Clotilde Hesme: “Donne, prendete la parola. Ma non sui social”

A France Odeon abbiamo intervistato l'attrice francese, che ha portato al festival Diane a les épaules, opera prima di Fabien Gorgeart. E non si è sottratta all'inevitabile domanda sul caso Weinstein


FIRENZE – Sguardo profondo, occhi verdi e vitrei, perfettamente in armonia con una fisionomia del viso che pare dipinto, scolpito, dai lineamenti gentili ma decisi. L’outfit è sportivo: jeans alla caviglia, felpa nera con cappuccio e mocassino in pelle. E’ così che ci appare la 38enne Clotilde Hesme al Festival France Odeon. Molto amata in patria, muove i suoi primi passi da attrice con Philippe Garrel, che la dirige nel 2005 a fianco del figlio Louis in Les amants réguliers, vincitore del Leone d’Argento a Venezia. La ricordiamo nei panni di Angèle nella complicata storia d’amore Angèle e Tony di Alix Delaporte, che le valse il Premio César come miglior promessa femminile nel 2012. L’occasione del nostro incontro con lei è la più attesa della IX edizione del Festival del cinema francese: l’anteprima mondiale del suo ultimo film da protagonista assoluta: Diane a les épaules, opera prima di Fabien Gorgeart, in uscita in Francia il prossimo 17 novembre. In questa commedia lo sceneggiatore e regista si interessa a un tema molto controverso – la maternità surrogata – affrontandolo con un approccio laico, quasi distante, che sembra voler mantenere sullo sfondo senza prendere posizioni e focalizzandosi sul percorso della sua protagonista. Senza indugi Diane accetta di concepire il figlio dei suoi migliori amici, Thomas e Jacques, coppia omosessuale. In questa circostanza particolare la donna s’innamora di Fabrizio, anche se a tratti pare voglia tenersi a distanza dalle emozioni. Il suo è un personaggio vivace, espressivo che non vuole parlare della condizione che si autoattribuisce. Quello di Gorgeart è un esordio felice, e molto deve alla presenza fisica e recitativa della Hesme sempre in campo, alla quale cuce addosso un personaggio complesso. L’attrice gli dà corpo e anima, lo fa brillare di ironia che riesce bene a trasformare in dramma. Ne parliamo con lei.

Ci descriva Diane in poche parole: chi è veramente? Come affronta la sua scelta?
E’ una donna libera, senza pregiudizi. Non decide di fare un figlio per il desiderio di maternità ma perché lei può avere un bambino mentre i suoi amici, Thomas e Jacques, non possono: l’equazione è molto semplice.

Cosa rappresentano per Diane i tre uomini che le stanno a fianco nel suo percorso?
Con Thomas Diane ha un rapporto fraterno, simbiotico. Il legame che li unisce la rende capace di un grande dono, di un gesto di generosità semplice e limpido. Jacques è la tipica mamma ebraica! Fabrizio è il non-padre del non-figlio che porta in grembo. Crederà infatti di poterne diventare il padre ma l’evolversi del loro rapporto non lo sveliamo…

Diane a les épaules è una commedia caratterizzata da un’intensa componente drammatica e che dà spazio alla maturazione della protagonista. Come ha incarnato questo ruolo di madre non-madre e quanto c’è di Clotilde nel personaggio di Diane?
Non ho vissuto la vicenda di Diane come un sacrificio o un percorso doloroso. C’è sicuramente una forte componente emozionale nella tematica dell’abbandono, e questo si evince in particolare nella scena finale. Durante le riprese ero in una situazione particolare: avevo appena partorito e, per quanto non volessi lasciarmi ispirare da quest’esperienza di vita vissuta, in quanto attrice me ne sono inevitabilmente nutrita. Quella di Diane è una missione con un contraccolpo emotivo notevole, ma rimane una missione.

