Art Spiegelman: “Trump? Nei miei fumetti sarebbe un maiale”

Il celebre disegnatore americano, premio Pulitzer per 'Maus', è a Pordenone insieme alla moglie Françoise Mouly, art editor del New Yorker e fondatrice della rivista satirica Resist!


PORDENONE – Cosa ci fa il celebre fumettista americano Art Spiegelman insieme alla moglie Françoise Mouly alle Giornate del cinema muto? Si gode i film, naturalmente. “I silent movies sono la cosa più vicina al fumetto che io conosca”, ci rivela. L’autore di Maus, la striscia che raccontò l’orrore dei campi di sterminio con storie di topi e di gatti, e che gli valse il Premio Pulitzer nel 1992, oggi ha quasi 70 anni e non smette di essere un intellettuale impegnato e radicale. Dopo l’11 settembre ha realizzato un fumetto L’ombra delle Torri, sempre scavando nei lati oscuri, stavolta dell’America di George W. Bush. Da sempre collabora con la moglie, parigina di nascita, sposata nel ’77. Con lei – art editor del New Yorker – ha fondato e diretto la celebre rivista Raw (che tra i suoi collaboratori annoverava anche l’italiano Lorenzo Mattotti). Con lei (e con la figlia di entrambi Nadja Spiegelman) ha creato ora un’altra rivista in prima linea, Resist! una collezione di fumetti satirici contro Trump. Una rivista che è stata distribuita gratuitamente durante l’insediamento del nuovo presidente e la Women’s March di Washington.

“All’inizio non pensavo di dover andare alla manifestazione delle donne, essendo un uomo, ma poi mia figlia mi ha fatto notare che erano invitati anche tutti i maschi che sono in grado di prendere ordini dalle donne e io, in questo, sono uno specialista”. Françoise, seduta accanto a lui, ci racconta che la rivista è nata proprio dalla frustrazione per la mancata elezione di una donna alla presidenza: “Ci siamo sentite scippate e la nostra reazione è stata quella di fare un magazine solo di donne anche se c’è anche qualche uomo che collabora con noi, come Art. Abbiamo ricevuto centinaia di disegni attraverso internet da persone di ogni razza, età e orientamento sessuale. Così abbiamo creato un’edizione a stampa con oltre cento tra fumetti e tavole singole. Durante la marcia delle donne ne abbiamo distribuite 58mila copie, tutte gratuite. Un secondo numero è arrivato il 4 luglio per la festa nazionale. La rivista non costa niente, si basa interamente sulle donazioni perché regalare qualcosa gratuitamente oggi in America è l’atto più politico che si possa fare: è free come dovrebbe essere l’America”.

Art Spiegelman, è la prima volta che viene a Pordenone alle Giornate del muto?

Sì, anche se conosco il festival da dieci anni e ogni anno cerco di venire. Ho lasciato molte cose importanti in sospeso per venire qui, ma ne valeva la pena.

Ci spiega perché?
Fin da adolescente ho avuto la passione per il muto, andavo a vedere i film degli inizi in un piccolo cinema di San Francisco, gestito da un signore ossessionato, che metteva i suoni e la musica alle pellicole. C’è una grande affinità con i fumetti, è lo stesso modo di raccontare storie, esprimere con i gesti i sentimenti e le emozioni concentrandoli in un’immagine molto semplice.

Cosa l’ha affascinata dei film visti in questi giorni a Pordenone?
La grande varietà di generi: ci sono i documentari sui Masai, le storie drammatiche, i film di avanguardia. Immergersi in questo festival è come immergersi in un sogno. Schatten di Arthur Robinson, per esempio, è il film più pornografico che abbia mai visto, anche se ci sono solo ombre c’è tutto quello che c’è da evocare. E poi è una bella occasione per stare lontano dal mio paese.

Perché dice così?
Avete sentito dire che il nostro governo è un po’ squilibrato, no? Beh, voi avete avuto Berlusconi che è un gangster, ma Trump è un gangster con molte più risorse ed è molto più pericoloso. Spero che i suoi generali non gli diano i codici di sicurezza degli ordigni nucleari. Non sappiamo se questa storia finirà in una commedia pazzoide oppure in qualcosa di molto più grave. In America non c’è mai stata una vera democrazia, ma questo è davvero il culmine, forse è la punizione per aver avuto un presidente nero.

Lei continua a combattere con le arti del fumetto e della satira.
L’arte visiva ha la capacità di andare all’essenziale. Quando vedi qualcosa non puoi più fingere di non vedere. I fumetti sono così forti perché echeggiano il modo di lavorare del cervello e superano le nostre difese razionali. Anche il mio telefono ha le emoticon, che in fondo sono dei piccoli cartoons. Ormai il fumetto fa parte della vita quotidiana.

Lei che ha usato magistralmente gli animali antropomorfi in ‘Maus’, il suo capolavoro, oggi come disegnerebbe Trump? Trump sarebbe un maiale, ma non polacco. Volete sapere perché ho usato gli animali? Non l’ho inventato io. Prima e durante la seconda guerra mondiale la propaganda nazista dipingeva gli ebrei come dei ratti. E anche un bambino sa che i gatti vanno a caccia di topi. Quindi ecco Maus. Anche se gli animali di Maus in realtà sono maschere e le maschere ti permettono di prendere una certa distanza dalle cose oppure di smascherarle. Un fumetto sull’Olocausto, quando l’ho disegnato (il primo volume del graphic novel fu pubblicato verso la fine degli anni ‘80, ndr) sembrava un ossimoro, oggi è diventato addirittura un genere.

Pensa di dedicare un graphic novel all’America di Trump, di realizzare un fumetto per contrastare la xenofobia, la misoginia e l’esclusione sociale?
Sì, sto lavorando sulla situazione attuale, ma è difficile fare un fumetto su qualcosa che è già di per sé un fumetto. L’ideologia di Trump è che c’è una sola razza, quella bianca, e un solo genere, il maschio. Bisogna dire che le stesse cose nella storia appaiono la prima volta come tragedia e la seconda come farsa. Lui è farsa pura. L’unico vantaggio di Trump è che è così incapace di concentrarsi su qualsiasi cosa che potrebbe davvero finire in una farsa. Non è nemmeno in grado di realizzare le sue idee maligne. Gli altri repubblicani, cominciando dal vicepresidente, potrebbero essere ben più pericolosi di lui se ci fosse l’impeachment. 

Cristiana Paternò
04 Ottobre 2017

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