Bartali, uno Schindler in bicicletta

Nell'anniversario del rastrellamento degli ebrei del ghetto romano, il festival di Roma propone il documentario di Oren Jacoby My Italian Secret Gli eroi dimenticati. L'abbiamo intervistato


Un messaggio della Presidenza della Repubblica ha salutato l’anteprima del documentario My Italian Secret – gli eroi dimenticati di Oren Jacoby, Evento Speciale al Festival di Roma. Una proiezione voluta proprio nel giorno in cui si commemora il rastrellamento degli ebrei del Ghetto di Roma. “Considero saggia l’idea di presentare il film il 16 ottobre, data che ci ricorda la ferita ai valori umani e di civiltà inferta dalla deportazione di ebrei romani nel 1943. Non far dimenticare quella stagione di orrori è indispensabile. Far conoscere con racconti di protagonisti alcune delle coraggiose solidarietà verso le vittime delle persecuzioni naziste è un contributo utile alla consapevolezza della nostra società, e in particolare dei giovani, su quanto avvenne. Con pari attenzione il documentario ricostruisce sia i meriti di un italiano famoso, Gino Bartali, sia quelli di altre donne e uomini privi di notorietà, tra le quali suore e sacerdoti, che mettendo a rischio le incolumità proprie permisero di salvare vite di concittadini di religione ebraica e di ebrei in fuga da varie parti d’Europa”, ha scritto in una lettera Maurizio Caprara, consigliere del Presidente Napolitano per la stampa e la comunicazione. 

My Italian Secret Gli eroi dimenticati racconta dunque una storia di giusti, proprio come aveva fatto Steven Spielberg in Schindler’s List. E tra questi c’era anche un atleta famoso come Gino Bartali, che aveva vinto il Tour de France nel ’38, e che allenandosi per le strade della Toscana e dell’Umbria portava documenti falsi nella canna della sua bici, sfidando i controlli delle SS. E c’era il dottor Giovanni Borromeo che all’ospedale Fatebenefratelli di Roma creò un reparto per una malattia contagiosa che non esisteva, il morbo di K, dove “K” stava per Kappler e Kesselring, “era uno sfottò ai danni dei tedeschi, per farsi coraggio”, racconta suo figlio Pietro. Sono tantissimi gli italiani, di ogni ceto e condizione, che aiutarono gli ebrei a sfuggire alla deportazione salvandone centinaia. Più che in altri paesi d’Europa. “Agirono per generosità ma anche perché siete un popolo che ama sfidare l’autorità e che ha il senso dell’umorismo. In questi eroi vedo coraggio, impudenza e creatività, ma soprattutto il gusto di sfidare gli occupanti tedeschi”, dice Oren Jacoby, regista americano che è stato candidato all’Oscar con un suo documentario, Sister’s Rose Passion nel 2005. My Italian Secret parte da un articolo pubblicato sul Wall Street Journal nel ’93 e intitolato An Army of Schindlers from Italy in cui si rivelava che mentre l’80% degli ebrei europei era finito nelle camere a gas, l’80% degli ebrei italiani era scampato alla Shoah. Il film segue il ritorno in Italia di alcuni dei sopravvissuti che tornano sui luoghi della seconda guerra mondiale, spesso incontrando i loro benefattori che non avevano più visto da allora. Oggi sono persone anziane, all’epoca erano  bambini. A volte sono i figli dei protagonisti a prendere la parola. “Cos’altro si poteva dire sull’Olocausto – si chiede l’autore – dopo i tanti film e i tanti libri. Forse è utile parlare di aspetti meno oscuri, più positivi, anche per trasmettere ai giovani una conoscenza di quella tragedia. I giovani amano le storie in cui si affronta un dramma in modo intelligente”.

Jacoby si sente in debito verso il neorealismo. “Fui iniziato al cinema proprio in Italia, dove venni da studente quando avevo 19 anni, nell’estate del ’75. Frequentavo il Centro sperimentale e a Cinecittà ebbi l’occasione di visitare il set di Casanova e incontrare Fellini. Vidi Lina Wertmueller che girava Pasqualino Settebellezze e Pasolini che stava al doppiaggio di Salò. Fellini per me era un idolo, Amarcord il film più potente della mia giovinezza”. C’è qualcosa di quell’esperienza anche in questo documentario? “Il neorealismo è importante per molti documentaristi e in questo caso l’idea dell’eroe in bicicletta è anche un omaggio a Ladri di biciclette“. Così anche la scelta della voce narrante, quella di Isabella Rossellini, “una voce americana ma anche italiana che ci fa subito pensare a suo padre, il grande Roberto”. E Bartali è ancora noto tra gli americani? “Certo, gli appassionati di ciclismo lo adorano. Le sue vittorie del Tour de France, soprattutto quella del ’48, sono tuttora un mito. Seppi del suo impegno in difesa degli ebrei da mia moglie, che ama questo sport, e che mi parlò di una corsa in sua memoria da Firenze ad Assisi, la stessa strada che faceva lui per aiutare gli ebrei nascosti nella Basilica”. 

Cristiana Paternò
16 Ottobre 2014

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