Pino Donaggio: dal festival di Sanremo a Brian De Palma

Il compositore veneziano al TFF riceverà il Gran Premio Torino. Terminato Domino, il nuovo lavoro di Brian De Palma, tra i prossimi progetti c'è un film sulla vita di Enzo Ferrari con Robert De Niro


TORINO. Il suo ingresso nel mondo del cinema Pino Donaggio lo deve a un incontro casuale sul Canal Grande alle sei di mattina con un produttore, Ugo Mariotti, che gli chiese di scrivere la colonna sonora per un film di parapsicologia. Poi arrivò subito un premio per A Venezia… un dicembre rosso shocking, battendo Paul McCartney arrivato secondo con le musiche di Operazione tuono.
Donaggio al TFF riceverà il Gran Premio Torino, e terminato Domino il nuovo lavoro di Brian De Palma, tra i prossimi progetti ci sono un film sulla vita di Enzo Ferrari con Robert De Niro e un altro con Daniele Ciprì.

Che cosa ci racconta di Domino?

La trama è semplice, dopo l’uccisione a Copenhagen di un suo collega, un poliziotto cerca l’assassino sempre in fuga per tutta l’Europa, e si trova coinvolto in diverse situazioni tra cui l’incontro con i terroristi dell’Isis, ma alla fine scoverà il killer. Il film ha una grande scena finale che si svolge durante una corrida.

Che genere di lavoro musicale ha realizzato per Domino?
Abbastanza classico, avrà sempre il suo impatto orchestrale. Uso di più i fiati, i tromboni, le trombe, i bassi, insomma un fondo cupo. A differenza delle musiche per Carrie – Lo sguardo di Satana e Blow Out, qui non c’è un tema forte.

Come è cambiato il suo rapporto con De Palma cominciato nel 1976 con Carrie?

I primi film, lo andavo a trovare, mi mostrava il film, poi comunicavamo grazie a una traduttrice. Mi dava delle indicazioni e tornavo a Venezia. Poi lui ascoltava la musica solo con l’orchestra in sala, non sentiva prima i temi. Da The Passion le musiche le ascolta via rete e quindi propone piccoli ritocchi. Con lui lavoro sempre tanto, perché mi dà più tempo degli altri registi, preferisce che lavori con calma.

Il suo incontro come compositore con l’horror è stato casuale, che rapporto ha con questo genere?
Venivo dal mondo della canzone, conoscevo il cinema di Hitchcock, ma non avrei mai pensato di scrivere musica per il cinema. E’ stato il destino a cui credo, perché ha cambiato tre volte la mia strada. Prima violinista e sognavo di fare il solista. Il maestro Abbado mi ha voluto a Milano nel suo gruppo anche se non ero diplomato, il mio talento era il violino. Siccome ero cresciuto in famiglia con le canzoni, mio padre e mio nonno suonavano in un’orchestrina, avendo tempo a Milano scrissi delle canzoni e mi fecero un contratto. Poi arrivò il festival di Sanremo con ‘Come sinfonia’ e da lì una carriera di 18/20 anni. E sempre per caso entrai nella produzione cinematografica, vinsi subito un premio per la miglior colonna sonora e al quarto film m’imbattei in De Palma, che dopo la morte di Bernard Herrmann, era alla ricerca di un compositore.

Non ha nostalgia della canzone, in fondo lei era al centro della scena?
No, del resto in Carrie ci sono due mie canzoni, nonostante De Palma dicesse ‘qui saltiamo’, eppure sapeva che ero un autore di canzoni, ma alla fine l’ho convinto. Quando capita le inserisco, anche nelle serie tv.

L’esperienza con Dario Argento?
Molto bene, però solo con Trauma sono riuscito a mantenere una linea come facevo con De Palma. Argento salta dalla musica pop all’improvvisazione jazz. Ha un’idea ed esce fuori dalla colonna sonora.

Con quale regista ha avuto difficoltà a lavorare?
Quelli che cambiano idea ogni giorno ti mettono nella condizione che non sai più che cosa scrivere. Dovrei dire delle donne ed è facile intuire chi, visto che ho lavorato con una regista americana, con la Cavani e con la Gagliardo. 

C’è qualcosa della musica leggera che si è portato nel cinema?
In Blow Out all’inizio ho utilizzato musica disco. Quell’esperienza musicale mi è servita per i temi. Anche se un grande compositore italiano dice che la colonna sonora è tecnica e niente ispirazione, io invece per i temi, come anche per le canzoni, aspetto l’ispirazione. A me piace rilassare il pubblico e allora ci sono questi temi aperti, che si allargano.

C’è una regola o una non regola che lei s’impone quando lavora con i diversi generi cinematografici?

Nell’horror cerco di non andare sul cliché. Ho la fortuna di essere violinista e il violino nell’orchestra, e anche nelle musiche dodecafoniche, è lo strumento che cerca di dare la melodia. Negli horror evito gli effettacci.

Stefano Stefanutto Rosa
29 Novembre 2017

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