Storie di viti e di vite, da lunedì a lunedì

Filippo Vendemmiati nel documentario 'Meno male è lunedì', racconta le giornate vissute nell'officina del carcere di Bologna da operai metalmeccanici in pensione e detenuti che imparano il mestiere


ROMA. “Se incontrassi qualcuno di loro, fuori di qui, durante un corteo sindacale, uno sciopero, di sicuro lo porterei a pranzare al ristorante”. Così, in chiusura del documentario Meno male è lunedì, uno degli operai metalmeccanici in pensione che nel carcere della Dozza di Bologna insegna il mestiere a 13 detenuti, in gran parte immigrati, con condanne superiori ai 5 anni. Nell’officina-azienda che ha preso il posto della palestra del penitenziario, il giornalista e regista Filippo Vendemmiati registra in presa diretta il rapporto umano creatosi nel tempo tra allievi e maestri speciali, impegnati fianco a fianco nella costruzione della componente di una macchina per imballaggi ad alto contenuto tecnologico.

Chi impara di più alla fine e che cosa? Per gli operai insegnanti è la scoperta di esistenze mai intercettate, di un mestiere ed un sapere da comunicare e tramandare. Per i carcerati è l’occasione di uscire mentalmente da un universo chiuso, scandito dall’attesa della fine della pena, e di costruire in un tempo finalmente riempito l’opportunità di una nuova vita.
“I giorni della settimana hanno un senso e una cadenza dettata dai turni di lavoro – spiega il regista – I gesti e le parole evadono per costruire un mestiere e relazioni umane. Né detenuti, né uomini liberi, solo colleghi e operai che s’incontrano e lavorano accanto, scambiandosi conoscenze, saperi, ‘storie di viti e di vite’ ”.
Nello spazio dell’officina vanno in scena istruzioni e lezioni di tecnica, dialoghi scherzosi, battute, pause caffè, ma il privato e le vicende personali per lo più restano fuori. A cominciare dal passato dei detenuti, che il film restituisce solo nel numero di anni che a loro rimane da scontare in cella.

Il film comincia la mattina del lunedì con i protagonisti che raggiungono il luogo di lavoro: gli operai dalle loro abitazioni, i detenuti dalle celle, mentre il camion arriva con il suo carico di componenti meccaniche da assemblare. Il documentario si sviluppa nell’arco della settimana per concludersi il lunedì successivo, perché questo è in fondo il giorno peggiore per chi lavora ‘fuori’, ma il giorno migliore per chi lavora ‘dentro’. Sabato e domenica sono solo noia per il detenuto-operaio.
La colonna sonora del film è opera del compositore e bassista dei Têtes de Bois Carlo Amato. “Abbiamo visto in questa grande officina dalle finestre alte e dalle inferriate simili a croci una cattedrale ‘laica’, una chiesa nel quale ‘monaci di clausura’ lavorano e cantano durante il giorno e poi la sera tornano nelle loro ‘celle’ al piano di sopra per pregare”, dice il regista.
Vendemmiati aveva vinto il David di Donatello e il premio Vittorio De Seta al Bari Bifest con È stato morto un ragazzo, documentario d’inchiesta sulla morte del giovane Federico Aldovrandi dopo un pestaggio della polizia, e nel 2012 alle Giornate degli autori aveva portato il film dedicato al leader del Pci Pietro Ingrao Non mi avete convinto.

Stefano Stefanutto Rosa
21 Ottobre 2014

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