Eros Puglielli: “Mi ribello al conformismo del cinema italiano”

A Bologna abbiamo incontrato il regista romano che esordì nel 1994 con il sorprendente Dorme e che sta per tornare al cinema con due progetti


BOLOGNA – Il tormentone “Dorme, Anna, dorme” è rimasto nella memoria di chiunque abbia visto il film cult di Eros Puglielli, anche a quasi venticinque anni di distanza. Adesso è il Future Film Festival, nell’ambito della retrospettiva “Apocalissi a basso costo” (leggi la nostra intervista a uno dei curatori), a riproporre questo piccolo grande cult, autoprodotto nel 1993, circolato in modo semi clandestino attraverso vhs riprodotti artigianalmente (era ancora l’epoca dei videoregistratori), rinato in pellicola nel 2000 quando venne distribuito in sala, rinato ancora una volta a nuova vita nel 2012 grazie a Distribuzione Indipendente.

Dorme
è l’esordio folgorante di un diciannovenne romano che trasforma in cinema acido e grottesco, disturbante e amaramente comico, esperienze di vita molto semplici: Ruggero è un ragazzo della periferia troppo basso per poter stare con la fidanzata Anna, che nella prima scena lo lascia proprio con questa motivazione. Da qui parte la sua peregrinazione, insieme all’amico Michele, per tentare di riconquistarla. Inutile telefonare perché è la madre a rispondere al telefono annunciando che “Anna dorme”. Impossibile citofonare, perché le Case Popolari, dove la ragazza vive, sono assediate da un teppista psicopatico e violentissimo affetto da sdoppiamento di personalità. Insomma, in incubo in cui i mostri sono gente normale, dal padre che mangia carne cruda annaffiata col latte all’amico che si impasticca di Monaco 2… E il festival bolognese ha riproposto anche un altro lavoro di Puglielli, Il pranzo onirico (1996), che con gli stessi interpreti (Cristiano Callegaro e Anna Bastoni a cui si univa, tra gli altri, Remo Remotti) affonda ancor più sul versante horror con quei figuri neri che inseguono Luca nei suoi incubi: ventenne aspirante artista si addormenta durante un surreale pranzo della domenica con i parenti “brutti, sporchi e cattivi” della sua ragazza. 

Puglielli, a 24 anni di distanza, cosa ricorda dell’exploit di Dorme?
Ricordo il messaggio di Nanni Moretti nella segreteria telefonica. Durante un trasloco ritrovò il vhs di Dorme, mi chiamò e mi disse, in segreteria, che l’avrebbe visto. Poi mi richiamò per annunciare che lo avrebbe portato a Bimbi belli, la sua famosa rassegna di esordi italiani al Nuovo Sacher. Avevo appena 20 anni, ero ancora al Centro Sperimentale, non mi sembrava vero. Dorme è un film spontaneo, animato di vita propria. Si è auto-distribuito perché le persone se lo passavano di mano in mano, qualcuno lo ha visto perché l’aveva trovato vicino a un cassonetto. Eppure c’è la piattaforma VVVID, specializzata in cinema d’autore con registi come David Lynch e Jodorowsky, che ha aperto con due titoli: Yattaman di Takashi Miike e Dorme

Dopo AD Project, che è del 2005, lei si è dedicato alla fiction televisiva. Una scelta?

Più che altro vicende personali. Ho una figlia a Brisbane, in Australia, la vado spesso a trovare, e la tv mi ha dato molta autonomia. 

Vorrebbe tornare al cinema?
Ci sto già lavorando. Ho due progetti: Può succedere è un film a episodi a basso costo, lo stile è comico e disturbante come nei miei primi lavori. Me lo produco da solo con la Monkey King Pictures perché è una sfida che nessuno accetterebbe. Giro un episodio, poi mi fermo e dopo un po’ giro il successivo. L’altro progetto, molto più grande, è Angry Ghost. Anche questo riprende certe atmosfere di Dorme e Il pranzo onirico. Forse inizierò a girare a settembre.
 
Come si è trovato a lavorare in tv?

E’ stata per me una fase di crescita. Oggi però la tv generalista si è contratta e trovo più interessante una piattaforma come Netflix. La tv mi piace perché può arrivare a tante persone, però poi ci sono tante gabbie. La miniserie Il bosco, ad esempio, era nata horror ma poi è stata tagliata perché su Canale 5 erano andate male altre cose girate con molti effetti speciali. Così ho dovuto togliere pezzi di racconto, le allucinazioni. Il mio lavoro preferito, tutto sommato è Zodiaco, quattro puntate che ho fatto per la Rai. Comunque se contiamo tutte le puntate televisive girate in questi anni ho fatto 41 film.

Qui a Bologna si cerca di ragionare sul fantastico italiano, che è come un fiume carsico nel nostro cinema. Appare e scompare, ma oggi forse potrebbe trovare una diversa visibilità grazie al successo di un film come Lo chiamavano Jeeg Robot. Che ne pensa?

Penso che Jeeg Robot si poteva fare già venti anni fa: c’era il pubblico e c’erano i registi e le idee. Ma ci sono anche le inerzie dei sistemi produttivi e distributivi, ci sono gabbie editoriali che vengono messe davanti al film, ci sono i codici che si radicano nei salotti. Io ne so qualcosa. Non possono nascere eventi forti e nuovi se tutto ciò che esula dal normale è visto con diffidenza. Così si riduce il cinema a piccoli drammi borghesi. I giovani autori per difendersi, per restare a galla, cercano di fare cose normali, si adeguano al conformismo. E’ questo il male del cinema italiano. Mainetti è riuscito perché il film se l’è prodotto da solo. 

Qual è il futuro del cinema italiano?
Sta nel suo passato. Bisogna liberarsi dagli schemi troppo rigidi, i registi devono smettere di essere manager e tornare a creare. 

Cristiana Paternò
05 Maggio 2017

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