Lettera aperta da un centro sociale


I suoi 78 anni dovrebbero avere reso saggio e tranquillo Citto Maselli e invece ammette in pubblico di sentirsi emozionato, di provare un po’ di panico pensando che tra poco il suo Le ombre rosse, sebbene fuori Concorso, sarà visto in Sala Grande. “Per noi registi è un luogo mitico e insieme tragico. E’ stato il teatro dello scontro per La terra trema, nell’edizione veneziana del 1948, con urla di parte del pubblico che contestò il film di Luchino Visconti. Io ero in licenza premio al Lido insieme ad altri due allievi del Centro Sperimentale, Lucio Fulci e Nanni Loy. Eravamo viscontiani così accaniti che mi lasciai scappare a tutta voce ‘assassini’, un’espressione così forte verso i contestatori che gelò la sala”.
E a Visconti, Le ombre rosse rende omaggio fin dalle prime inquadrature con un brano dell’opera lirica ‘Il trovatore’, il secondo atto, la stessa utilizzata dal regista all’inizio di Senso, ma il quarto atto.

 

Al centro una vicenda che è metafora della condizione di crisi che vive oggi la sinistra: un famoso intellettuale interpretato da Roberto Herlitzka, invitato a tenere una lezione sui nuovi irrazionalismi al centro sociale ‘Cambiare il mondo’, scopre la vitalità politica di questa struttura che ospita dibattiti, concerti, prove teatrali, postazioni web, scuola per figli di immigrati, posti letto per senza casa. L’intellettuale, ammirato dall’impresa cche vede protagonisti dei giovani, lancia casualmente in un’intervista televisiva la proposta che questo modello possa allargarsi e diventare un progetto più ampio. Grande è l’interesse dei media per questa idea, così come la mobilitazione intorno al progetto politico che progressivamente perde la sua originalità, mentre fervono scontri e polemiche tra le tante sinistre.

“A differenza dal mio Lettera aperta a un giornale della sera che analizzava il rapporto tra gli intellettuali e il Pci, Le ombre rosse – spiega il regista – guarda alla complessità dei problemi e della crisi della sinistra. Non c’è nessuna polemica con i salotti, non c’è l’elenco dei buoni e dei cattivi. Piuttosto vediamo tante anime, tante posizioni senza alcuna semplificazione”.

Maselli è convinto, come il suo intellettuale, che oggi il modello del centro sociale sia una delle realtà politiche più belle e più strane. Innanzitutto perché poco ideologica e perciò lontana dal ’68, con un’attività straordinaria sul territorio e nel quartiere. “E’ quello che ci insegnò il Partito comunista negli anni ’50 e oltre e che ora è stato recuperato anche dalla Lega e dal volontariato cattolico i quali ricercano un rapporto con le realtà locali”.

Il regista vorrebbe che l’opera parlasse non solo alla sinistra di casa nostra, ma anche quella europea, che non sta meno bene. “L’intellettuale Siniscalchi, interpretato da Herlitzka, benché istituzionale tuttavia non accetta le analisi dei nuovi guru della sinistra che affermano che il Novecento è stato solo un secolo di errori e propongono un’idea mistica del cambiamento. Oggi, come non mai, dobbiamo mantenere forte il legame con l’idea di partito, di organizzazione e di progetto”.

Alla fine la pellicola, nonostante si esaurisca la vitalità del progetto lanciato dal centro sociale, conserva quel pessimismo della ragione e quell’ottimismo della volontà di gramsciana memoria. “Quel casolare della sequenza finale che i giovani intendono ristrutturare non è necessariamente un nuovo centro sociale, ma simbolicamente rappresenta un partito”.

Il film, una coproduzione 13 Dicembre, Rai Cinema e Cattleya, in sala dal 4 settembre, ha tra gli altri interpreti: Arnoldo Foà, Valentina Carnelutti, Lucia Poli, Luca Lionello, Flavio Parenti e Ennio Fantastichini.

Stefano Stefanutto Rosa
03 Settembre 2009

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