100+1 – Cinema e storia: nasce l’idea di ‘museo diffuso’ per l’audiovisivo

"Ben venga la preservazione della memoria, ma che sia dinamica", dice Cicutto, ad di Cinecittà


VENEZIA – Alla vigilia di una nuova stagione di “Cinema e Storia” promosso con la Regione Lazio, il progetto lanciato nel 2006 alle Giornate degli Autori da Fabio Ferzetti per riportare gli studenti in contatto con la nostra storia attraverso la diffusione del nostro cinema si arricchisce oggi di nuovi partner come la Cineteca Nazionale e di una nuova prospettiva internazionale sostenuta da Istituto Luce-Cinecittà insieme al Ministero degli Affari Esteri e alla Direzione Generale Cinema. Si è tenuto al Lido, all’Hotel Excelsior un incontro promosso da Giornate degli Autori, Regione Lazio, Istituto Luce Cinecittà, chairmen Roberto Barzanti e Roberto Cicutto e moderatori Fabio Ferzetti, Giuliana Gamba (Anac) e Giovanna Pugliese (Progetto ABC).

A tracciare le linee di questa nuova fase è proprio Roberto Cicutto, ad di Istituto Luce – Cinecittà: “Uno dei punti importanti della mission di Luce Cinecittà è la preservazione della memoria audiovisiva italiana, ma non deve assumere odore di museo. I nostri sforzi sono tesi a dare a questo archivio un dinamismo che lo renda fruibile per ciò che è nella sua completezza: non solo la memoria storica del fascismo ma di tutta l’antropologia culturale italiana. Ciò che inizialmente era strumento di propaganda oggi segue il progredire della storia e del cinema, diventa viatico per la realizzazione e la distribuzione di opere prime e seconde. Ciò che è difficile è mettere insieme tante idee vincenti e importanti, ognuna delle quali però possa viaggiare da sola, grazie anche a vetrine importanti come Le Giornate degli Autori. L’insegnamento della cultura cinematografica può e deve andare avanti assieme a quello della storia. Ricordo quanto potessero essere noiose certe lezioni a scuola, ma poi le stesse cose che avevo imparato con tanta fatica prendevano anima, corpo e sangue quando magari le vedevo raccontate in un film. La mia idea, che spero non sia utopica, sta nel tentativo di trovare una ‘spina dorsale’ che sviluppi un progetto a cui si possa allacciare tutto ciò che possa ricostruire e far capire la storia della nostra nazione. L’Italia ha avuto la fortuna di costituire una memoria audiovisiva importante, anche se magari lo ha fatto in un momento buio della sua crescita. Ma non parlo solo del Luce: l’archivio dell’Atac, per fare un esempio, con i suoi 100 anni di storia del trasporto pubblico racconta più di Roma di quanto si possa leggere nei libri, e poi ci sono le Teche Rai. Pensiamo a una linea che da Aosta a Mazzara del Vallo attraverso immagini, nei luoghi che si ritengano opportuni allo scopo, racconti attraverso le immagini la storia del territorio, del suo rapporto con il cinema, le tradizioni culinarie, lo sviluppo industriale, come in una sorta di ‘museo diffuso’ che respiri senza chiudersi in sé. E ancora, la realizzazione di un portale a disposizione di tutti a cui rivolgersi per riscoprire la storia audiovisiva del paese, come abbiamo parzialmente fatto diffondendo su Internet migliaia di cinegiornali. Il punto di partenza sarà il centenario della Grande Guerra, che permetterà di sfruttare qualche aiuto economico. E credo fermamente che sia un format esportabile anche all’estero”.

Su questo punto in particolare interviene Marco Tornetta, Consigliere per il Ministero degli Affari Esteri: “Per farci conoscere al meglio all’estero dobbiamo spiegare non solo chi siamo ma anche quello che eravamo. Ci sono valori universali che ci accomunano ai Turchi come ai Cinesi. La nostra realtà audiovisiva la dobbiamo far conoscere non solo agli stranieri ma anche ai 60 milioni di italiani che vivono e sono nati all’estero e che raddoppiano di fatto la nostra popolazione, e che hanno diritto di voto. Il cinema è un mezzo di comprensione immediato. Partiamo da un progetto di formazione degli insegnanti che dovranno interloquire con gli studenti, lo faremo a 360 gradi a livello mondiale. I lavori sono aperti, e sono in corso. Tra un paio d’anni ci reincontreremo per tirare le somme”.

“Nel 2006 diffondemmo questionari nelle scuole per capire se i nostri studenti, circa il nostro cinema, erano così ignoranti come pensavamo – dice Ferzetti – e non era così: era peggio. Questo anche perché veniamo da 20 anni di desertificazione accanita della cultura in ogni campo. Si è lavorato sull’oblio e non sulla memoria. Bisogna dunque lavorare per rimettere queste memorie in circolo. La didattica non è una parolaccia ma bisogna trovare un nuovo linguaggio e nuove forme di comunicazione con i giovani che sono cresciuti in un mondo diverso dal nostro, soprattutto in rapporto all’immagine. Loro hanno costantemente in tasca una videocamera o un telefonino, noi no. Per noi il cinema era qualcosa che ‘si vedeva’. Loro dobbiamo spingerli anche a fare. Il nostro errore è stato, per un certo periodo, di non aver più considerato i giovani come interlocutori primari. Ci siamo chiusi nelle nostre rassegne, nei nostri festival, nei nostri giornali, facendo cose anche belle ma in un mondo che restava chiuso e privilegiato. Ora lavoriamo come traghettatori e traduttori”.

Andrea Guglielmino
01 Settembre 2014

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