Il regista ha scritto il personaggio di Diane proprio per lei, perché sapeva di poterle tirar fuori l’energia che le appartiene e che vediamo espressa nel film. Cosa l’ha convinta a dire sì al ruolo?
Conoscevo già Fabien Gorgeart come regista, mi erano piaciuti i suoi corti e desideravo fortemente poter partecipare al suo primo lungometraggio. Poter essere Diane è una fortuna rara, così come trovare un autore uomo di questo talento capace di scrivere un ruolo femminile di tale portata e appositamente per me.  

Cosa distingue Diane dalle figure di donna e madre che ha interpretato in passato? Ne esiste una a cui è più affezionata?
Diane è molto più divertente! Sento di volermi aprire di più alla leggerezza e all’umorismo. E’ stato piacevole averlo fatto con Diane sebbene sia una donna molto malinconica.

Che cosa deve avere una parte femminile per attirare la sua attenzione, per piacerle?
Devo condividere la visione del regista o di chi ha creato il personaggio. Per me non esiste un ruolo valido senza dietro un autore, e un bel personaggio senza un bravo regista non mi coinvolge.

I suoi esordi da attrice con Les amants réguliers e Les Chansons d’amour sono stati segnati da due nomi importanti del cinema francese: Philippe e Louis Garrel. Ci racconta qualcosa del suo rapporto con Garrel – padre e figlio?
Philippe Garrel mi ha insegnato a lasciarmi osservare dalla macchina da presa. Sosteneva che la cinepresa vede tutto, e aveva ragione! Mi diceva che recitare di fronte alla cinepresa come se non ci fosse, questo mi avrebbe aiutato a rivolgermi al protagonista maschile in modo vero, reale. Christophe Honoré, il regista di Les Chansons d’amour, ha dichiarato in un articolo che sia io che Louis eravamo sul set ugualmente incoscienti di fronte al testo, con la stessa foga di buttarci: Honoré ha saputo usarla molto bene.  

In Les Revenants – un gioiellino francese vincitore agli International Emmy Awards come miglior serie televisiva drammatica – ha interpretato Adèle, una giovane donna cupa ed enigmatica.
Con Adèle sono proprio andata in fondo al baratro della malinconia! E’ stata un’esperienza intensissima, al limite della sanità mentale! Sul set abbiamo avuto la fortuna di avere molto tempo e credo che questa sia stata la chiave della riuscita della serie in cui peraltro i temi della durata e del tempo della storia sono cruciali.

C’è un’attrice del cinema italiano di oggi che apprezza particolarmente?
Adoro Alba Rohrwacher, che ho avuto la fortuna di incontrare. E’ una bella persona e un’attrice che ammiro molto.  

Qual è il suo pensiero come donna e come attrice sullo scandalo Weinstein?
Rispetto profondamente la presa di parola da parte delle donne e non la giudico. E’ sicuramente importante per far evolvere le mentalità. Mi spaventa però la dimensione della pura attualità, di quest’intensa focalizzazione sulla notizia del momento… poi magari tutto si dimentica e nulla cambia. Non amo i social network, mi spaventano e non li uso. Non credo che Twitter sia il “luogo” giusto per affrontare queste tematiche.

Qualche progetto futuro a cui le piacerebbe dedicarsi andando oltre la Francia? Come si vede tra vent’anni?
In effetti la mia unica esperienza fuori dalla Francia è stata in Portogallo per il regista Raùl Ruiz e mi piacerebbe molto avere delle nuove opportunità all’estero. Non ho mai pensato alla mia vita né in termini di carriera né di scadenze. So di voler continuare ad avere esperienze forti e quella che ho appena vissuto interpretando Diane lo è stata, mi ha trasformata. Voglio continuare a trasformarmi.

Sappiamo che ci teneva moltissimo ad essere presente a Firenze per quest’anteprima.
A motivarmi è stato Francesco Ranieri Martinotti, il direttore del Festival. Mi disse di aver amato molto L’Indomptée, un film prodotto dalla moglie che ho girato a Roma due anni fa. Mi sembrava il minimo accettare l’invito e venire qui per presentare Diane a les épaules.

Claudia Porrello
21 Ottobre 2017

France Odeon 2017

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