E venne l’uomo, Ermanno Olmi

E venne l’uomo, per la regia di Alessandro Bignami, fa parte della selezione di documentari sul cinema di Venezia Classici e vede il giornalista e critico Federico Pontiggia dialogare con il maestro


Il paese che cammina così s’intitola il suo prossimo progetto di finzione ma non sarà lui, Ermanno Olmi, a dirigerlo, per problemi d’età, ma un suo ‘allievo’, Maurizio Zaccaro, come l’85enne regista anticipa nel film E venne l’uomo. Questo documentario, prodotto da Rai Movie, per la regia di Alessandro Bignami, fa parte della selezione dei titoli sul cinema e i suoi autori di Venezia Classici Documentari e vede il giornalista e critico Federico Pontiggia dialogare con il maestro nella quiete della sua casa di Asiago, un rifugio amato per la presenza del bosco. 
“Nel 1880 avvenne la più grande migrazione di contadini italiani oltreoceano. Un piccolo paese del Friuli s’imbarcò su una nave diretta verso la Nuova Caledonia – dice il regista a proposito del suo progetto – Dopo un viaggio durato 100 giorni, i migranti una volta arrivati cercarono di trasformare quella terra. Un agrimensore inglese fu testimone di quanto fosse determinata questa gente a portare a compimento il progetto di New Italy”.

Il dialogo con Olmi, frutto di un incontro durato più giorni l’inverno scorso, è l’occasione per scoprire innanzitutto l’umanesimo e il rigore di un autore che nella sua carriera vanta il Leone d’Oro alla carriera nel 2008 e una Palma d’Oro per L’albero degli zoccoli nel 1978. “Ho sempre fatto film che riguardavano il mio privato”. E tra i giovani registi con i quali si sente in sintonia cita Alice Rohrwacher e Michelangelo Frammartino.
Si definisce un “aspirante cristiano”, convinto che un famoso insegnamento di Gesù, vada nel mondo d’oggi aggiornato: “Ama il prossimo tuo più di te stesso”. E venne l’uomo mostra frammenti delle sue opere più note, da L’albero degli zoccoli a Il mestiere delle armi (2001), a Cantando dietro i paraventi (2003), accanto a film meno conosciuti del suo primo periodo, come Il tempo si è fermato (1960), Il posto (1961), I fidanzati (1963), La cotta (1967).
“Questo documentario è nato, nell’alveo di Rai Movie, nella convinzione di fare servizio pubblico e, in particolare, nella volontà di incontrare l’ultimo dei grandi vecchi del cinema italiano e il primo dei grandi giovani del cinema italiano – spiega Federico Pontiggia – A 85 anni appena compiuti Olmi si regala ancora il privilegio di stupirsi (e stupire), di fare film come fosse sempre il primo film”.

In E venne l’uomo i rimandi al suo cinema si alternano alle riflessioni sul presente e sul futuro. Olmi ci esorta ad andare “al tempio dei villaggi di cartone”, riferendosi ai precari rifugi dei migranti. E di una cosa il maestro è sicuro che se non cambiamo il corso della storia, la storia cambierà noi. “Se non siamo in grado di sconfiggere l’orologio da polso con l’orologio dell’anima, portiamo a casa solo fuffa”. Ma la speranza non viene mai meno: “Torneranno i prati” dice, citando il titolo del suo ultimo lungometraggio (2014) dedicato a quella terribile carneficina che fu la Prima guerra mondiale.
Nel finale del film una popolare canzone, “Un albero da 30 piani”, di Adriano Celentano e un suo elogio del cinema di Olmi, tratto dal repertorio custodito nelle Teche Rai e spesso utilizzato nel documentario di Bignami.
“La scelta del commento di Celentano, e del suo pezzo, non vuol essere un mero contrappunto al ‘silenzio’ di Ermanno, bensì segnalare e sottolineare la polifonicità e l’inclusività dell’arte di Olmi, accessibile a tutti, sperimentabile da ciascuno di noi. Olmi e Celentano non sono uno lento e l’altro rock, ma la stessa musica e, quando serve, lo stesso silenzio. Si chiama arte”, conclude Pontiggia.

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