Coline Serreau: “Lo scandalo Weinstein porterà a una rivoluzione”

L'estrosa e poliedrica maestra del cinema francese, da sempre femminista, ha ricevuto il Premio Sigillo della Pace, in apertura del 39° Festival Internazionale di Cinema e Donne


FIRENZE – “Coline Serreau è stata capace di realizzare documentari che raccontano storie e persone, e film narrativi che centrano con precisione e in profondità i nodi centrali del vivere sociale e della coscienza individuale. Il suo tocco cinematografico è inconfondibile, travolge i generi, libera la fantasia e tiene d’occhio costantemente e ironicamente la reaità. Sorprende ogni volta e invita a non avere paura di mettersi in gioco”. Con la lettura di questa motivazione ufficiale Coline Serreau, estrosa e poliedrica maestra del cinema francese ha ricevuto il Premio Sigillo della Pace, in apertura del 39° Festival Internazionale di Cinema e Donne, che si conclude al cinema La Compagnia il 12 novembre. La manifestazione, prossima al suo 40° anniversario, ha sempre prestato particolare attenzione alle tematiche – estremamente pertinenti agli argomenti di attualità – della parità di genere e della peculiarità del ruolo femminile in campo artistico e sociale. Tematiche da sempre molto care a Coline Serreau, in linea col suo percorso artistico coerente e coraggioso che ha raccontato la nascita del femminismo e la sua evoluzione a critica della società globale fin dai primi anni ’70. Un’autrice conosciuta per essere stata una fervida pioniera nell’affrontare certi temi, anticipandone con lungimiranza la discussione rispetto ai tempi, e trattandoli con il linguaggio della commedia: le famiglie ‘arcobaleno’ (Perché no?, 1977) o le nuove genitorialità nel suo pluripremiato successo del 1985 Tre uomini e una culla del quale Hollywood ha realizzato due remake. E ancora le lotte delle donne (nel documentario d’esordio tutto al femminile Mais qu’est-ce qe’elles veulent?, 1975) e la salvaguardia dell’ambiente (Il pianeta verde, 1966).

‘Segnare il tempo’ è il tema di questa edizione del Festival: il tempo delle donne e del femminile, che si afferma nella società contemporanea. In che modo i suoi film da regista hanno segnato questo tempo?  
Con il susseguirsi stesso dei temi che ho affrontato: parlando della legalità, della libertà delle donne di poter vivere la propria vita come veramente vogliono. Parlando di ecologia, un argomento che il pubblico vent’anni fa non capiva quanto fosse importante. Ogni tanto bisogna guardare avanti e saper aspettare.

Il ruolo della donna è centrale nei suoi film dagli anni ’70: cosa è cambiato col passare del tempo nel metterlo in scena?
Non ho mai voluto rappresentare la donna come seduttrice, è un’associazione che mi irrita. Ho sempre voluto donne come persone ‘normali’, lavoratrici che hanno una vita a prescindere dagli uomini, con idee e amore. Le attrici di oggi sono molto più forti nel far propri questi ruoli e possono essere più libere di esprimersi. Ma non sopporto vederle sfilare al Festival di Cannes come se fossero il ‘guardaroba’ del mondo del lusso, in vetrina…

Come vede le donne di oggi? E pensando ai recentissimi fatti di attualità, cosa pensa della donna nel mondo dello spettacolo?
In passato le donne sono state maltrattate e sottomesse dagli uomini. Non siamo nell’età del feudalesimo, ma c’è ancora da lottare per l’affermazione dei nostri diritti. Bisogna abolire la società patriarcale, o le donne continueranno a essere vittime di certe situazioni. Lo scandalo Weinstein è una questione molto controversa: mostra tutto il lavoro che c’è ancora da fare in questo senso e credo che quello che è successo porterà a una rivoluzione importante che aiuterà a cambiare i rapporti tra uomini e donne. Quelle attrici sono state obbligate a subire certi soprusi, il mondo del cinema è un mondo difficile. Non fare ciò che gli uomini ti chiedono può risultare molto pericoloso. Penso anche alla chirurgia estetica… quando vedo le grandi attrici ormai anziane penso a quanto sarebbero belle alcune di loro se non avessero fatto ricorso a quei rimedi per fermare il tempo. Com’è noto Anna Magnani ha detto: “Lasciami tutte le rughe, non me ne togliere nemmeno una. Ci ho messo una vita a farmele venire”.

