SINDACO PER UN GIORNO


15 giugno 2000. Alberto Sordi compiva 80 anni e l’ex sindaco di Roma Francesco Rutelli aveva deciso di fargli un dono particolare. In quel giorno caldo, Albertone sarebbe diventato sindaco dei romani, sarebbe andato in giro per la capitale. Inviata nel bagno di folla, seguii Sordi per tutto il giorno, a piedi e con un motorinaccio oggi in demolizione. Quello che vidi fu emozione cristallina, negli occhi del pubblico e in quelli di Albertone. Ecco la cronistoria di quella giornata particolare.

Ore 10.00, Campidoglio, Sala Consiliare. Sono presenti Giuliano Amato, il sindaco Francesco Rutelli e Alberto Sordi. Tutto procede con calma. Rutelli consegna la fascia tricolore al nostro primo cittadino, Amato fa sapere a noi e ad Albertone che nei prossimi anni si potrà studiare la storia vedendo i film da lui interpretati. “Sordi ha rappresentato un secolo di italiani, ha scritto la loro storia”, al pari di De Felice, Sabbatucci, Vidotto e Salvadori. Una nuova conquista per le vecchie cattedre universitarie di Storia contemporanea.

Ore 11.00, Sala delle Bandiere, “Il Vigile urbano”. Il corpo della polizia municipale consegna dei doni al suo interprete cinematografico più famoso, ma questa volta Albertone non fa multe a De Sica-Rutelli per eccesso di velocità, si limita ad affermare che una giornata da sindaco gli basta. “E’ troppo stressante fare il sindaco”.

Ore 12.00, “Il marchese del Grillo”. Bisogna seguire Albertone fino alla Torre delle Milizie. Io e tanti altri giornalisti percorriamo la discesa di via S. Pietro in carcere, attraversiamo via dei Fori Imperiali, e risaliamo per vicolo S.Bernardo. Comincia la ressa: cerchiamo di avvicinarci ad Albertone, lui sorride, fa battute, parla con tutti, si diverte: “Ho una famiglia io. Ho sacrificato la mia vita privata, ma ho una famiglia ancora più grande, il mio pubblico… voi, che amo… vi amo”. A una giornalista: “Anche te, non ti conoscevo prima… mo’ amo pure te!”. Spintoni. Sordi, invece di tirare monetine, inaugura la fine del restauro della Torretta, taglia il consueto nastro (“Se sapevo de trovà le forbici mi davo una spuntatina”) e ricorda che la Torre è un monumento da custodire e che tutta la città di Roma è nostra: “Considerate Roma un grande museo a cielo aperto, da praticare a piedi… anzi in punta di piedi”. “Fino ad oggi abbiamo realizzato il sogno di poter andare in giro con l’automobile… ora mi piacerebbe rivedere le persone camminare nel centro di Roma… la Roma che amo, quella del Buongiorno come va”.

Ore 13.00, Pausa. Sordi entra in macchina. Sono vicino a lui, ho appena ricevuto un pugno in faccia, sono sporca, sudata, la camicia si è aperta, i piedi sono neri per la polvere e i pantaloni di fresco lana si sono strappati. Do un’ultima occhiata al festeggiato: un aspetto impeccabile.

Ore 18.25, Villa Gordiani-zona Prenestino. Il parco è pieno di gente, di tutte le età. È il compleanno di tutti. Molte persone sono arrivate due ore prima, hanno approfittato della giornata di “festa”, e si sono sedute sui muretti con i gelati in mano. Chiacchierano e, anche se stanche, aspettano composte l’arrivo di Albertone. “Ciao nì”, si conoscono in molti. Sono i veri padroni di casa, fanno loro gli onori. Il “sindaco” sta per arrivare e la polizia intima alle signore anziane di alzarsi dai muretti, perché Albertone “deve entrare con la macchina”. Dicono: “Ahò io non me movo da qua… che me faranno… e la macchina mica me monterà sopra!”. Un’altra: “E do’ dovrà annà sta macchina”. Conoscono a memoria le parole di Sordi. Una giovane giornalista televisiva vuole intervistare una signora: “Nà tv satellite, che vorrà dì?”. La giornalista tenta di spiegare puntando il cielo con un dito. “Vabbè, vabbè!” le fa l’anziana, si volta e inizia a parlare con le amiche degli ultimi film di Sordi “In viaggio con papà, Troppo bello… mo’ glie famo cantà ‘Ma ndo’ vai se la banana non ce l’hai?’, la cantava con Monica Vitti in Polvere di stelle“, “Se non ce so’ cresciuta io, co’ lui non c’è cresciuto nessuno”. Alcuni hanno composto delle poesie, sono timidi e non sanno come fargliele arrivare.

Ore 19.00. Albertone, accompagnato dal sindaco Rutelli entra nella villa, a piedi. Il pubblico emozionato comincia ad applaudire e a cantare ‘Tanti auguri Alberto’, tutti alzano le mani in segno di saluto. Lui sale su un piccolo palco allestito per l’occasione, comincia a parlare: “Rutelli mi ha voluto investire della fascia tricolore. L’ho accontentato ma, parola d’onore, non lo faccio più!” (salgono le urla “per sempre Sordi!” “rimani Sindaco!”). Emozionato, comincia a ringraziare: “Io sono un attore cinematografico, un subordinato prestatore d’opera. Siete stati voi a farmi fare questa carriera cinematografica, il vostro gradimento. Vi ringrazio per avermi accettato con questa fascia tricolore”.

Ore 19.30. È tardi, il sindaco Rutelli gli ricorda che hanno altri impegni al Campidoglio. La macchina riparte. “È stato un pizzico”.

Ore 19.45, Un Anonimo romano
“Ma che è sta caciara a Villa Gordiani?
Nun s’è mai visto sto gran movimento
Chi Albertone, sindaco dei Romani?
Magari! Nun ce sarebbe un lamento.
Perché è n’omo che ce pensa…
a domani.
Questo t’arriva così fino ai cento!
Ha fatto tredici a nasce, t’aricordi.
Guarda che ber pischello è Alberto Sordi!”

Ore 21.30, Piazza del Campidoglio. Il programma prevede la proiezione di uno straordinario film, Una vita difficile di Dino Risi (1961) con Sordi nei panni di Silvio Magnozzi. Tra la fine del primo tempo e l’inizio del secondo, Albertone e Rutelli si affacciano. Rutelli gli consegna la Lupa. Albertone ringrazia e inizia parlare del lungometraggio: “Questo è un film che ho amato molto. Ha un significato molto importante: non si può essere onesti a oltranza perché si paga lo scotto più del birbaccione. Lungo la mia carriera cinematografica ho sempre rappresentato il difetto, in tutte le classi sociali. Ho voluto fare il neorealismo a sfondo ironico. Volevo raccontare la realtà della vita in tutte le situazioni, facendo però ridere il pubblico”. Salgono le urla: “Sindaco, sindaco!”.
Albertone di nuovo: “Chi vi parla è un attore, un subordinato prestatore d’opera. A mezzanotte, come Cenerentola, mi tolgo la fascia tricolore “. In risposta: “Alberto, e scendi, viè co’ noi, vie’ in curva da noi!”. Albertone non sa che dire, è emozionato, guarda bene il suo pubblico, ringrazia, “Siete la mia famiglia”, e se ne va.

Chiara Nano
25 Febbraio 2003

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