“La buca è un film molto diverso dalle mie precedenti esperienze di regia, ma nello stesso tempo c’è un senso di continuità. In fondo il personaggio interpretato da Rocco Papaleo, Armando, che ha subito l’ingiustizia di anni di galera, potrebbe essere ‘il figlio’ del mio precedente lavoro”. Il regista Daniele Ciprì si riferisce a Busu, il ragazzo siciliano vittima destinata al carcere a vita in E’ stato il figlio, film importante, e non sufficientemente apprezzato, che oscillava tra il grottesco e il tragico.
Con La buca, in uscita con Lucky Red il 25 settembre, Ciprì sperimenta un’avventura artistica del tutto diversa, prossima alla commedia, a tratti surreale, costruita su una coppia comica maschile azzeccata, Rocco Papaleo e Sergio Castellitto, affiancata dal personaggio della sensibile barista Carmen, Valeria Bruni Tedeschi.
Armando (Papaleo) e Oscar (Castellitto) sono due solitudini, due esistenze precarie che un simpatico cane randagio, un meticcio chiamato Internazionale, fa casualmente incontrare e insieme percorreranno un frammento di vita, aiutandosi a vicenda. Ma all’inizio la loro futura e un po’ improbabile amicizia non è così scontata.
Armando è appena uscito dal carcere dopo aver scontato ingiustamente una pena di quasi trent’anni, ma non cova alcuna vendetta o volontà di rivalsa. “E’ una specie di angelo, l’assenza di rancore è la sua anima e proprio questo suo sentimento mi ha guidato nella costruzione del personaggio”, spiega Papaleo.
Come in una favola il buono incappa nel cattivo di turno, cioè Oscar (Castellitto), un avvocato truffaldino e fallito, solitario e misantropo, pronto a intentare cause del tutto fittizie. Ci prova anche con Armando, per accorgersi presto che la vittima è nullatenente. O meglio un ‘tesoro’ Armando lo porta con sé ed è una causa, dal risarcimento milionario, ai danni dello Stato per l’ingiusta detenzione.
“Oscar è il cattivo per eccellenza e ed è stato un piacere interpretarlo per me spesso impegnato in ruoli drammatici. Mi ha consentito di scatenarmi fisicamente e di recitare in velocità, quasi al limite dell’inciampo”, dice Castellitto.
La storia de La buca sembra non avere né tempo né luogo, l’’ambientazione è indefinita, in una città immaginaria. Da tempo Ciprì desiderava esplorare un nuovo genere e allontanarsi dal suo mondo siciliano. Questa volta il punto di partenza non è stato un romanzo, come nel caso di E’ stato il figlio, ma la commedia sia nella versione italiana (Monicelli, Risi), sia in quella americana (Capra, Wilder, Edwards).
Insomma un omaggio alla commedia degli anni ’60, come lascia intuire la raffinata e deliziosa presentazione animata del film, per poi abbandonarla presto, ricercando la propria cifra stilistica.
“Quando racconto una storia parto da un’idea, da personaggi realistici, magari incontrati per strada, che poi colloco nel mio immaginario, in luoghi inventati – afferma il regista palermitano – Non ho mai tradito il mio passato artistico, non tornerei a fare Cinico TV, sarebbe impossibile. Ma non l’ho rimosso così mi viene naturale esasperare i toni grotteschi, non essere realista e ricercare un mondo astratto”.
Ciprì ci tiene infine a ricordare di aver girato in pellicola – “ho fatto un film in vinile” – convinto che l’immaginario sia stato contaminato e distrutto dal digitale che ormai appartiene alla realtà quotidiana di tutti noi.
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