Nuti: cari amici vi scrivo


Sono attesi Carlo Verdone,  Giuliana De Sio, Alessandro Haber, Ferzan Ozpetek, Francesca Neri, Isabella Ferrari, Giuliana De Sio – l’amico di sempre Giovanni Veronesi, impegnato sul set di Manuale d’amore 3, invierà un video messaggio – nella giornata conclusiva del Festival che ha in programma come evento speciale il documentario Francesco Nuti… e vengo da lontano realizzato e autoprodotto da Mario Canale e ideato insieme a Annarosa Morri. Un parterre ricco di presenze che sarà vicino a Nuti artista ormai dimenticato e in disparte, vittima della depressione, dell’alcolismo e di una rovinosa caduta dalle scale di casa, nel settembre 2006, che lo ha tenuto in coma per un lungo periodo e l’ha segnato irrimediabilmente nei movimenti e nella voce.

 

Lui il regista e attore ‘melancomico’, campione d’incassi con i suoi film dall’inizio anni ’80 a metà degli anni ’90, non ci sarà. Ci sarà probabilmente una sua lettera affidata all’ex moglie Annamaria Malipiero e madre della loro figlia Ginevra. Una lettera nella quale Francesco ringrazia chi gli è vicino, dice di stare meglio, e parla anche di progetti tra cui l’uscita di un cd ‘Le note di Cecco’ con alcune sue canzoni incise su vinile nel periodo precedente al trio comico toscano dei Giancattivi e altre che dovevano far parte di “Starnuti”, una raccolta uscita nel 2006 e realizzata insieme al fratello Giovanni.

Quel fratello medico e musicista che da tempo gli è accanto e che nel documentario ci dice che Francesco è vivo ma è tornato da questa battaglia con alcune ferite: muove con difficoltà un braccio, con molta fatica cammina, parla male e con parole smozzicate.

Ma che cosa è accaduto a quel figlio di un barbiere di Prato, perito chimico tintore, divenuto in breve tempo un artista di successo, super pagato e ai vertici del botteghino?

“Ora che ho 50 anni conosco ancora il dolore dell’abbandono. Non è vero che ho cercato il successo, è vero il contrario. Io ho conosciuto l’asprezza di questo mondo dello spettacolo con una tale voracità che mi ha fatto imparare tutto e presto, anche l’arte del corteggiamento – scrive Nuti in una lettera del 2005 al fratello e citata nel documentario a lui dedicato – Non è vero che io ho preso le donne, è vero il contrario. Ho fatto finta per anni di essere un Don Giovanni e sono ancora qui a leccarmi le ferite. E’ vero ho avuto tante donne, tante macchine, tanti soldi, ma tutto si è bruciato in un baleno e tutto ciò che mi è rimasto addosso è quella malinconia che tu dici”.

Il documentario, che Nuti ha visto senza chiedere alcuna modifica, ricostruisce il periodo d’oro della sua carriera fino al fallimento dell’ambizioso e costoso progetto OcchioPinocchio (1994), che lo segnerà in modo profondo. Una sconfitta che non è attenuata dai successivi tre film – Il signor Quindicipalle, Io amo Andrea e Caruso, zero in condotta che peraltro realizzano incassi non paragonabili a quelli ottenuti in passato.
“Mi interessava il Nuti del cinema, non quello del cabaret dei Giancattivi che ho accennato appena. Il Nuti capace di dirigere con esperienza il set, girando poca pellicola. Non ho raccontato gli ultimi anni caratterizzati dalla depressione e che ho solo sfiorato con alcuni titoli di giornali. Ho chiesto invece agli amici e ai colleghi di lavoro di trovare una spiegazione di quella caduta rovinosa dalle vette del cinema di cui Francesco è stato vittima”.
E allora le testimonianze di oggi di Ponzi, Veronesi, Ozpetek, Chiti, Piccioli, Lucherini, Pieraccioni, Haber, Verdone, Panariello e Giuliana De Sio. E poi Nuti che si racconta in alcune interviste del 1990 e 1991, in un’altra del 2000 con Francesca Neri, e i backstage dei suoi film più famosi.

“Accade che il successo arrivi con grande prepotenza, ma il vento non spira sempre a tuo favore. E quando succede a una persona fragile può provocare depressioni che sono il peggior nemico di un artista”, avverte nel documentario Verdone. E Veronesi aggiunge: “Francesco come uomo non tirò il freno a mano, non si può stare sempre all’apice”. E ancora la sceneggiatrice Carla Casalini: “Il successo è come la droga, se non ce l’hai stai male e se ce l’hai stai male lo stesso”.

Canale ha prodotto da solo il suo film dopo aver cercato invano il sostegno di televisioni e home video, e ricevuto il rifiuto della Regione Toscana a causa della documentazione incompleta presentata. A complicare il tutto il problema dei diritti dei film mostrati, tanto che il lavoro è in attesa di una distribuzione commerciale. Ma l’autore è convinto che vi sia anche una forma di rifiuto: i perdenti non piacciono.

“Questo è anche un tipico caso italiano di perdita della memoria, ma assomiglia quasi a una cancellazione, una rimozione del malessere. Per i suoi amici e per quelli che gli vogliono bene questo è imperdonabile – conclude Canale
 – e lo è anche per il suo pubblico e i suoi fan che sono ancora tanti. Ho voluto rompere il silenzio perché Francesco è vivo”

Stefano Stefanutto Rosa
28 Ottobre 2010

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