Index Zero: fantascienza italiana tra ‘The Road’ e ‘District 9’

Lorenzo Sportiello al Festival di Roma con uno sci-fi indie tutto italiano


Scenari desolati, tunnel clandestini, polizia corazzata e brutale, rivolte, centri di detenzione, diktat, distopia. Tra Mad Max, The Road di Hillcoat e lo sci-fi sudafricano di Neill Blomkamp (District 9, Elysium) si muove Index Zero di Lorenzo Sportiello, soprendente opera indie di fantascienza tutta italiana, sebbene girata in Bulgaria in lingua inglese, che arriva al Festival di Roma nella sezione Prospettive Italia. Protagonisti della storia (che ha nel cast anche Antonia Liskova), ambientata nel 2035, sono Kurt (Simon Merrells già visto a fianco di Anthony Hopkins in Wolfman e nella serie Spartacus) e Eva (l’attrice rumena Ana Ularu), che aspetta un bambino. I due percorrendo una landa desolata, trovano un varco clandestino per entrare illegalmente, nei più floridi Stati Uniti d’Europa che applicano la tolleranza zero verso gli immigrati. La polizia di frontiera però li arresta subito e entrambi vengono separati e internati in un centro di detenzione, dove ogni loro emozione e respiro vengono controllati da un braccialetto elettronico. Grazie a questi controlli, negli U.S.E. a ogni cittadino viene affidato un indice di sostenibilità basato sul benessere e la produttività personale. Essendo incinta (la gravidanza naturale è vietata perché non economicamente sostenibile) Eva è destinata ad essere espulsa, ma Kurt, che invece potrebbe restare, ha pronto un piano.

“Ho scelto di lavorare con respiro internazionale – spiega Sportiello – perché è necessario per il futuro del nostro cinema, che è costituito da sole commedie mainstream. Per il resto non ci sono i numeri e non c’è il pubblico. Infatti sono curioso di vedere come andrà non solo il mio film ma soprattutto Il ragazzo invisibile di Salvatores, film di genere, italiano, ad alto budget. Naturalmente per girare all’estero avevo anche una motivazione data dalla trama. La storia è ambientata negli immaginari Stati Uniti d’Europa e dunque cercavo facce ‘al confine’, e luoghi di quel tipo. L’Italia non era adatta. La sfida è trovare nicchie sul mercato globale che siano interessate a questo prodotto. Il futuro che immagino è degradato, mette in scena la crisi del presente. E la gente si adatta a questo degrado. Il film è metaforico e politico ma non ‘di partito’. Non do giudizi di valore o soluzioni. E’ venuto tutto fuori lavorando in sceneggiatura, all’inizio volevo dirigere una cosa molto meno intimista, uno Spartacus 3000 3D. Non amo la retorica del ‘film difficile’. Tutti i film lo sono. Certo questo è stato abbandonato da una produzione e noi lo abbiamo preso in braccio. Sarebbe bello se fosse di ispirazione almeno per un ragazzo. Per imbracciare la videocamera, circondarsi di collaboratori bravi e mettersi a fare cinema al di fuori delle logiche di mercato”.

Andrea Guglielmino
24 Ottobre 2014

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