“Bella e perduta”, il mondo salvato dagli animali

In sala il 19 novembre con Luce Cinecittà il nuovo film di Pietro Marcello, una fiaba amara e tragica sul trattamento spietato che l'uomo impone alla natura


Il bufalo Sarchiapone, destinato al macello, sogna un mondo dove all’uomo spuntino le ali e voli via verso un altro pianeta, mentre la Terra resta agli animali, libera dunque di seguire i suoi cicli. E invece è una Terra “bella e perduta”, schiava dell’unico animale che non si considera tale e che ha preso il potere su tutti gli altri, un padrone e predatore che oltre a uccidere, inquina, sporca e distrugge… Bella e perduta, il nuovo film di Pietro Marcello, già autore di La bocca del lupo, è una fiaba amara e tragica sul trattamento spietato che l’umanità impone alla natura – siamo nella Terra dei Fuochi – e su alcuni uomini speciali che sanno ancora prendersi cura del paesaggio e dell’eredità del passato, come la Reggia di Carditello, residenza borbonica settecentesca divenuta luogo di saccheggio con l’arrivo dei garibaldini, poi preda della camorra, rifugio di latitanti e deposito di armi. Resuscitata infine da un pastore, Tommaso Cestrone, che ha dedicato gli ultimi anni della sua vita a risanarla e proteggerla nonostante le minacce dei banditi. Nel 2013, a pochi mesi dalla sua morte, avvenuta per un infarto nella notte di Natale, l’allora ministro dei Beni Culturali Massimo Bray ha voluto rilevare dal Banco di Napoli il palazzo oggi ancora in attesa di restauro e destinazione. 

Nasce come un documentario, Bella e perduta, un viaggio in Italia sulle tracce di un libro di Guido Piovene. “Partendo dai luoghi delle nostre origini, quindi dalla Campania, ci siamo imbattuti nell’angelo di Carditello, Tommaso Cestrone, e in una reggia borbonica in abbandono da secoli”, racconta il regista casertano. “Poi è morto Tommaso e insieme allo sceneggiatore Maurizio Braucci abbiamo deciso di trasformare il progetto da inchiesta a narrazione favolosa raccontando la storia di un bufalo che Tommaso aveva adottato, Sarchiapone, con uno stile tra realismo magico e fiaba”. Tutto in equilibrio tra cinema del reale e immaginazione, Bella e perduta trova un sua voce e un suo stile, del tutto originali nel panorama italiano, in un racconto che potrebbe sembrare di difficile decifrazione ma che in realtà ha una limpida coerenza. Dalle viscere del Vesuvio, un Pulcinella tra tanti, torna nell’aldiqua per portare a compimento le ultime volontà di Tommaso, mettere in salvo il giovane bufalo che, essendo maschio, sarebbe destinato alla morte perché non dà latte e perché allevarlo ha costi improduttivi. Pulcinella si mette in cammino insieme a Sarchiapone verso Nord e compie esperienze inattese, incontrando il pastore e poeta Gesuino (Gesuino Pittalis), fino a togliersi la maschera. 
Un film costellato di echi letterari, dalla poesia di D’Annunzio alla pagina di Anna Maria Ortese (Il mare non bagna Napoli); un film in parte costruito al montaggio, dove Braucci ha affiancato Sara Fgaier, e girato con una cinepresa 16 mm e con la pellicola scaduta, restituendo anche la soggettiva del bufalotto, alle cui riflessioni filosofiche presta la sua voce Elio Germano. E non stupisce scoprire che Braucci sia vegetariano e Pietro Marcello lo sia diventato durante le riprese. “Tommaso amava gli animali – racconta ancora il regista – e non accettava che i bufali maschi venissero abbandonati nei fossati a morire di fame. In passato il bufalo era amico dell’uomo, aiutava a lavorare i campi con la sua forza e gentilezza. Ma oggi il maschio è diventato inutile, visto che le bufale vengono fecondate artificialmente. Però Tommaso, un pastore incolto ma innamorato della bellezza, li salvava”. Come cercava di salvare la Reggia di Carditello, con i suoi muri crollati e gli affreschi del paesaggista prussiano Jakob Philipp Hackert che si sgretolano. “Carditello – spiega – è un simbolo della storia incompiuta dell’Italia, un’Italia mai unificata davvero nel sogno mazziniano, del suo Sud depredato. Un emblema della malasorte che si è abbattuta sulla Terra di Lavoro, diventata in anni recenti Terra dei Fuochi. Una terra che fu fertilissima, capace di tre raccolti l’anno, e che oggi è stretta d’assedio da tre discariche, una di queste tra le più grandi d’Europa, e dal tracciato della TAV”. 

Per Braucci, “è grazie a persone come Tommaso che sono emerse le questioni reali nascoste sotto il tema generico dell’immondizia, di cui il sistema industriale faceva un business. Si diceva che i campani non volevano i rifiuti invece eravamo vittime di una speculazione. Lo stesso Tommaso all’inizio era criminalizzato. Dietro il degrado del paesaggio c’era la speculazione della modernità ma anche le persone che si ribellavano e il tema dello sviluppo senza progresso di pasoliana memoria”.

Anche la figura tradizionale di Pulcinella trova nuovi significati nel film. O meglio recupera quelli antichi. “E’ intermediario tra i vivi e i morti – spiega ancora Braucci – la maschera evitava di mostrare il volto tumefatto e decomposto, il vestito bianco ricordava il sudario del morto. A Tarquinia in ambito etrusco c’è la prima raffigurazione di un Pulcinella che parla con un morto e riferisce ai vivi”. E aggiunge Pietro Marcello: “Il nostro Pulcinella, che è interpretato da Sergio Vittolo, nella vita un fabbro, diventa attraverso il viaggio un pastore consapevole e cittadino giudizioso”.

Bella e perduta, che ha avuto l’anteprima in concorso a Locarno – “l’avevamo mostrato a Venezia, ma credo che pensassero a collocarlo in Orizzonti, comunque non ci davano risposta”, chiarisce Marcello – è stato applaudito a Toronto e alla Viennale e viene distribuito all’estero da Match Factory. Prodotto dall’Avventurosa di Marcello e Dario Zonta, in collaborazione con Rai Cinema e con la Cineteca di Bologna e Istituto Luce Cinecittà, sarà in preapertura al Festival di Torino (dove La bocca del lupo vinse il Premio Fipresci e il Premio Città di Torino), quindi in sala dal 19 novembre con Istituto Luce Cinecittà. “Usciremo in 15 copie facendo un lavoro selettivo e in profondità sulle sale del circuito di qualità”, spiega Enrico Bufalini, direttore Area Cinema e Documentari. 

Cristiana Paternò
12 Novembre 2015

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