Elisabetta Sgarbi e la trilogia del Po

Un ritratto inedito del Po e della sua gente, commissionato da Rai Cinema, quello offerto da Elisabetta Sgarbi nel suo Due volte Delta, film in due tranche che proseguirà con un terzo capitolo


Un ritratto inedito del Po e della sua gente, commissionato da Rai Cinema, quello offerto da Elisabetta Sgarbi nel suo Due volte Delta, presentato al Festival di Roma nella sezione Prospettive Italia. Due film in uno, in realtà, qui presentati in un’unica tranche. Ne Il pesce siluro è innocente, incontriamo, due consumati pescatori di anguille nella sacca di Goro e un uomo dediti alla raccolta delle vongole e delle cozze. Vite che si svolgono lungo il Po, seguendone il ritmo e le stagioni. Qualcosa, però, è irrimediabilmente perduto. In Per soli uomini, tre uomini impegnati nell’allevamento del pesce resistono in un angolo di mondo situato lungo il Po di Maistra, nell’estremo Delta del Po, in una delle ultime valli da pesca.

Sgarbi riesce nell’intento di rendere in poesia dati di carattere geografico, sociologico, antropologico, per cogliere ciò che resta di un mondo magico e sospeso nel tempo, anche grazie al commento sonoro di Franco Battiato, collaboratore ormai storico della regista. “In realtà – spiega Sgarbi – il progetto si estenderà presto a una trilogia. Il terzo episodio si chiamerà Il pesce rosso dov’è? e spiegherà appunto dove siano finiti questi pesci che prima erano tantissimi. Approfondiamo l’innocenza del pesce siluro, lui stesso in crisi e a rischio estinzione. Le ferite vengono dagli scarichi industriali. Nei due film presentati qui ci sono chiaramente delle differenze, dai toni grigi del primo episodio alle splendide giornate di sole e ai colori del secondo, con il paesaggio variegato, quando dalla descrizione delle giornate dei pescatori si passa alla pesca vera e propria di anguille, cozze e vongole e alla cattura di pesci che poi crescono per diventare pesci da spettacolo. Considero il film in qualche modo autobiografico sebbene non sia mai stata in quei luoghi, perché fanno comunque parte di me, li ho dentro, forse ci sono stata in un’altra vita. Con Battiato collaboro molto facilmente, basta che io gli descriva un’immagine e mi trovo per le mani del materiale utilissimo. Sono editrice da tanti anni ma se mi avessero commissionato un lavoro sul mondo dell’editoria non lo avrei fatto. Mi affascinano di più questi luoghi che ho sentito narrare dai racconti di mio padre, il mondo dell’alluvione. Mi hanno risucchiato come sabbie mobili e ci sono rimasta impantanata, tanto che quando vedo il film ne ho nostalgia. Li voglio rivedere, voglio tornare là, in mezzo alla nebbia che erige muri giallastri e arancioni. Spesso si cerca la libertà ma io sto bene in questa prigionia”. “Con Elisabetta siamo affiatati – racconta Battiato – ma non telepatici. Per cui spesso la chiamavo e le suggerivo magari un titolo. Come ‘Il tormento dell’amante’. E lei mi dava l’ok e allora procedevo. Altre volte lavoravo sui suoni, come dei tuoni che poi sembravano delle bombe. Mi ha detto: mi servono, mettine di più”.

Andrea Guglielmino
23 Ottobre 2014

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