Pelè: come si forma un calciatore

Il film, diretto dai fratelli Jeff e Michael Zimbalist, vuole proprio tracciare una sorta di immaginaria linea parallela tra il riscatto di un paese ed il rivelarsi dell’identità umana e sportiva del


Mancano ormai soltanto dieci settimane ai Giochi Olimpici di Rio de Janeiro. Il Brasile giunge a questa vetrina internazionale in un momento di passaggio molto complicato. Lo sport però storicamente ha sempre saputo unire il paese nei momenti di difficoltà creando – soprattutto con la nazionale di calcio- quell’identità necessaria che ha accompagnato il Brasile a superare tutte le sfide complesse della modernità. Questa chiave di lettura è centrale in questa biografia cinematografica dell’uomo simbolo dello sport brasiliano: il tre volte campione del mondo Edson Arantes do Nascimiento. Per tutti noi -da sempre- Pelè. Il film, diretto dai fratelli Jeff e Michael Zimbalist, vuole proprio tracciare una sorta di immaginaria linea parallela tra il riscatto di un paese ed il rivelarsi dell’identità umana e sportiva del giovane calciatore. Chiara è la scelta di raccontare i primi anni della vita del campione come una sorta di romanzo di formazione scritto sui campi di calcio, dai polverosi terreni di giochi delle “favelas” ai verdissimi campi di gioco del mondiale di Svezia.

Il film, che si sviluppa dal 1950 al 1958, copre un’epoca centrale sia della storia del calcio brasiliano sia della vita del giovane Pelè. Nel 1950 la nazionale di calcio brasiliana fallì negli ultimi minuti la possibilità di conquistare il primo mondiale di calcio della sua storia. Fu un dramma epocale per tutta la nazione perché il torneo era stato organizzato proprio dal Brasile che risultò beffato dall’Uruguay nell’ultima e decisiva partita del torneo proprio nel luogo simbolo del suo sport nazionale: lo stadio Maracanà di Rio, all’epoca l’arena più grande del mondo. Pelè nel 1950 non ha ancora dieci anni e promette al padre, ex calciatore con alle spalle una carriera di rimpianti, che porterà il Brasile alla conquista del primo mondiale di calcio della sua storia. Così sarà: bisognerà aspettare infatti la Coppa del 1958 in Svezia per veder realizzare questo sogno. Quando il Brasile giungerà in Europa alla conquista del titolo proprio grazie ai gol realizzati dal giovane diciassettenne Pelè, la rivelazione del torneo. Il film è la storia di questa parabola, che parte dai sobborghi della provincia brasiliana (dove nasce da umili origini il nostro campione), che lo vede poi muovere i primi passi tra i professionisti del Santos – la squadra di club a cui ha regalato in carriera più di mille gol- e che infine lo vede consacrarsi campione nella finale di Stoccolma. Il film è stato prodotto da Brian Grazer, il producer da sempre di Ron Howard che ha spesso raccontato nelle sue produzioni lo sport come una sorta di teatro epico del novecento. Basti pensare ai due film di argomento sportivo realizzati dallo stesso Ron Howard proprio insieme al fidato produttore: Cinderella Man e Rush. In questo progetto è coinvolto direttamente anche lo stesso Pelè, che ci regala nel film una comparsata “alla Hitchcock” in una delle scene più divertenti del film.

A poche ore dalla finale i ragazzi della nazionale si divertono a palleggiare “di prima” nell’austero albergo di Stoccolma dove sono in ritiro. Nella hall, seduto di spalle, riconosceremo per alcuni istanti il grande campione. Una scena che cita ed omaggia anche un celebre spot che girò la nazionale brasiliana nel 1998, per promuovere il suo sponsor tecnico in vista dei mondiali in Francia di quell’estate. Il film ci racconterà anche la nascita della rovesciata, il celebre gesto atletico che tutti noi ricordiamo associato a Pelè nella sua curiosa prova di attore a fine carriera, quando venne diretto all’inizio degli anni ottanta da John Huston nel film cult Fuga per la vittoria. In questa biopic gli esordi della carriera di Pelè si incrociano con quelli di Josè Altafini. Il film marca molto il conflitto tra i due campioni e si prende anche la licenza poetica di mostrare il nostro oriundo, nato da genitori italiani emigrati in Brasile a cercare fortuna, come figlio di un’agiata e snob borghesia “bianca”. Nello spogliatoio della nazionale troviamo caratterizzato anche il personaggio di Garrincha, il campione del popolo, il calciatore più amato dai registi del Cinema Novo.

Rocha gli dedicò un film per celebrarlo come l’eroe della vittoria brasiliana ai mondiali in Cile nel 1962. Il film Pelè uscirà presentato dalla M2 l’ultimo fine settimana di maggio, e si potrà trovare in sala proprio quando si disputerà a San Siro la finale di Coppa dei Campioni. Il campione brasiliano giocò in tutta la sua carriera solo ventisei minuti a Milano; era il 12 maggio 1963. Lo stadio di Milano fu teatro dell’amichevole tra l’Italia ed il Brasile. Pelè quel giorno risultò bloccato dalla marcatura ad uomo del nostro Trapattoni, e lasciò il campo dopo neppure mezz’ora di gioco. Gli azzurri vinsero tre a zero, realizzando una vittoria di orgoglio contro i campioni del mondo brasiliani.  Questo blockbuster ci racconta proprio questo. L’entusiasmo con cui si vivevano all’epoca i grandi eventi sportivi. Quel sincero e condiviso trasporto emotivo forse puro e forse naif che oggi abbiamo purtroppo perso.

Nicola Calocero
24 Maggio 2016

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