sono stato salvato da un’ostetrica alla nascita: avevo bisogno di una trasfusione, mio padre si affannato per la città tutta la notte alla ricca del sangue giusto, quello di mia mamma non era compatibile. L’ostetrica aveva il mio stesso gruppo sanguigno e fu lei a donarmi il sangue, salvandomi la vita. Conoscevo questa storia fin da piccolo, ma in modo un po’ vago perché i miei non volevano turbarmi. Due anni fa mia madre me l’ha raccontata per bene e ho voluto cercare la donna che mi ha salvato, senza successo. Alla fine ho fatto un film per omaggiarla.

Mentre scriveva la storia pensava a Deneuve e Frot?
Sì ho scritto il film pensando a loro e anche a Olivier Gourmet, per fortuna mi hanno detto tutti e tre sì.

Non ci saremmo aspettati di vedere Gourmet nei panni di un camionista sexy…
Pensavo che funzionasse bene vicino a Catherine Frot, creano una bella energia insieme.

Come si dirige Madame Deneuve, che esperienza è?
Catherine Deneuve è una donna libera e indipendente, bisogna rispettare il suo approccio. Tendeva a rimettere tutto in discussione, ma era sempre per il meglio. A un certo punto ho capito che dovevo mollare la presa, diventare più flessibile e grazie a lei ho reinventato il mio modo di dirigere gli attori. Credo di essere migliorato io stesso.

Nel suo film c’è una meraviglioso filo che lega la vita alla morte…
Ho un’amica simile al personaggio di Deneuve. È anziana ma non perde occasione per rubare qualcosa alla vita, per cogliere i momenti migliori. C’è chi si lamenta sempre e vede tutto nero e chi trova ogni scusa per essere allegro.

Con Sage femme si ride e si piange insieme, come nella migliore tradizione della commedia all’italiana. Quali erano i suoi punti di riferimento?
Adoro il cinema italiano, contiene una specie di gioia mediterranea in cui la vita e la morte si mescolano, non si distinguono più il riso, il sarcasmo e la crudeltà. Tra i miei grandi punti di riferimento ci sono Dino Risi ed Ettore Scola, ma anche Fellini e Rossellini, sono stati importantissimi per me da giovane, nella mia formazione. Per questo film non avevo la precisa volontà di andare nella loro scia, ma evidentemente è qualcosa che ho molto interiorizzato.

Qual è il suo prossimo progetto?
Sto per fare un film su un pittore senzatetto: è la storia vera di un personaggio straordinario che mi è stata proposta dal mio produttore.

Michela Greco
05 Aprile 2017

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