Lei è conosciuta per essere sempre stata all’avanguardia rispetto a certe tematiche e si è servita della commedia per raccontare il suo punto di vista. Cosa l’ha spinta a parlarne già quarant’anni fa?
Osservavo il mondo, mi interessava. Ho sempre voluto fare un cinema che parlasse della società e di come si stesse evolvendo… Sono sempre al lavoro, leggo di filosofia, di economia e mi informo continuamente… è il mio mestiere. Anticipare è molto importante per non rischiare di fare un cinema ‘vecchio’. Non ho mai deciso di fare un film che fosse commedia o dramma. E’ così che vedo il mondo: c’è sia da ridere che da piangere.

Cosa pensa dei giovani registi del cinema francese o più in generale degli altri Paesi?
Non vorrei dire qualcosa di spiacevole ma dopo la Nouvelle Vague si è persa l’artigianalità del nostro mestiere. Io vengo dal teatro… e uno script che non va in nessuna direzione con attori che pensano più a se stessi senza essere indirizzati verso qualcosa non mi interessa.  In generale mi sembra che la novità e il vero laboratorio di idee si trovi al momento nelle serie americane e inglesi. Alcune sono veramente coraggiose e sanno parlare della nostra società. La scrittura è meravigliosa, gli scrittori ingegnosi. Ci sono bei film dappertutto ma le serie hanno un modo incredibile di raccontare le storie come una volta, come nel XIX secolo con la grande scuola di Balzac, Zola, Maupassant. Tutto questo nei film non c’è più. Adoro The Good Wife e House of Cards per il modo in cui dipingono la società contemporanea, gli uomini e le donne. House of Cards parla della società americana in una maniera veramente sovversiva!

Quali sono invece i suoi punti di riferimento e d’ispirazione nel cinema francese con cui è cresciuta e si è formata? Lubitsch e Chaplin mi hanno molto ispirata. Amo e rispetto tutti i colleghi registi perché il nostro è un mestiere molto difficile e non vorrei mai esprimere una preferenza… questo è il lavoro dei critici, non il mio! Non mi ha mai influenzato nessuno… non c’è stato nessun maestro, la mia unica maestra è stata mia madre! Era una scrittrice molto intelligente.  

Coline Serreau attrice e regista di cinema e teatro, sceneggiatrice e ancora trapezista e musicista. Un’artista polivalente. Come convivono in lei tutte queste “arti”?
Vivono insieme. Quando facevo l’attrice ero sempre a teatro e avevo bisogno di avere un corpo molto forte e di essere in salute! Il circo l’ho sempre amato, mi è servito per formarmi artisticamente, mi piaceva volare, era una sensazione meravigliosa. E anche la musica… ero un’organista, e studiarla veniva prima di ogni altra cosa. Oggi sono direttrice di coro e mi ci dedico più di prima. Facciamo molti concerti, tanti anche a Venezia!  

Lei è qui a Firenze con un suo film del 2005, Saint- Jacques… la Mecque inedito in Italia. Cosa la lega al nostro Paese?  
La musica appunto, la pittura… vengo anche da una famiglia di pittori da parte di mio padre che era un regista. Per me l’Italia è sempre stato il Paese dell’arte. Passo molto tempo a Venezia per approfondire il mio amore per l’arte e la cultura. Qui mi sento bene! 

Claudia Porrello
12 Novembre 2017

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