Krzysztof Zanussi: Il diavolo, probabilmente

Il regista polacco rilegge il mito di Faust nel suo Etere, riflessione sul rapporto tra scienza e metafisica, alla Festa di Roma in selezione ufficiale


Un po’ oscurato dalla presenza della diva Cate Blanchett, che ha catalizzato le attenzioni della Festa, il maestro polacco Krzysztof Zanussi, alla soglia degli 80 anni, ha portato in selezione ufficiale un film notevole, Etere, riflessione sulla natura umana, il rapporto tra scienza e metafisica, l’aspirazione al potere assoluto anche a costo di un patto col diavolo. Film che parte dal mito di Faust per dare vita a un romanzo storico avvincente. Siamo all’inizio del XX secolo, in una provincia del vasto Impero russo, dove un medico somministra una dose di etere letale a una giovane donna che ha respinto le sue avance. La ragazza muore, ma l’uomo, anziché pagare per il suo crimine, per il quale viene condannato a morte, sarà liberato per diventare il medico di un reggimento in una fortezza austro-ungarica. Lì, con la complicità del comandante, continua i suoi esperimenti in corpore vili ai danni di soldati, prostitute, pazienti psichiatriche e anche di un giovane divenuto il suo assistente. Vuole sconfiggere il dolore e manipolare il comportamento umano, in nome di un presunto progresso della scienza.

Interpretato da grandissimi attori (soprattutto il protagonista Jacek Poniedziałek, e poi Andrzej Chyra, il giovane Ostap Vakuliuk) e girato tra Trieste, Budapest e Leopoli, il film, che si chiude nelle trincee della prima guerra mondiale come Sunset dell’ungherese Laszlo Nemes, con cui ha non poche affinità, vanta anche una coproduzione italiana grazie a Paolo Spina e Giuseppe Lepore.

E’ partito dal mito di Faust che ha rivisitato allontanandosi dalle versione di Goethe e, al cinema, da quella recente di Sokurov. 

Mi sono allontanato sia da Thomas Mann che da Goethe, mi interessava una riflessione sulla condizione dell’uomo nel mondo di oggi, e sul rapporto tra scienza, metafisica e fede. Sono temi rilevanti anche se sono fuori moda. Anche il mito di Faust è fuori moda perché non si crede nell’esistenza dell’anima e del male incarnato. Ma per me la presenza del male è reale. Volevo affrontare l’eterna domanda “da dove viene il male?” Per la mia generazione, che ha vissuto due totalitarismi, la memoria del male è sempre presente, sappiamo che il male impunito rovina la speranza nella giustizia. Vedo vecchi torturatori e assassini in libertà perché mancano le prove per condannarli. I postmodernisti relativizzano tutto e arrivano alla conclusione che la giustizia sia impossibile.  

La negazione di Dio e quella del demonio vanno di pari passo nella coscienza del protagonista, che non riconosce alcun valore alla sua anima.

Nella Storia c’è davvero qualcosa di diabolico. Eichmann era un uomo banale, ma il male a cui ha preso parte non lo era affatto, era un male cosmico e in questo dissento da Hannah Arendt. Se pensiamo che nella nostra società il male sia scomparso, ci troviamo disarmati. Potenzialmente la bestia è in ognuno di noi. La gente non ama parlare del diavolo, eppure il concetto di Satana appartiene a molte culture, non solo cristiane, è l’ombra di una realtà che non sappiamo definire.

Dopo il prologo c’è una lunga ripresa di una rappresentazione fiamminga dell’inferno.

Sì, è un altare olandese di Hans Memling che si trova a Danzica. Volevo mostrare da vicino questa scena così realistica e allo stesso tempo orrenda.

Non è facile parlare di questi temi in un film, perché il cinema è anche narrazione.

Per questo ho aggiunto in Etere elementi di spionaggio, la vendita di informazioni al nemico. I soldi condizionano molto anche la scienza attuale che rischia di abbandonare la sua vocazione sostanziale, ovvero la ricerca della verità, e diventare strumento del potere, nelle mani di chi paga meglio.

Perché ha scelto di raccontare due volte la stessa storia, con una narrazione esterna e una interna?

La prima narrazione esprime la visione laica, il mondo come lo vediamo coi nostri occhi, ma c’è una dimensione nascosta, soprannaturale. Voglio anche dire che la scienza non ha il monopolio della verità, anzi, la verità è come un orizzonte che si allontana sempre. La scienza, nella sua visione ottocentesca, pretende di essere l’unica a detenere la verità, ma questa posizione è già superata da Einstein quando diceva che chi non sente il mistero, è cieco, perché non vede la realtà. Era un grande fisico e un laico, ma riconosceva il mistero come base della religiosità. Io sono un fisico caduto nel cinema e il mio amore per la scienza è sempre molto forte anche se non è corrisposto. La scienza ha migliorato la nostra vita ma ha fatto anche promesse che non ha mantenuto.

Tanti artisti e intellettuali sono tornati a parlare in questo periodo della prima guerra mondiale.

La prima guerra mondiale è il momento del crollo dell’illusione che l’Europa sia al sicuro, la decomposizione delle nostre certezze e della nostra superbia, del pensare di essere i paesi più avanzati nel mondo. L’Europa ha riscoperto la sua faccia barbara, bestiale.   

Come vede la Polonia di oggi, uscita dal comunismo attraverso Solidarnosc e forse delusa dal cambiamento.

Fa parte dell’essenza della Storia il tradire le speranze, le illusioni degli uomini. Oggi in Polonia viviamo con meno menzogne e sofferenza, in un mondo migliore rispetto a trenta anni fa, ma siamo comunque delusi perché avevamo creduto di arrivare in paradiso. Invece uscire da un regime oppressivo senza spargimento di sangue, è già stato un miracolo.

Pensa che l’Europa supererà la crisi attuale?

Il sogno europeo oggi si è consumato, quel sogno di giustizia, benessere, educazione, sanità per tutti, democrazia è stato in gran parte realizzato, ma gli uomini hanno bisogno di una visione che possa ispirare i loro passi, un’utopia anche se irrealizzabile li deve guidare. Davanti a noi ci sono due proposte: il modello cinese che è quello dell’alveare dove l’individuo non conta nulla, e quello occidentale basato sull’individuo. Credo che la cultura giudaico cristiana con la sua idea di misericordia come misura ultima dell’essere umano non sia ancora esaurita, ma occorre un rinnovamento del concetto dell’uomo e del suo ruolo dell’universo. Forse nella società futura il lavoro sarà un privilegio per pochi e dovremo trovare un senso diverso dell’esistenza.

Cristiana Paternò
19 Ottobre 2018

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