Un paese raccontato dagli operatori del Luce

Il regista Carlo Di Carlo parla del suo documentario 'Lo sguardo del Luce' uno dei tre ‘punti Luce’, per celebrare i 90 anni, accesi alla Mostra


VENEZIA. “Nel realizzare questa ballata visiva ho raccolto tutto quel materiale dell’Archivio Luce che sa di cinema in senso compositivo, scenico e tecnico, ed è stata una scelta lunga e laboriosa perché ho scoperto che anche l’operatore e il regista meno conosciuti possedevano una grande capacità ed esperienza cinematografica”. Così il regista Carlo Di Carlo parla del suo documentario Lo sguardo del Luce che, insieme a Maschere crude di Falvio De Bernardinis e a Me ne frego di Vanni Gandolfo, è uno dei tre ‘punti Luce’ accesi alla Mostra per celebrare i 90 anni dell’Istituto Luce.

Il documentario segue un percorso cronologico, in particolare l’evoluzione dell’estetica e del linguaggio del Luce e la colonna sonora del materiale del periodo muto, 1924/1929, è fatta da musiche provenienti sempre dall’Archivio. “E da tutti i materiali mostrati emerge la presenza di un insieme di professionalità di altissimo livello che conoscono profondamente il cinema e che danno il meglio di sé nel loro lavoro qualunque esso sia: documentari, cronache, cinegiornali”, spiega Di Carlo.
Nonostante il disegno propagandistico del regime, gli operatori evidenziano negli anni con le loro immagini uno stile moderno che anticipa il neorealismo. Così anche le immagini di attualità – da quelle della Rinascente al Carnevale di Venezia, alla fabbrica di cappelli Borsalino – si presentano “come un materiale pensato quasi fossero sequenze di un film”.

Il documentario ci mostra, negli anni del regime fascista, gli eventi più disparati della vita politica, economica, sociale, culturale e sportiva del paese: una fiera del libro a piazza Venezia con Marinetti e D’Ambra; il giro d’Italia con Binda; il varo del transatlantico Rex; la costruzione di Cinecittà; una Mostra di Venezia di fine anni ’30 con i volti di artisti allora famosi, da Assia Noris a Fosco Giachetti a Mario Camerini.
Non mancano sequenze e servizi girati all’estero in Terra Santa, Africa, Artide, Shanghai durante la guerra che contrappone Cina e Giappone. Ci sono poi immagini poco conosciute come i bombardamenti dell’agosto 1943 di Roma o la visita del figlio di Mussolini, Vittorio, direttore allora della rivista ‘Cinema’, agli studios hollywoodiani nel 1937.
“Ho voluto contrapporre a quel figlio che conversa in inglese, un padre che parla tedesco in visita nella Germania di Hitler”, dice l’autore.

E ancora brani dei documentari Venezia minore  e Sulle orme di Leopardi di Pasinetti – “un mio omaggio al film di Mario Martone” -, Gente del Po di Antonioni la cui forte impronta visiva chiude un’epoca e ne prepara una nuova.
In chiusura de Lo sguardo del Luce l’omaggio ad Anna Magnani? “Ho avuto con lei un rapporto stretto quando sono stato aiuto di Pasolini in Mamma Roma e la considero l’icona della rivoluzione cinematografica del dopoguerra. In quel suo sguardo finale – conclude il regista – c’è tutto il pensiero, la nostalgia di una nuova epoca che comincia”.

04 Settembre 2014

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