Paolo Taviani: “Il fascismo torna perché i ragazzi non conoscono il passato”

Alla Festa di Roma e in sala dal 1° novembre, Una questione privata, dal romanzo breve di Beppe Fenoglio. Ce ne parla il regista, per la prima volta senza Vittorio, malato


Paolo Taviani, senza Vittorio, che è malato e non ha potuto essere anche lui alla Festa di Roma. “Vittorio è arrabbiato e anche io. Non credevo mai che diventando vecchissimo avrei diretto un film da solo. È stato inaspettato. Ma la vita è così, si invecchia, ci si ammala. L’importante è non farsi travolgere. Abbiamo scritto insieme e la produzione gli mandava i giornalieri, così litigavamo per telefono. Tutto è continuato come prima, anche se più dolorosamente”. Una questione privata, per la prima volta in una carriera comune che copre più di mezzo secolo, è firmato dal solo Paolo alla regia ma è sempre un film di Paolo e Vittorio Taviani. Ed è un ritorno a casa, a temi antichi e cari nel loro percorso, la Resistenza e l’antifascismo, però in una chiave privata, emotiva. Il romanzo breve di Beppe Fenoglio da cui è tratto si concentra infatti sull’ossessione amorosa di Milton, il giovane intellettuale infatuato della piccola Fulvia, bella sedicenne sfollata ad Alba da Torino. Lei si fa corteggiare da Giorgio, il ragazzo più ricco e più bello della città con cui balla i lenti, ma è al brutto Milton che chiede di tradurre per lei i poeti inglesi e di scriverle lettere d’amore. Ma ora che Giorgio e Milton sono partigiani una frase buttata là accende in Milton l’ossessione: forse Fulvia ha ceduto alle avance di Giorgio. Bisogna trovarlo e fare chiarezza. Se è in mano alle camicie nere bisogna trovare uno scambio per liberarlo… Luca Marinelli, Lorenzo Richelmy e Valentina Bellè sono i protagonisti del film, girato sulle montagne del Piemonte, in Val Maira, un film di giovani che mette in scena una lotta partigiana combattuta da giovanissimi. Prodotto da Donatella Palermo, Ermanno ed Elisabetta Olmi e Rai Cinema, con una coproduzione francese e il contributo del MiBACT, Una questione privata uscirà in sala il 1° novembre con 01 Distribution.

Perché avete scelto proprio Una questione privata per il vostro nuovo film dopo Maraviglioso Boccaccio?

Abbiamo amato sempre Fenoglio, che consideriamo il più grande scrittore italiano del dopoguerra, ma non siamo mai riusciti a fare un film dai suoi libri, siamo sempre arrivati tardi sui diritti, ad esempio per Il partigiano Johnny che poi fece Guido Chiesa. Ci eravamo un po’ rassegnati. Poi, mentre ero in vacanza a Salina, ho sentito alla radio Omero Antonutti che leggeva Una questione privata. Sono stato rapito, emozionato, e gli telefonato. Omero mi ha detto: “Pensa che tre minuti fa mi ha chiamato Vittorio per dirmi le stesse cose”. Allora sono tornato a Roma e ci siamo gettati a capofitto in questo libro straordinario per tradirlo e farne un film.

Vi siete sempre nutriti di letteratura.
Noi scegliamo un libro, di Tolstoi, di Pirandello, di Fenoglio, perché troviamo in esso sentimenti che ci interessa rappresentare. Lo scegliamo e lo tradiamo, come dicevo. Il cinema non è letteratura. Come diceva Kubrick: io non ho mai inventato una storia, troppa fatica. Ma dentro le colonne del testo faccio quello che voglio. Pirandello diceva: le storie sono sacchi vuoti afflosciati a terra, che stanno in piedi solo se le riempi di sentimenti.  

E cosa vi ha attratto in particolare in questo libro? Perché una rivisitazione della Resistenza in chiave privata?

