Vizio di forma: Joaquin Phoenix in stile Neil Young

Arriva in Italia il 26 febbraio Vizio di forma di Paul Thomas Anderson, tratto dal libro di Thomas Pynchon, con Joaquin Phoenix nei panni del detective anni ’70 Doc Sportello, con tanto di sandalo, ba


  Los Angeles, anni ‘70. Larry “Doc” Sportello è un investigatore privato tossicodipendente che si vede chiedere aiuto da una sua ex, Shasta. La donna vuole infatti evitare che l’uomo con cui ha una relazione, il miliardario Mickey Wolfmann, sposato con un’altra donna, venga internato dalla moglie e dall’amante di quest’ultima. Doc accetta di aiutarla, intraprendendo a sua insaputa un cammino che lo porta ad incontrare una serie di stravaganti personaggi e vivere bizzarre situazioni. La produzione dell’adattamento del libro Inherent Vice di Thomas Pynchon fu annunciata per la prima volta nel 2010, quando Paul Thomas Anderson iniziò a scrivere una sceneggiatura adattando “frase per frase” le 384 pagine del romanzo. Una prima bozza era già pronta a inizio 2011, alla quale vennero applicati alcuni cambiamenti, tra cui la presenza di un narratore e il finale, che si discosta da quello del libro.

Oggi il film è pronto e arriva in Italia col titolo Vizio di forma, in sala con Warner dal 26 febbraio. ”Scelgo i personaggi che abbiano il mio stesso modo di vedere il mondo”, racconta in conferenza stampa a Roma l’interprete di Doc Sportello, Joaquin Phoenix, che già aveva lavorato con Anderson per The Master, e qui in veste vintage, con tanto di sandalo, basettoni e spinello d’ordinanza. Per questo film, candidato a due Oscar (sceneggiatura non originale e costumi) e lisergico caleidoscopio di un mondo in transizione, di una America che mentre si apre alla rivoluzione hippie, già avverte aria di restaurazione, un cast davvero eccezionale: Sasha Pieterse (ex fidanzata di Doc che torna nella sua vita imborghesita come non mai); Benicio Del Toro, avvocato consultato da Doc anche se specializzato di diritto marittimo; Josh Brolin nei panni del tenente Christian F. ‘Bigfoot’, uno che si definisce ‘sbirro rinascimentale’ e mangia banane surgelate. E ancora: Owen Wilson, Reese Witherspoon, Jena Malone, Maya Rudolph, Martin Short, Wilson Bethel, Sam Jaeger, Martin Donovan e Steven Wiig.

“Neil Young è stato uno dei miei primi riferimenti – prosegue l’attore – Nell’ufficio di Paul poi ci sono un sacco di libri sul periodo pieni di foto di vestiti e acconciature, e col costumista abbiamo fatto anche delle prove per vedere cosa funzionava. Ma si tratta di un processo che si sviluppa nel corso di due mesi, in modo organico, cambia e ti dimentichi da dove sei partito. Come attore faccio da filtro tra tutto questo e quella che vedete è la mia interpretazione del personaggio, che sarebbe stato diverso se l’avesse interpretato qualcun altro perché è ovvio che ogni attore ci porta qualcosa di sé”.

“La possibilità di girare una storia corale – dice invece Anderson – è stata uno dei principali motivi di attrazione dopo The Master. E poi lì c’era solo una ragazza e nel Petroliere nessuna, mentre qua ce ne sono tantissime. Mi piaceva molto avere tutti questi bei ruoli femminili. C’è una frase di Raymond Chandler che mi piace citare e che dice l’obiettivo di una detective story è far andare in giro il tuo eroe a flirtare con una ragazza dopo l’altra. Thomas Pynchon usa la struttura della detective story come una scusa per poi trasformarla in qualcosa di diverso e più personale. Per me visivamente l’influenza maggiore è stata il fumetto underground di Gilbert Shelton, i Favolosi Freak Brothers, in cui questi tre hippy strafattoni hanno un’unica missione: procurarsi la droga ed evitare la polizia di L.A. Visivamente mi sono ispirato a loro”.    

Andrea Guglielmino
26 Gennaio 2015

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