Terminator-Genisys: vecchio, ma non obsoleto

Esce il 9 luglio l’atteso nuovo capitolo della saga di Terminator, nuovamente interpretato – dopo la pausa del quarto episodio – da Arnold Schwarzenegger


Prima di andare a vedere Terminator – Genisys, l’atteso quinto capitolo della saga sci-fi iniziata nel 1984 da James Cameron che ha lanciato Arnold Schwarzenegger, che uscirà nelle nostre sale il 9 luglio, i fan di vecchia data farebbero bene a chiedersi cosa si aspettano da questa nuova avventura. Di acqua sotto i ponti ne è passata. Se si immagina un degno sequel di Terminator 2 (1991), dai più considerato come l’unico seguito veramente riuscito (nonché l’unico diretto dal creatore del franchise, e questo è un dato di fatto), lasciate ogni speranza. E’ ormai chiaro ed evidente che dopo le prime due pellicole che hanno fondato la mitologia di questa amatissima serie, ogni nuova incarnazione del brand non può che assumere i connotati della ‘variazione sul tema’: omaggio parodistico in Terminator 3 – Le macchine ribelli (ma con inaspettato e azzeccato finale shock, 2004), tentativo di modernizzazione in Terminator Salvation (2009, sofferente soprattutto di una sceneggiatura più bucata di una groviera, nonché dell’assenza della star assoluta Schwarzenegger, ancora impegnato in veste di Governatore della California e protagonista soltanto di un cameo in digitale).

Genisys è un prodotto ibrido, che si fa al contempo sequel, remake e reboot ma, più ancora che ai film che lo hanno preceduto, assomiglia alla serie televisiva a loro ispirata, The Sarah Connor Chronicles, andata in onda per un paio di stagioni tra il 2008 e il 2009. Lì, come qui, si partiva da elementi noti, omaggiando i capitoli originali per poi prendere una direttiva del tutto differente. In entrambi i casi si ignorano sostanzialmente i capitoli successivi al secondo e in entrambi i casi è un paradosso temporale a rimescolare le carte permettendo agli sceneggiatori – con uno stratagemma tanto abile quanto facilone – di costruire la loro versione della storia indipendentemente da quanto accaduto finora, immettendo i protagonisti in un circuito di eventi a catena, accumulando misteri, nuovi personaggi e colpi di scena in maniera concitata e anche un po’ casuale, riservandosi poi di riprenderli in futuro, se e quando sarà.

Genisys potrebbe ben essere il pilota di un nuovo serial tv (che tra l’altro è previsto, in caso di successo, assieme ad altri due film girati in contemporanea e distribuiti tra il 2017 e il 2018), con quei venti minuti iniziali a fare da prologo che, gioia per gli appassionati, finalmente mostrano le “Future Wars” in una veste molto simile a quella in cui le aveva concepite Cameron: teschi sparsi ovunque, ambientazione notturna, fotografia virata al blu. Gli omaggi continuano quando il tenente Kyle Reese viene inviato nel passato a proteggere Sarah Connor, futura madre del leader dell’umanità ribelle, prima che un Terminator la uccida sventando così la nascita del suo nemico giurato. Ripercorriamo le scene del primo film reinterpretate dai nuovi attori (Emilia Clarke, già vista ne Il trono di Spade, convincente nei panni di Sarah, a conferma della vocazione televisiva di questa nuova tranche di storie, meno Jai Courtney in quelli di Reese, troppo palestrato e con la faccia da bambinone, quando il ruolo richiederebbe un fisico nervoso e scattante e un volto scavato e dalle espressioni intense), ma scopriamo ben presto che qualcuno ha modificato il corso degli eventi per come tutti li conoscevamo. Intelligente l’espediente con cui viene giustificato l’invecchiamento del Terminator, suggerito proprio da Cameron (dopotutto è coperto di tessuto biologico, che avvizzisce come tutti), mentre il resto della trama, tra alti e bassi, arranca un po’ attorno alle varie linee temporali parallele, preoccupandosi di porre le basi per eventuali futuri sequel ma senza offrire grandi guizzi (complice anche il fatto che i numerosi trailer distribuiti finora ne hanno rivelato gli snodi fondamentali).

Nulla è particolarmente originale, anzi alcuni spunti sembrano ripresi da scarti delle sceneggiature dei precedenti film. E ora attenzione a leggere, perché riveleremo qualcuna delle poche sorprese offerte dalla pellicola: in una sequenza Schwarzy affronta sé stesso, un’idea che era alla base di uno script poi scartato di Terminator 2. Si rivela che John Connor, interpretato da Jason Clarke, è in realtà posseduto da una pericoloso Terminator virale (e anche questa la si era letta, in un ‘rough draft’ di Salvation). E poi il finale, con Arnold potenziato a livello T-1000 e capace di mutare il proprio corpo in armi letali (chi non avrebbe desiderato vederlo?).

Nonostante sia un po’ un pastiche, nonostante una messa in scena piuttosto scolastica, la zuppa messa in piedi dal regista Alan Taylor (Thor: The Dark World) e dagli sceneggiatori Laeta Kalogridis e Patrick Lussier funziona decentemente per due ore di puro intrattenimento, da prendersi soprattutto come un tributo, sostenuto per gran parte del tempo da uno Schwarzenegger in forma smagliante, soprattutto nelle parti più ironiche di cui ormai è esperto. Per citare lui stesso nel film: “vecchio, ma non obsoleto”. 

Andrea Guglielmino
07 Luglio 2015

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