Il libro parte da un luogo comune, il triangolo amoroso. Una storia vista e sentita mille volte, in film orrendi o straordinari, nella tragedia greca e in mille romanzi. Ciò che è nuovo è che l’autore riprende questi temi con sentimenti contemporanei. E’ una storia che il pubblico può amare perché tutti sono impazziti di gelosia al punto da dimenticarsi di tutto. Persino in montagna, mentre si combatte contro i nazifascisti, può accadere. Milton non sa se la donna che ama l’ha tradito col suo migliore amico. Fenoglio ha vissuto da protagonista la Resistenza e ha scritto la più grande epica su questo periodo. Negli ultimi anni della sua vita però sentiva il bisogno di non restare arenato al discorso epico, voleva scrivere una storia privata, disse proprio così in una lettera. Poiché viviamo in un’epoca non epica, saremmo stati bugiardi a cercare di esserlo. 

Il fascismo è ancora attuale?
Dopo La notte di San Lorenzo pensavamo che non ne avremmo più parlato. Ma i fascisti stanno provando a tornare. Avete visto che hanno attaccato un manifesto della Repubblica di Salò, quello in cui un nero allunga le mani su una donna bianca? Avete visto la storia di Anna Frank, una bambina che è figlia di tutti noi. Queste cose ci hanno indignato. Non sono sopportabili. Sono davvero arrabbiatissimo… 

Come spiega questi episodi di razzismo e intolleranza?
La colpa è di come sono stati allevati i ragazzi e della scuola che non insegna nulla sul passato. Se avessero compreso il passato, capirebbero di più la realtà di oggi e il loro futuro. I giovani sono incolpevoli perché non sanno. Molti italiani non sanno. In Italia, come in Ungheria, in Polonia, il passato viene negato. Cosa bisogna fare? Partire dai bambini. Insegnare cosa è successo a Dachau così come si insegna l’inglese.

Il vostro antifascismo ha radici nella storia familiare: vostro padre è stato partigiano.
Aveva aderito al CLN, ma noi non lo sapevamo, nascondeva il suo antifascismo e solo nel ’44 diventò operativo. Eravamo balilla e mettevamo la “M” di Mussolini. Siamo nati sotto il fascismo, pensavamo che Mussolini fosse un dio. Ci avevano insegnato che voleva il nostro bene. Fremevo sentendo i discorsi del duce, mio padre no. Quando le cose sono precipitate e lui è sparito, una volta andammo a portargli da mangiare, era nascosto in una chiesa. Lungo la strada del ritorno ci spiegò cosa era il fascismo, ci disse che lui era stato perseguitato. Abbiamo avuto la fortuna di aver vissuto in un’epoca in cui abbiamo visto il male rovesciarsi nel bene. Questo ci ha dato una grande forza, sappiamo che le cose possono cambiare.

Nel film, nonostante il protagonista sia descritto nella sua dimensione privata, il fascismo viene mostrato nel suo orrore assoluto.

Lo spero. La scena in cui si vede la bambina che dorme accanto ai cadaveri della sua famiglia sterminata dai fascisti nasce da un episodio vero che ci hanno raccontato quando lavoravamo a La notte di San Lorenzo. Trovarono questa bambina accanto alla madre morta. La scena l’abbiamo aggiunta noi, non era nel romanzo. 

Una questione privata venne pubblicato postumo nel ’63. Fu un libro controverso, al Pci non piacque. All’epoca l’avreste fatto un film da quel romanzo?
I registi italiani di sinistra in quel periodo presentavano i propri progetti al Pci. Quando facemmo il nostro primo film, Un uomo da bruciare, nel ’62, lo facemmo vedere ad Alicata. Era la storia di un sindacalista socialista, Salvatore Carnevale, e Alicata disse che ne avevamo infangato la memoria. Poi il film andò a Venezia ed ebbe successo. Piacque anche al critico de ‘L’Unità’, Ugo Casiraghi, che ci fece leggere quello che aveva scritto. Ma il giorno dopo il pezzo non uscì sul giornale. Alicata aveva proibito che la recensione fosse pubblicata. Andammo da Amendola, che era al Lido e aveva visto il film. E lui ci disse: Voi credete che L’Unità sia un giornale indipendente? Non lo è. Siete voi che non avete capito niente sul Pci. Alicata ha fatto bene come ha fatto.

Come è entrato Ermanno Olmi nella produzione?
Ermanno ha detto: mi sento il terzo fratello Taviani, così è entrato con una quota piccola ma significativa. Olmi lo considero, con Bellocchio e Bertolucci, tra i migliori delle generazione post Fellini e De Sica.

Cristiana Paternò
27 Ottobre 2017

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