“The Farewell Party”, l’arzilla banda della dolce morte

L'eutanasia è il cuore narrativo della dramedy selezionata alle Giornate degli Autori


VENEZIA – “Ridere delle tragedie? È probabilmente l’unico modo per fare i conti con la vita ed è lo stile che abbiamo sempre scelto per dare un’impronta ai nostri film. Se vuoi che il pubblico ascolti un discorso su un tema controverso, fallo ridere”. Nel caso specifico il tema scelto da Sharon Maymon e Tal Granit, coppia registica israeliana che ha all’attivo diversi cortometraggi pluripremiati, è quello dell’eutanasia, cuore narrativo di The Farewell Party, selezionato alle Giornate degli Autori.

Sul tono (riuscitissimo) da dramedy, si snoda la vicenda di una banda di vecchietti, ospiti di una casa di riposo, che non sopporta più di veder soffrire un  amico, malato terminale. Decidono quindi di “giocare a fare Dio” – proprio come fa il protagonista all’inizio del film, quando fa arrivare la ‘telefonata di Dio’ a un’anziana amica depressa – e unendo le forze e gli ingegni costruiscono una macchina per la dolce morte che in breve tempo attira l’attenzione di molti anziani che vorrebbero poter dare “sollievo” ai loro cari. “Il tema dell’eutanasia è ancora in parte un tabù in Israele – spiegano i registi – ma è possibile firmare un documento in cui si chiede di non essere attaccati alle macchine per essere mantenuti in vita”.

“L’idea – spiega Tal Granit – è nata quando è morta la nonna del mio ex. Aveva 76 anni e un cancro. Eravamo lì quando è morta: soffriva molto e stava esalando con sollievo l’ultimo respiro quando i paramedici sono arrivati e hanno cercato di resuscitarla per mezz’ora. È stato quello spettacolo assurdo che ci ha spinto a fare questo film”. Nel cast un gruppo di maturi ed eccelsi attori israeliani, tra cui spiccano i protagonisti Zeev Revah e Levana Finkelstein: “Avevamo già lavorato con Zeev in un nostro corto ed era stato straordinario, perciò volevamo averlo come protagonista di un lungo. Levana invece mi ricordava mia madre – ride il regista – Abbiamo costruito i personaggi pensando a loro”. E anche puntando forte, oltre che sulla leggerezza, sul potere consolatorio dell’amicizia e dell’empatia per superare situazioni dure: “La cosa più spaventosa di tutte – sottolinea Sharon Maymon – è quando sei separato da te stesso, ovvero stai talmente male che non riesci a controllare il tuo corpo e ti rendi conto che non sei più in grado di decidere per te stesso. Il supporto di un amico, in questi casi, è decisivo”.

Michela Greco
29 Agosto 2014

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