La voce del Tagliamento


Rumore bianco è il suono dell’acqua, che non ha mai smesso di accompagnarmi in questo viaggio conoscitivo del Tagliamento, il fiume accanto al quale sono nato e che è un bene comune che sta lentamente svanendo dall’immaginario e dall’esperienza di chi ogni giorno lo attraversa”. Alberto Fasulo, friulano originario di San Vito al Tagliamento, dedica al fiume e alla sua gente la sua opera prima, il documentario Rumore bianco che dal 6 al 19 marzo si potrà vedere al Nuovo Cinema Aquila di Roma.

 

Fasulo percorre, dalla sorgente fino a valle, i 170 chilometri del Tagliamento con affetto e partecipazione, mostrandoci la natura nell’arco delle stagioni, in particolare l’acqua e la sua voce nelle diverse manifestazioni, e soprattutto la comunità che abita o frequenta il fiume. E allora vediamo i ritratti di coloro che vi hanno un rapporto quotidiano: la vecchia montanara eremita, i tecnici della centrale idroelettrica, le due anziane sorelle, un pescatore e un cacciatore, i biologi svizzeri, i giovani bagnanti, la pattuglia militare, i bonificatori di bombe.

Ma il presente si mescola con la memoria passata. Scorrono così immagini d’archivio: piene e alluvioni disastrose, soldati in marcia durante la Grande Guerra, gli interni di case contadine, i bombardamenti aerei nel corso della Seconda Guerra Mondiale.

 

Non ci sono commento e didascalie, i ‘personaggi’ si raccontano con la loro lingua che spesso è il friulano nelle varie declinazioni locali. “Non uso la voce narrante, lo spettatore ha un rapporto diretto con la vita quotidiana e con le persone, non importa se qualcuna di loro può non piacere”, spiega l’autore. C’è invece forte e intensa la voce dell’acqua in tutto il suo ciclo. “Ho cominciato a ragionare sul documentario proprio a partire dall’idea del suono, cui del resto rinvia il titolo. Volevo che il pubblico in sala fosse così avvolto da quel rumore naturale e imprevedibile da sentirne la mancanza una volta terminata la proiezione”.

Ed ecco spiegato l’impiego di un vecchio registratore Nagra , fedele nel raccogliere tutte le sfumature, e insieme l’utilizzo di una cinepresa 16 millimetri, la pellicola è stata infatti gonfiata a 35mm.

 

“Non mi interessava realizzare un film sulla grande questione ambientale legata al Tagliamento. Non amo il documentario di denuncia, stile alla Michael Moore. Metto nel quale ragionare”. In alcune immagini dedicate interamente alla natura, Rumore bianco sembra richiamare l’opera di un altro documentarista, Franco Piavoli, ma Fasulo dice di aver evitato il documentario per pochi, puntando a un’opera dal linguaggio meno commerciale, comunque rivolta a un pubblico medio. Un’opera che, lontana da estetismi, folklore e regionalismi, indaga il rapporto complesso tra l’uomo e il fiume, sapendo che la comunità umana deve ripensare il suo rapporto con la natura. Una vicenda, quella narrata, che ha un respiro non solo locale.

 

Per Rumore bianco non è stata prevista una sceneggiatura, ma prima delle riprese un lavoro di preparazione di 8 mesi, durante i quali il regista ha incontrato e intervistato le tante persone che hanno un rapporto con il fiume e inoltre ha visionato numerosi materiali ritrovati negli archivi audiovisivi presenti nella Regione.

Poi è venuto il turno della cinepresa che il regista ha sempre usato in modo non invasivo, affidandosi talvolta al caso nel cogliere un momento magico della realtà come è accaduto per la sequenza dedicata al temporale.

“L’episodio della donna anziana che da oltre trent’anni vive sola, con l’unica compagnia di galline, gatti e cani in montagna è invece il risultato di oltre tre mesi trascorsi accanto a lei che alla fine si è fidata e ha accettato la mia presenza e quella della camera – ricorda Fasulo – Lei è se stessa in scena, come gli altri protagonisti del mio lavoro che non utilizza interviste, lascia liberi i soggetti di muoversi ed essere spontanei, mentre la cinepresa sembra scomparire. E’ con il montaggio che intervengo, è allora che modello la realtà”.

 

Rumore bianco, presentato in concorso all’ultimo Festival dei Popoli di Firenze e distribuito da Tucker Film, è una coproduzione italosvizzera che coinvolge FaberFilm, Wildeside Media e RTSI Televisione Svizzera in collaborazione con la Cineteca del Friuli, con il contributo di 40 comuni che si affacciano su fiume e di altri istituzioni regionali e provinciali. Il prossimo documentario di Fasulo? “Lo girerò sui camionisti del famoso corridoio 5, sul loro lavoro che li porta lontano. Viaggerò da Kiev a Lisbona, cercando i protagonisti e pensando a James Joyce e al flusso di coscienza. Conto sul sostegno delle Film Commission del Piemonte e del Friuli Venezia Giulia”.

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