La favola nata in Finlandia durante un viaggio in van

I racconti dell'orso, presentato in concorso a Torino 33, è un’opera prima insolita low budget, tra il fantasy e il naïf, di due giovani, Samuele Sestieri e Olmo Amato, finanziata col crowdfunding


TORINO. I racconti dell’orso, presentato in concorso a Torino 33, è un’opera prima insolita low budget, tra il fantasy e il naïf, di due giovani registi romani, Samuele Sestieri e Olmo Amato, finanziata col crowdfunding sulla piattaforma Indiegogo. Il film è il risultato artistico di un viaggio on the road di sei settimane compiuto dai due giovani registi tra Finlandia e Norvegia. Sestieri e Amato hanno ricoperto tutte le mansioni necessarie per le riprese, dalla produzione alla regia, dalla fotografia alla recitazione. La postproduzione è durata quasi due anni e ha coinvolto diversi collaboratori.

I racconti dell’orso comincia con il sonno di una bambina in viaggio in auto insieme al padre negli incontaminati paesaggi scandinavi. Sogna un mondo magico e deserto, privo di presenze umane, dove una specie di monaco insegue uno strano omino rosso per boschi, laghi e città abbandonate. Il folletto è avvolto in una tutina rosso fiammante e vagabonda, corre e salta in mezzo alla natura. L’altro con maschera di ferro meccanica insegue a lungo il folletto rosso, Parlano un linguaggio incomprensibile fatto di sillabe e suoni che in alcuni momenti richiama il personaggio di E.T. l’extra-terrestre. L’inseguimento si conclude davanti a un piccolo orsetto di peluche che trovano ferito al ventre nel bosco e che tentano di salvare. Un’azione  buona che li accomuna, che li rende amici in un mondo disabitato e freddo. Entrambi infatti si prenderanno cura con affetto della sorte del peluche, invocando tre preghiere: al Dio della natura, a quello del sole e ancora della luna, ma non riescono a salvare l’orsetto. Alla fine però scopriranno il piacere di stare insieme, magari facendo colazione in quella accogliente casetta di legno sul lago.

“La nostra è una fiaba ambientata ai confini del mondo, un luogo abbandonato e finito dove rimangono solo tracce degli umani. In scena – spiegano Sestieri e Amato – ci sono due marziani, due personaggi dei cartoni animati che decidono di unire le forze per sfuggire al vuoto dominante, per giocare insieme, fare amicizia e rifondare una famiglia”.
Influenze visive? Tanto cinema d’animazione, da quello del russo Yuri Norstein (Il riccio nella nebbia) al giapponese Isao Takahata, passando per gli ultimi film di Terrence Malick nel suo rapporto con la natura.

I racconti dell’orso è nato nell’estate 2013 nel corso di un viaggio di 40 giorni in van da Helsinki fino a Capo Nord, passando per la Lapponia. Per giorni i due autori si sono ritrovati immersi in una natura forte, in paesaggi sospesi nel tempo assente la notte, con tramonti eterni ed albe che si fondevano con questi.
“Siamo partiti con l’idea di girare in digitale un cortometraggio, senza una sceneggiatura precisa se non un’idea di massima dei due personaggi camuffati da una tutina rossa e da una maschera meccanica, e dell’inseguimento. Durante il viaggio il film è diventato altro e ci ha coinvolto in tutti i ruoli: attori, direttori di fotografia, operatori, tecnici, essendo solo noi sul set. Abbiamo realizzato sequenze in cui siamo in scena entrambi dopo aver collocato la videocamera in spazi verificati e misurati con il metro”.

Il film è dunque il prodotto finale di un progetto molto libero, che è andato sviluppandosi e arricchendosi durante il viaggio. Ad esempio, trovandosi nelle isole finlandesi Aland i registi hanno avuto un passaggio in auto e hanno girato la sequenza del dialogo con l’autista e il sonno della bambina poi recuperate in fase di post produzione. Così come l’orsetto di peluche scovato in un supermercato è diventato improvvisamente il personaggio che serviva a strutturare narrativamente il film.
Una volta tornati a Roma, è arrivata in fase di montaggio la narrazione del film, che è nato gradualmente, pezzo dopo pezzo, grazie all’impegno di amici e collaboratori per le musiche, i suoni, i rumori. “Abbiamo chiesto alla cantante e attrice Virginia Quaranta di creare per i nostri personaggi un linguaggio infantile, preverbale, fatto di suoni onomatopeici, un linguaggio del sogno non traducibile”.
Il film, incluso viaggio e furgone, è costato 20mila euro coperti per un quarto da un crowdfunding e per tre quarti da risorse personali e di amici.
I racconti dell’orso, in attesa di una distribuzione, proseguirà per ora il suo percorso naturale nei festival.   

Stefano Stefanutto Rosa
25 Novembre 2015

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