Paolo Fresu, quando la musica è cinema

Il documentario di Fabrizio Ferraro è stato presentato alla 37esima edizione del prestigioso Cinéma du Réel a Parigi


PARIGI – Due grandi musicisti jazz italiani, Paolo Fresu e Daniele Di Bonaventura, alle prese con la registrazione del loro nuovo album. È questo il punto di partenza del documentario di Fabrizio Ferraro dal titolo Quando dal cielo, presentato come evento speciale alla 37° edizione del prestigioso Cinéma du Réel, festival parigino dedicato al documentario.

Ferraro segue i due musicisti nelle città di origine, ma soprattutto si concentra sulla lavorazione del disco, uscito lo scorso 20 marzo col titolo “In Maggiore”. L’ambientazione è quella di un auditorium deserto, all’interno del quale il regista ha studiato con attenzione dove mettere la macchina da presa, in modo da “vedere come si suscita l’immagine attraverso la musica”.

Abbiamo incontrato il regista e i due musicisti a Parigi, al Centre Pompidou, dove l’anteprima e il breve concerto che è seguito sono stati molto applauditi. “Il cinema è sempre un pretesto”, ci ha raccontato Ferraro. “Il presupposto principale era passare del tempo con delle persone che stimo. Mi sembrava che la musica venisse in soccorso per un film sul tema del vedere attraverso l’ascolto. Il cinema condivide con la musica un ruolo centrale per la spazialità: bisogna sapere dove mettersi, il punto giusto dove ci sono più elementi e dinamiche possibili. Quando la musica nel cinema diventa puro commento si pensa che l’immagine sia il punto di arrivo, mentre è solo un punto di partenza per aprire poi nuove esperienze”.

Una presenza poco invasiva quella della troupe del film, come racconta il trombettista di fama mondiale Paolo Fresu. “Sono stati molto discreti, lavorando in totale autonomia. Il racconto del film, poi, è un racconto vero. Non ci hanno chiesto di fare qualcosa di diverso dal nostro lavoro. C’è una parte di percorso che abbiamo fatto fuori dallo studio, in cui ci raccontavamo, il resto è avvenuto come se la troupe non ci fosse. Credo che la difficoltà maggiore sia stata dare la sensazione di vedere una cosa dall’interno pur cercando di raccontarla dall’esterno, per non influenzare il percorso della musica. Ci piace l’idea che un film possa entrare in punta di piedi nel racconto della musica, che poi si evolve con la sua naturalezza, anche perché non raccontata con la stessa naturalezza perderebbe il suo significato originario.”

“Non hanno fatto altro che documentare in maniera trasparente e obiettiva una seduta di registrazione un po’ particolare”, conferma il bandoneonista marchigiano Daniele Di Bonaventura. “Eravamo in un teatro, sopra un palco, ma senza pubblico. Una situazione diversa da una normale registrazione in uno studio. Un luogo magico in cui si respira il suono, vero protagonista di un film che si muove proprio alla ricerca della visualizzazione del suono”. “Credo che l’aspirazione di ogni musicista sia sempre di scrivere per il cinema”, ammette Fresu, “ogni regista ha un percorso diverso. A me piace perché il cinema mi permette di muovermi verso luoghi in cui altrimenti non andrei. Poi quella musica la uso volentieri anche durante i concerti, perché si modifica, si amplia, diventando altro. Mi piace lavorare con dei registi che amano la musica, cosa che non accade sempre. Alcuni fanno un film e alla fine si ricordano che ci deve essere anche la musica. Quel tipo di registi non mi interessano, perché credo invece che il suo ruolo sia sostanziale. Alcune volte nei titoli di coda di un film mettono prima il nome di quello che ha fornito le scarpe alla protagonista. Ho lavorato recentemente a Torneranno i prati di Ermanno Olmi, in cui dieci minuti prima della fine del film appaiono i nomi dei musicisti. Questo accade quando si crea un rapporto sinergico tra il regista e il compositore, quando i linguaggi si autoalimentano gli uni con gli altri”.

Quando dal cielo verrà distribuito nei cinema direttamente dai produttori di Boudu/Passepartout a partire dal 16 aprile.

Mauro Donzelli
26 Marzo 2015

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