“Big Father, Small Father and Other Stories”, il Vietnam all’alba del nuovo millennio

Amore, amicizia, lussuria: le avventure notturne di uno studente di fotografia a Saigon, all’inizio degli anni 2000, sono catturate dal regista vietnamita Phang Dang Di


BERLINO – Amore, amicizia, lussuria: le avventure notturne di uno studente di fotografia a Saigon, all’inizio degli anni 2000, sono catturate dal regista Phang Dang Di in Big Father, Small Father and Other Stories, primo film vietnamita a competere per l’Orso d’oro alla Berlinale. Uno squarcio di vita su un Paese all’alba del nuovo millennio – quando il Vietnam si era appena liberato dall’embargo statunitense e si apriva alle nuove possibilità del capitalismo – offerto sul grande schermo grazie all’amicizia ambigua tra Vu, il suo carismatico coinquilino Thang e la ballerina Van. Ma anche una storia d’amore omosessuale e una riflessione sugli uomini che rifiutano la responsabili della paternità, visto che è ispirato alla storia letta su un giornale locale circa 20 anni fa, riguardante giovani ragazzi intenzionati a fare la vasectomia. “La mia giovinezza – aveva detto il regista – è trascorsa tra notti appassionate, giorni di bevute momenti patetici passati a guardare il soffitto, desideri, fallimenti, affari e compromessi… Col passare del tempo ogni cosa per me è diventata più chiara e questi personaggi ora mi appaiono con volti specifici, voci, corpi, felicità, tristezza e senso di vuoto”.

L’affresco è realizzato da Phang Dang Di seguendo da vicino i corpi degli attori, a confronto con gli elementi primari dell’acqua e del fuoco: “Questa intenzione registica era già in sceneggiatura – ha spiegato il regista – poi sul set abbiamo adattato il movimento della macchina da presa al corpo degli attori. Abbiamo impostato la location, ma poi siamo stati flessibili rispetto alle cose che potevano succedere, permettendo a un nuovo ritmo di emergere”. Big Father è anche un racconto che oscilla tra le strade trafficate di cit e la natura selvaggia delle foreste di mangrovie, tra l’esplosione della vitalità notturna di Saigon, con l’ansia di approfittare al massimo delle nuove possibilità del consumismo, e le tradizioni familiari di un Paese ancora fortemente ancorato al passato. Dove, tra l’altro, vige ancora una forte censura. “E’ vero che in Vietnam c’è un problema di censura – ha spiegato però il cineasta – ma sono sempre riuscito a fare il film che volevo, anche perché progressivamente i margini di movimento aumentano. Io penso solo a fare il mio film, senza impormi limitazioni a priori…”.

Mi. Gre.
13 Febbraio 2015

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