Camélia Jordana: quel César inatteso

Dopo il successo di Due sotto il burqa, secondo film da protagonista per l'attrice di origini algerine che con Quasi nemici di Yvan Attal ha vinto il premio César per la Miglior Promessa Femminile


BOLOGNA. Sono subito scintille tra il docente universitario della prestigiosa e conservatrice Panthéon-Assas di Parigi e la giovane studentessa maghrebina della banlieue matricola di giurisprudenza, interpretata da Camélia Jordana nella commedia francese Quasi nemici L’importante è avere ragione (titolo originale Le brio) di Yvan Attal presentata nella sezione Biografilm Europa e il sala dall’11 ottobre con I Wonder Pictures. Il primo giorno di lezione Neïla arriva in ritardo provocando una serie di apprezzamenti da parte del professore (Daniel Auteuil) politicamente scorretti perché ascrivibili al razzismo e alla discriminazione. Mazard è già noto per i modi provocatori e autoritari nei confronti di alcuni studenti. Per evitare che il caso monti fino all’inevitabile sanzione del docente e il rischio di un suo allontanamento, la direzione della dell’università gli propone come via d’uscita di preparare Neïla per un importante concorso di retorica. Sarà lui, cinico ed esigente, il mentore di questa giovane e inesperta allieva che sogna di diventare avvocato. Per entrambi non sarà facile rapportarsi, superare la reciproca diffidenza e il pregiudizio, forse ancora di più per Neïla, che nel gruppo di amici della banlieue a volte è derisa per la sua decisione di tentare il riscatto sociale passando per l’università.

La carriera artistica di Camélia Jordana di origini algerine, comincia a 16 anni nel 2008 con la partecipazione al talent di Nouvelle Star che le apre le porte per la carriera di cantante e nel 2010 quella di attrice fino a vincere proprio con Le brio, secondo film da protagonista dopo il successo di Due sotto il burqa, il premio César per la Miglior Promessa Femminile.

Quanto c’è di lei nel personaggio di Neïla?

Quello che ho in comune è sia la spinta a raggiungere un obiettivo, a non arrendersi e andare fino in fondo; sia il carattere molto forte e nel contempo ironico.

E le differenze?

L’ambiente da cui proveniamo, Neïla vive nella periferia di Parigi, il padre non c’è, la madre non si occupa di lei, la sua è una vita un po’ sbandata. Io provengo da una famiglia borghese, dal sud della Francia, ho studiato pianoforte, danza, ho avuto una tata. Insomma un retroterra completamente diverso. E poi Neïla ha una grande difficoltà a cambiare, si rende conto infatti che deve adattarsi alla realtà. Io invece adoro cambiare e se la situazione lo richiede mi trasformo. Forse è anche per questa ragione che faccio l’attrice.

Del resto lei utilizza differenti codici espressivi.

Quando canto sono io, ma posso anche esprimere cose che non mi appartengono; quando recito sono un’altra ma per esserlo devo tirare fuori me stessa. E’ un po’ schizofrenico.

Il professore universitario chi avrebbe votato alle ultime elezioni francesi?

Al ballottaggio Macron, al primi turno non saprei. Il professore non è un razzista, è un uomo di una certa età, vive i suoi ultimi giorni, s’annoia, non ha nessuno, la madre non lo riconosce. Come dice la protagonista lui ha troppe parole, non gli è rimasto altro. Neïla però riesce ad andare oltre e in lui vede il suo stile umoristico, cinico ma brillante. Il vero razzista è il pubblico che gli sta attorno, che si aspetta che lo sia.

Sorprende un po’ il razzismo che s’insinua tra i giovani dell’università?

Neïla, consapevole della sua condizione di giovane araba della banlieue, sa di andare incontro al razzismo strisciante in cui s’imbatte. E questo può diventare il suo punto di forza nel momento in cui arriva preparata ad affrontare la situazione.

Come è stato lavorare con Daniel Auteuil?

 Innanzitutto prima di conoscerlo rappresentava per me una leggenda, ricordo che ci riunivamo tutti quanti in famiglia a vedere i film con lui protagonista. E’ altrettanto emozionante essere diretta da Yvan Attal, anche lui famoso come attore, prima ancora di regista. Il rapporto con Attal è stato subito familiare e giocoso, con Auteuil più difficile perché è superconcentrato sul set, salvo tra una ripresa e un’altra mandarti dei segni d’affetto che sono tanto teneri quanto sottili. Magari non li cogli, ma se t’accorgi ti riempiono.

E’ mai stata criticata per la sua partecipazione a un reality show?

Da parte giornalisti, non dal pubblico che mi chiede quando l’incontro selfie.

Si aspettava di vincere il César?

Tra i cinque candidati pensavo che avrebbe vinto Laetitia Dosc, protagonista eccezionale di Montaparnasse femminile singolare (Jeune Femme), Camera d’Or a Cannes 2017.

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