Armando Iannucci: morto Stalin, se ne fa un altro

Uno dei migliori autori satirici della tv britannica porta in concorso al TFF il film tragicomico e grottesco Morto Stalin, se ne fa un altro, in sala l’11 gennaio con I Wonder Pictures


TORINO. Si può ridere di un tiranno e della sua brutalità sul grande schermo? Charlie Chaplin con Il grande dittatore ha dimostrato che è possibile. E questa indimenticabile lezione forse è ben presente al regista inglese Armando Iannucci, uno dei migliori autori satirici della tv britannica, che in concorso al TFF ha portato il film tragicomico e grottesco Morto Stalin, se ne fa un altro, in sala il 4 gennaio con I Wonder Pictures.
In una notte del 1953 Joseph Stalin, il Segretario Generale dell’Unione Sovietica è colpito da un ictus. Fino ad allora ha ordinato omicidi e deportazioni di dissidenti e proibito la libertà d’espressione. Stalin viene ritrovato morente sul pavimento della sua stanza la mattina. C’è poco da fare per la sua vita. C’è tanto da fare invece per i suoi burocrati che si contendono, con manovre e colpi bassi, la successione del leader supremo.
E’ una competizione frenetica, una corsa spietata con continui colpi di scena tra Chruščёv (Steve Buscemi), più simile a un mafioso che a un politico, la mina vagante Molotov (Michael Palin), il mite Žukov (Jason Isaacs), il malvagio Berija (Simon Russell Beale).
Alla fine il regista Iannucci trova il difficile equilibrio tra la comicità dell’assurdo che fa parte del mondo del dittatore e la violenza su cui si regge il regime totalitario stalinista. “Sapevo che dovevamo essere estremamente rispettosi del fatto che milioni di persone sono state uccise o sono scomparse, e non è qualcosa che si può ignorare o spiegare con una battuta – avverte il regista – Bisogna prenderne atto consciamente in ogni fase del film”.

Come nasce l’dea di questo film?
Mi è venuta dopo aver visto le tante figure autoritarie che si affacciavano nel mondo politico dei vari paesi europei: da Silvio Berlusconi a Marine Le Pen, a Nigel Farage. Nel giro di pochi anni sono assurti a grande fama movimenti nazionalisti e populisti con l’obiettivo di interrompere l’idea fino ad allora prevalente della politica.
Ho letto il graphic novel firmato da Fabien Nury e Thierry Robin di cui erano stati acquistati i diritti dai produttori francesi Yann Zenou e Laurent Zeitoun. Mi sono trovato di fronte a una situazione reale, avvenuta sul serio, eventi che avevano un che di assurdo, terrificanti, che meritavano di essere raccontati. Stavo lavorando alla quarta stagione della serie tv americana Veep e ho deciso che una volta terminata mi sarei dedicato al film tratto da quel testo comico.

Al di là del graphic novel di riferimento, c’è stata una ricerca storica?
Abbiamo svolto molte ricerche, ci siamo recati a Mosca, abbiamo visitato la dacia di Stalin, il Cremlino, abbiamo parlato con le persone che hanno vissuto quel periodo storico e che ci hanno raccontato episodi poi ripresi dal film. Ad esempio come all’epoca si tenessero pronti appena sentivano bussare alla porta. Quello era il segnale che stava per succedere qualcosa di terribile, che potevano essere portati via. Perciò avevano sempre pronta accanto al letto una borsa, una valigia per questa evenienza. Così come spesso andavano a letto  vestiti  in modo da affrontare il freddo se mai fosse accaduto un improvviso trasferimento, arresto.

Il tono grottesco del film è stato accentuato rispetto al testo originale?
Leggendo la storia c’erano tutte queste connotazioni dell’assurdo. A cominciare dalla scena del concerto, o di quella del corpo di Stalin da spostare, della porta della stanza di Stalin chiusa per un giorno intero perché l’ordine tassativo era di non bussare. L’unica cosa in più rispetto al graphic novel è stata aggiungere il dialogo e inoltre abbiamo racchiuso la vicenda in una decina di giorni.Una scelta vincente è stata la selezione degli attori in fase di sceneggiatura e abbiamo dedicato due settimane alle prove in modo di sperimentare le diverse scene, soprattutto quelle con il cast principale che lavora in ensemble. Le prove hanno poi dato la possibilità di inserire quegli spunti che rafforzano la comicità.

Insomma il pubblico italiano apprezzerà questa caustica black comedy?

Una commedia caratterizzata dall’isteria che era parte veramente di quel tempo. Insomma siamo stati il più possibile fedeli alla verità degli eventi storici. Del resto con questa rappresentazione comica e assurda del potere, volevo mostrare come questi personaggi, nonostante gli atti terribili ed efferati che compiono, sono delle persone fragili e imprevedibili, senza tuttavia creare empatia con loro.

Il film verrà visto in Russia e come verrà accolto?
Il film dopo essere stato visionato, uscirà a febbraio. E’ evidente che il film non è ben visto dal partito comunista russo, ma non sono loro a determinare l’uscita in sala. Se poi mi inviteranno a Mosca per la prima, manderò un sosia. Per i russi la figura di Stalin ha una collocazione ambigua, viene percepito in maniera diversa. Quando abbiamo chiesto ai giovani che cosa gli avessero insegnato della storia russa di quel periodo, alcuni rispondevano che il dittatore aveva ucciso migliaia di persone e altri ci dicevano che aveva però vinto la Seconda guerra mondiale.

Ma non ci sono state proteste e alcune dichiarazioni contro il film in Russia?
Proteste non ufficiali, che provenivano da un settore del partito comunista, subito rilanciate, come accade, dai media. Il ministro russo della cultura ha dichiarato che in Russia vige la libertà di parola e di opinione.

Le piace il titolo italiano del film differente dall’orginale The death of Stalin?
Sì, noi inglesi abbiamo un detto simile: ‘La regina è morta, lunga vita al re’.

Stefano Stefanutto Rosa
27 Novembre 2017

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